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Sunday 18 March 2012

Tempest 10 (miglia) - 18 marzo 2012


Rieccomi alle prese con la narrazione di un’altra gara, sull’esito della quale esprimo fin da subito la mia più totale soddisfazione.

Decido di ri-cimentarmi in una corsa già fatta lo scorso anno, a pochissime settimane dal mio arrivo in Inghilterra: visto che era stata organizzata impeccabilmente 12 mesi fa e data la voglia di mettermi alla prova per verificare lo stato della mia forma post allenamenti del fratello coach, mi sono iscritto senza neanche il minimo dubbio!

Lo scenario di questo bell’evento podistico, chiamato “Tempest 10”, è l’aeroporto di Dunsfold, costruito in piena Seconda Guerra Mondiale dai canadesi, poi Centro Sperimentale per i jet Hunter e Sea Hawks, fino a quando è stato ceduto a privati ed è diventato il set di uno dei programmi odierni più seguiti della BBC (Top Gear), in particolare utilizzato come test track per prove spericolate con automezzi di ogni genere.



La gara inizia in realtà molti giorni prima della partenza, con un controllo maniacale, almeno tre volte al giorno, delle previsioni meteo del glorioso MetOffice inglese che, in ordine fortunatamente cronologico, ha parlato di: vento forte, pioggia, temporale, vento moderato, parzialmente nuvoloso e, da ultimo ieri sera, cielo sereno e vento moderato da ovest...come è stato poi nella realtà.

Il coach da Viterbo, dove era impegnato in una gara di cross, guardava con sospetto questa mia stravagante idea dei 16 km (“Tempest 10” sta infatti per Tempest 10 miglia), forse perché andava ad alterare i suoi piani di allenamento e forse perché non vedeva la grande utilità di forzare, a pochi giorni da un allenamento su pista di Circuit Training che ha affaticato non poco i muscoli del suo “giovane” fratello.

Arrivati alla domenica, la sveglia suona inesorabilmente alle 6.30, dopo un sonno leggero ed interrotto tre volte nella notte. Quanto alla sveglia all’alba, sono fatto così: devo prendermi almeno 3 ore per digerire le laute colazioni pre-sport cui non rinuncerò mai in vita mia.

Senza neanche pensare a coinvolgere il malefico Peter Crouch, esco di casa intorno alle 7.45 e ad accogliermi vedo un sole splendente e una temperatura di 3 gradi, come testimonia la mia macchina! 



Non male come inizio, la giornata prevede bene. Scopro anche che in Inghilterra esiste ancora un cielo azzurro...ma da quant’è che non lo vedevo?
Arrivo all’aeroporto di Dunsfold seguendo le scrupolose indicazioni del Tom Tom e mi faccio indirizzare verso un mega parcheggio dai volontari,che qui chiamano Marshalls. Fermo la macchina a bordo pista, mentre in lontananza vedo simulacri di velivoli storici che sembrano dare il loro beneplacito alla manifestazione!

Ritirato il pettorale, infilato il chip nei lacci della scarpa destra, procedo a un paio di km di riscaldamento isolandomi dalla massa, anche per ripararmi dietro ad un container per espletare le solite esigenze fisiologiche del podista pre-gara.

La Tempest 10 si corre in contemporanea e sullo stess circuito della Spitfire 20, con la sola differenza che i pazzi che hanno optato per questa seconda corsa percorrono due giri da 16 km, pur partendo tutti insieme felici e appassionatamente. Di seguito la mappa del percorso, segnata in miglia:



Quello che mi sconvolge è sapere che gli iscritti alla mia gara “corta” sono 260 (ne arriveranno 219), mentre i kamikaze della 20 miglia sono oltre 1100:  va bene che molto stanno preparando varie maratone, ma il divario è tale da farmi sentire anche un po’ in colpa...Chissà se il prossimo anno sarò ancora in UK e chissà se non deciderò di correre la lunga perché in piena preparazione della mia prima maratona...Va beh, basta, sono stanco al solo pensiero...

Start puntualissimo alle 9.30: spavaldamente e seguendo i dettami del coach, parto dalle primissime file per evitare fastidiose incongruenze fra il tempo da “tabellone” e quello ufficiale del chip (smanie del podista).
La gara inizia con 4.5 km di pianura all’interno dell’aeroporto, sulle piste di decollo/atterraggio/rullaggio: il primissimo tratto, di circa un km, direzione sud-ovest, si completa senza fatica e con il consueto entusiasmo che solo il clima di gara può dare. Si vira sulla destra, verso ovest, e si sente un fastidioso vento contrario, che cerco di neutralizzare con la “tattica del parassita”, incollandomi alle calcagna di qualcuno. Il malcapitato di turno, tuttavia, sembra andare troppo piano e decido di fregarmene e lasciare la scia, esponendomi ai venti inglesi: chissene frega se perdo qualche secondo, tanto il coach neanche voleva farmi gareggiare!!
Lasciato il sedime aeroportuale, ci si addentra nel paesaggio di campagna tipico dell’Inghilterra: tanti campi, molti cavalli, ville pazzesche senza recinzioni e tante, tante, tante COLLINE!!!! Oltre al piacere di poter imprecare ad alta voce ad ogni salita senza urtare la suscettibilità di altri podisti, mi ritorna il pensiero ricorrente di scegliere come prossima destinazione del mio lavoro l’Olanda: quelle infinite pianure, quei luoghi ideali per battere i propri PB podistici...che sogno!!

Superate le varie salite e discesce, per altri 3 km il vento risulta contrario, ma il ritmo è ormai preso e si arriva al 9° km con uno sparuto gruppetto di podisti incalliti che fanno ritmo, mentre io faccio il cretino con i fotografi ufficiali lungo il percorso e addirittura, per una volta tanto, mi abbevero al rifornimento poco oltre metà gara, rifornendomi anche di un Power Gel, sponsor ufficiale della corsa, che però riporterò sigillato in macchina, visto che non ne sentivo bisogno e non volevo perdere tempo ad aprirlo a morsi!

Al 12° km, il solito soggetto disturbatore di ogni mia gara si fa avanti: un tale dall’altezza di Tom Cruise ma dalle sembianze di Ricky Cunningham (per chi ama i telefilm Anni ’80) o di Jim Courier (per gli amanti del tennis), super accessoriato, con un cappelletto che non riusciva a contenere degli unti riccioli rosci!! Il soggetto in questione, fra vari sorpassi e contro-sorpassi, a un certo punto si affianca e inizia a chiedermi se venissi dall’Italia, se la Lazio Runners (di cui portavo come sempre la casacca) fosse legata alla squadra di calcio, se abitassi a Londra e se lavorassi nella City. Malgrado la tentazione di porre la domanda più logica e spontanea (“ma i cazzetti tuoi no?”), mi impongo gentilezza e rispondo come posso alle varie domande, finché scopro la vera ragione dell’interrogatorio del perfido roscio: senza giri di parole, al mio tentativo di allungare il passo per liberarmene, mi domanda a quale gara io sia iscritto( “are doing the ten or the twenty?)!AAHAHHAHAHAHAHAHAHA, come sempre il podista si dimostra per quello che è: virtuosamente, nobilmente, ammirevolemente COMPETITIVO!! Lo scorfano, che evidentemente era in debito di ossigeno, voleva solamente sapere se fossi o meno un suo rivale nella gara da 32 km. Questo posso affermare con certezza visto che, una volta appresa la lunghezza della mia gara, mi ha lasciato perdere e si è dileguato dietro di me per non farsi più vedere.

Al 14° km affianco il solito mio incubo: il tipico podista che turba la serenità delle mie gare, colui che lancia la volata a 2 km dall’arrivo, per giunta palesando quell’impercettibile affanno che mi impone di stargli affiancato e di batterlo. Respira pesantemente quando arriviamo al cartello delle 9 miglia (14.4 km), eppure ha un fisico da sprinter (a fine gara mi dirà di essere un triatleta) che mi lascia ben poche speranze per la volata finale. Fatto sta che all’ultimo km parte il suo allungo ma io, stavolta, non me lo faccio scappare, come feci alla Bushy Park. Penso agli allenamenti massacranti cui mi ha sottoposto quel dittatore di fratello nel corso del rigido inverno inglese (sto esagerando forse?) e, alla sbarra sollevata dell’ingresso nord dell’aeroporto, lo affianco e sparo gli ultimi 400 metri a tutta birra, lasciandolo alle spalle e giungendo al traguardo 7 secondi prima di lui. Mi vergogno anche ad ammettere che mi sono permesso una specie di posa e di fare un sorriso di soddisfazione all’obiettivo del fotografo di gara a pochi metri dall’arrivo.

Il cronometro ufficiale parla di 16 km esatti in 1h05’13’’, il che significa un’ottima media di 4’05 al km e cinque minuti secchi in meno rispetto al tempo dello scorso anno sullo stesso percorso. Il triatleta mi viene a stringere la mano e mi dice che questa è la sua gara preferita, oltre a chiedermi se mi sono divertito o meno! Certo che sì, soprattutto nella volata finale (questa non gliel’ho detta!).
Arrivo 11° assoluto, a 16 secondi dal 10°, che è un tale che ha corso qualche settimana fa una mezza in 1h23’ e le ultime gare di 10 km abbondantemente sotto i 37’! Non che questo voglia dire che arriverò mai a quei livelli, ma la gara odierna fa ben sperare soprattutto perché condotta dall’inizio alla fine senza affanno, senza fatica ed in buona scioltezza, malgrado l’irregolarità del percorso!


Il coach, che nel frattempo arrivava secondo di categoria nel cross di Viterbo, esprimeva via sms la sua soddisfazione (ovviamente per la qualità dell’allenatore!!!) e si lanciava in un’entusiastica quanto inquietante previsione di performance temporale che, a sua delirante detta, potrei ottenere in una prossima mezzamaratona piatta fra un mesetto.

In realtà la sola gara in programma è ormai il 29 aprile, con la mezzamaratona di Bracknell, non certo una gara da PB, visto che si corre in mezzo a una foresta ed è caratterizzata per quasi 5 km da pura salita. L’iscrizione è nata da uno slancio di euforia e dall’impossibilità di trovare mezze piatte da queste parti, almeno non prima di settembre!

W la corsa, W i podisti e, perché no, W il coach!

Saturday 10 March 2012

Da LeBron James ad Andrea Moccia...

Ci sono campioni e campioni nello sport.

Si passa dai giocatori dell'NBA ai calciatori super pagati e viziati dei campionati europei. Entrambe le categorie hanno la comune caratteristica di essere "gonfiate" da una malata e insana risonanza mediatica mondiale.

Poi esiste un'altra specie di campioni, di veri e proprio fenomeni che, nel loro pressocché anonimato, meritano ben altre lodi ed un'ammirazione suprema.

Quando ho corso le prime gare podistiche qualche anno fa, mi curavo, dal basso del mio dilettantismo, di arrivare al traguardo felice e sorridente, scambiando le impressioni con il fratello coach, che mi precedeva puntualmente di svariati minuti (e che sempre mi precederà). Mi godevo il panorama dei percorsi e quel fantastico clima pre-partenza, che vede uniti podisti di ogni caratura, origine sociale e, lasciatemelo dire, odore (solo chi è stato nel gruppo prima della partenza sa quali "olezzi" sanno produrre alcuni podisti prima della gara!!!!).

Poi ho cominciato ad affrontare la corsa in maniera più attiva, andandomi a cercare gare, leggendo blog e, soprattutto, consultando siti internet con i risultati ed i nomi degli arrivati alle gare passate. Non certo che questo abbia mutato la natura prettamente amotorial-dilettantistica del mio correre, ma ho cominciato a dedicare al podismo tempo ed interesse crescenti.

In questo ulteriore esercizio di curiosità, ovviamente sollecitato dalla frequentazione con il fratello coach, ho iniziato a leggere molti nomi di podisti fortissimi che, puntualmente, di domenica in domenica chiudevano le loro performance sotto i 3'15 al km o giù di lì.

Poi, grazie al fondamentale portale www.tds-live.it, ho iniziato ad utilizzare i "filtri" e a scoprire un universo di podisti, che potrebbero tranquillamente avere l'età di mio padre, i quali non solamente corrono allegramente 30-40 gare all'anno, ma lo fanno a dei ritmi pazzeschi, direi assoluti sul panorama dell'atletica italiana. Arzilli signori che mi danno, in una mezza maratona, 15-18 minuti di distacco senza problemi.

Uno fra tutti, che peraltro rappresenta uno stimolo nei giorni in cui non ho proprio voglia di fare i miei allenamenti, è tale Andrea MOCCIA,

Abbondantemente ultracinquantenne (se non sbaglio classe 1958), questo fenomeno si allena 6 volte a settimana (+ gara la domenica), per un totale di 150-200 km settimanali di media, 2 ore al giorno a partire dalle cinque e mezzo del mattino...NO COMMENT!
E'un fenomeno anche e soprattutto perché ha iniziato a correre, a sua detta , a 45 anni e da allora puntualmente vince gran parte delle gare nella sua categoria, arrivando fra i primissimi al traguardo e sbalordendo tutti per la sua energia e velocità.

Solo a titolo aneddotistico, racconto che alla recente gara di Vallelunga, che ho descritto in uno dei post precedenti, il fortissimo Moccia è arrivato settimo (su 609 atleti), qualche manciata di secondi dopo il mio fortissimo compagno di squadra Fabio Rea, che è un ragazzo di 20 anni più giovane di lui. La cosa che mi ha lasciato esterrefatto è stato il racconto di Fabio a fine gara. All'ultimo km, infatti, il Moccia ha avuto anche la forza di lanciare una volata pazzesca, che Rea è stato bravissimo ad arginare ma che comunque dà la dimensione della straordinaria qualità del runner ultracinquantenne...

L'intervista che riporto di seguito mi ha letteralmente rapito e spero possa essere di interesse e di stimolo a chiunque si cimenti nella corsa (anche over-40) o anche ai runners più esperti che sicuramente conoscono il personaggio, ma magari non hanno mai letto quest'articolo.

La sola cosa che mi fa sentire più simile a Moccia è la sua permanenza di vari anni all'estero :-)

Buona lettura.
Leo
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Intervista ad Andrea Moccia… semplicemente un campione

Rubriche - Interviste
Moccia_Andrea_2_fotoAndrea Moccia, il 7 marzo, alla maratona di Piacenza, si è laureato Campione italiano master della categoria M50. Con un tempo finale di 2.33.06 è  arrivato settimo assoluto. Corre per i Bancari Romani, a Roma è un punto di riferimento di tante gare. Una bella persona, discreta e sempre disponibile. Lo abbiamo incontrato, dopo l’ufficio, al biscotto di Caracalla, il luogo dove, con il suo coach Luciano Duchi, ha costruito questo successo nazionale.
Ciao Andrea, vorrei iniziare dalle tue prime parole al telefono con Luciano. Alziamo l’asticella coach? Cosa hai provato a Piacenza?Una grandissima soddisfazione, la conferma della bontà del lavoro svolto, pienezza, appagamento però, se fossi partito un po’ più veloce, se la temperatura fosse stata più alta, qualcosa di meglio si sarebbe potuto ottenere e di nuovo la voglia di alzare l’asticella e riprovare
Vedremo Andrea al Mondiale?Al momento non ho niente in piano, ma non mi sento di escluderlo.
Amici in comune mi hanno detto della tua bella famiglia e dei tuoi figli, anche io sono padre di due bambini e so cosa c'è dietro alla necessità di dover far girare tutto a puntino, lavoro, famiglia, scuola, impegni... Tu come fai?
Servono senz’altro impegno ed organizzazione, ma Riccardo, Paolo e Tommaso sono molto bravi e autonomi, e ancora più brava è mia moglie Francesca che ci sopporta tutti.
Non è facile far capire il sacrificio e la costanza ai giovani, tu come racconti ai tuoi ragazzi della tua corsa?
Parlarne troppo rischierebbe di condizionarli o di creare crisi di rigetto. Penso che l’esempio sia la cosa più importante.
Ti seguono nelle tue imprese?
I due più grandi giocano a calcio e nei weekend siamo di solito impegnati su diversi fronti. Qualche volta mi riesce di portarli con me, quando ci sono corse per ragazzi della loro età.

Quando hai capito nella tua carriera atletica che era il momento di spingere sul pedale?

Non c’è stato un momento preciso. Ho iniziato nel 2003 e i risultati sono andati via via migliorando. Dopo circa un anno ho chiesto consiglio a Luciano Duchi per cercare di organizzare un po’ meglio i miei allenamenti.

Chi è stato a farti capire il tuo potenziale?
Sapevo che il potenziale era buono perché da ragazzo avevo ottenuto qualche discreto risultato come marciatore, ma le corse su strada erano un terreno poco familiare. E’ stato Luciano ad intuire le qualità e ad indirizzarmi gradatamente verso la distanza cara a Filippide.
Che rapporto hai con Luciano?
Un rapporto di stima, amicizia e piena fiducia. Purtroppo ho la possibilità di vederlo soltanto in occasione della gare del campionato sociale, ma riesce ugualmente ad indicarmi la preparazione da seguire, le gare su cui puntare, i momenti in cui lavorare più intensamente e, soprattutto, quelli in cui è necessario recuperare.
Sei uno che si affida completamente alle tabelle del coach o fai anche da solo?
Pur essendo per natura abbastanza diffidente, ho visto che finora è sempre stato il coach ad avere ragione e, di conseguenza, mi affido completamente alle sue tabelle. E’ importante tuttavia sottolineare che i programmi di allenamento vengono sempre discussi e condivisi e che a volte sono io a prepararli e a sottoporli all’approvazione del coach.
Cosa ti stimola di più durante una gara?
Per me che, per motivi di orario, sono costretto ad allenarmi da solo, lo stimolo principale è costituito dallo stare in mezzo agli altri e potermi confrontare non soltanto con il cronometro.
Hai mai avuto il rammarico della frase "se avessi iniziato prima"?
In realtà ho iniziato a praticare l’atletica a nove anni e ho smesso a quindici, quando gli impegni agonistici cominciavano ad essere pressanti e difficilmente conciliabili con lo studio. Poi il lavoro e i molti anni trascorsi all’estero mi hanno tenuto lontano dall’attività agonistica, lasciando comunque intatta la passione per questo sport. Sono state scelte consapevoli grazie alle quali ho ottenuto buoni risultati, sebbene diversi da quelli agonistici. Nessun rammarico.
La maturità di un uomo di 50 anni quanto serve a chiudere una maratona in 2.33?

Soprattutto a conoscere i propri limiti ed a non sopravvalutare l’importanza dei risultati ottenuti.

Com’è la competizione per il campionato sociale dei bancari romani, con Leoncini e Oronzini?
Averli come compagni di squadra è per me una grande fortuna. La competizione è uno stimolo sempre valido e la loro lealtà ed amicizia sono incredibili. Solo per fare un esempio, in occasione della maratona di Piacenza, Claudio si è preso la briga di informarmi su tutti i concorrenti iscritti che avrebbero potuto impensierirmi.
Domenica 28 febbraio alla Roma-Ostia ti ho visto arrivare con Claudio Leoncini, eravate i pacers dell'1.24, da fuori ho visto due ragazzini che giocavano a correre: ti diverti ancora con la corsa?
E’ una domanda che credo ogni runner, superato “il tempo delle mele”, abbia sentito rivolgersi molte volte. Di solito rispondo che poiché nessuno mi paga per farlo e non credo di aver bisogno di dimagrire
Il tuo allenatore parla di te in questi termini: 
Atleta dalle doti innate, ma è frutto anche, se non principalmente, della sua serietà, delle levatacce alle 5 fatte per cinque dei sette giorni della settimana, della perseveranza e della fiducia nei lavori e nei programmi. Raccontami una settimana di lavori...Svolgo una seduta al giorno di circa due ore, alle 5.30 del mattino (il sabato e la domenica un po’ più tardi), per un totale di 150/200 km settimanali. Di norma una o due sedute sono costituite da lavori specifici di ripetute o medi/veloci e le rimanenti da lunghi intervallati da variazioni libere o allunghi. Curo molto, soprattutto lontano dalle gare, i lavori di potenziamento in salita. Nei periodi di preparazione alla maratona riduco ripetute e salite, privilegiando medi (a circa 4'/km) e medi/veloci a ritmo maratona.
Quando hai corso la tua prima maratona e che ricordi hai?
E’ stata la Maratona di Roma del 2003. Avevo iniziato ad allenarmi con un po’ di impegno da qualche mese, con la presunzione di scendere facilmente sotto le 3h. Sono incappato in un “muro” memorabile verso il 35° km e ho chiuso sopra le 3.15. Forse, se avessi centrato il risultato al primo colpo, non avrei deciso di proseguire.
Il 21 marzo mi hai detto che sarai sotto il Colosseo ma per la stracittadina e la farai con i tuoi ragazzi: cosa è per te la maratona di Roma?
E’ sicuramente la maratona con il percorso più bello e suggestivo che esista. Se soltanto ci fosse una maggiore partecipazione del pubblico non avrebbe rivali in nessun’altra città del mondo.

Grazie Andrea, per il risultato di Piacenza e la semplicità con cui racconti delle tue imprese. Sei la prova che forza e ragione possono far diventare uno di noi un campione, anche a  50 anni. E’ tempo di salutarci, il coach è lì, impaziente che aspetta Andrea per la seduta di  lavori serali. La stretta di mano tra noi due è sincera, ci rivedremo in strada, sgambando nel pregara, leggendo il tuo nome in cima alla classifica a fine corsa.
Ultimo aggiornamento (Giovedì 18 Marzo 2010 13:01)

Wednesday 7 March 2012

Bushy Park 10 km Run - 4 marzo 2012


Quello non è un sorriso, ma un ghigno di disappunto per la lentezza del fotografo nello scattare!


La partecipazione alla “Bushy Park 10 km Run” nasce come recupero di una precedente gara di febbraio, annullata per una copiosa nevicata che ha colpito anche l’Inghilterra.

La corsa capita a sette giorni esatti dal rientro dalla settimana bianca, quest’anno in Alto Adige ed in compagnia del fratello coach. La meta della vacanza è stata un vero e proprio paradiso dello sci di fondo: la Val Casies. Durante la permanenza alpina, il podismo è stato giustamente trascurato (una sola uscita, 10 km di fondo lento) in favore di intensissime uscite di sci di fondo, con il completamento –fra le altre cose- della gloriosa Dobbiaco-Cortina di circa 30 km.

Tornato in Inghilterra, un po’ giù di corda per la fine della vacanza e preso dalle riflessioni tipiche di quando si ha tanto tempo a disposizione per pensare, valuto che il modo migliore di vincere l’apatia sia quello di iscrivermi ad una gara e per questo motivo consulto il sito internet Runnersworld.co.uk, da queste parti portale-Bibbia del podista.

Mi imbatto in questa gara il cui percorso è descritto come piatto (un mezzo miracolo nelle corse in terra inglese, solitamente "hilly" o, quando va bene, "undulating"), tutto all’interno del parco adiacente l'Hampton Court Palace, già residenza di Enrico VIII e utilizzata, nel corso del secondo conflitto mondiale, come quartier generale anglo-americano da cui sono partiti gli ordini di azione del D-Day!

Arrivo alla gara moralmente carico ma con un paio di allenamenti soltanto nelle gambe dopo la settimana bianca: non le migliori premesse per puntare ad un grande tempo, ma non mi interessa affatto e si tratta di un allenamento. So però di avere seguito pedissequamente le tabelle di allenamento del fratello coach nelle cinque settimane precedenti la partenza per la montagna e spero che gli sforzi aerobici in quota possano fornire qualche vantaggio anche nella corsa.

Penso di estendere l’invito a Peter Crouch, ma siccome ancora mi deve restituire i soldi che gli ho prestato per l’iscrizione alla Bromley 10 km Run (vedi post precedente) e temendo di rimanere di nuovo vittima dei suoi ritardi, mi armo di navigatore e, dopo una lauta colazione, alle 9 mi muovo di casa sotto una pioggia battente, 8 gradi e vento fortissimo...Tutti segni infausti che non mi fanno ben sperare per la qualità della corsa.

Dopo neanche mezzora di guida, arrivo all’interno di questa immensa tenuta: trattasi del secondo parco di Londra per superficie, popolato da cervi e da tante altre specie protette, che vivono in perfetta simbiosi con un popolo civile e capace di rispettare gli animali fino all'inverosimile.
Il parco è caratterizzato dalla tipica perfezione del manto erboso inglese e risulta imbarazzante (almeno per chi viene da Roma) la pulizia a terra e la cura maniacale per tutte le le specie floreali. incontrate lungo il percorso.

Arrivato per una volta un’ora prima dello start, mi metto in coda per il ritiro del pettorale: anche questo diventa un interessante laboratorio sociale per osservare da vicino gli inglesi. 
Nonostante l’irritante lentezza degli addetti alla distribuzione dei pettorali, non ho sentito alcuna protesta alzarsi dalle decine di persone religiosamente in fila indiana e pazientemente in attesa del proprio turno, malgrado la pioggia battente ed il vento incessante. 

Io, che già sbuffavo e che addirittura mi sono presentato in tenuta podistica con l’ombrello (ridicolo!!!), non ho trovato alcuna solidarietà nella mia lamentela ed ho accettato di buon grado di seguire il “culto della fila” tanto tipico degli inglesi.

Nonostante un disguido e la mancanza del mio nome fra gli iscritti, alla fine ottengo il tanto agognato pettorale e procedo al riscaldamento che, senza mezzi termini, mi dà pessime sensazioni di pesantezza alle gambe e di sconforto per il terreno pesante e fangoso.

Completati i 4 km di corsa lenta di riscaldamento, intervallata da due tappe al bagno (si sa, il podista fa pipì fino all’ultimo secondo, soprattutto se nelle due ore precedenti ha bevuto quasi un litro d’acqua!), la folla (in realtà 320 partenti) si compatta e la partenza è preceduta da una trombetta da stadio.



Si corre su un circuito di 5 km da ripetere due volte, sull’erba e solo marginalmente sui vialetti in terra battuta del parco: i primi 900 metri sono caratterizzati da un fantastico rettilineo (direzione sud-nord) di perfetto manto verde e, grazie al cielo, il vento arriva da est, quindi lateralmente! Il vento si farà invece sentire in tutta la sua bastarda brutalità appena si curva sulla destra e per un chilometro abbondante: penso che al secondo giro dovrò prendere la scia di qualcuno altrimenti, con queste folate, vengo completamente rallentato. La cronaca dirà purtroppo che al secondo giro affronterò l'intero km controvento da solo! Poi penso “ma chi se ne frega, sono qui per divertimi: tu, spirito agonista proveniente dal coach, libera questo corpo!”. 
Il terzo e quarto km sono caratterizzati da lunghi rettilinei e vento di traverso, a favore, mentre il quinto è un vero e proprio inferno: con due curve a U strettissime alla fine di un vialetto pieno di fango e sul quale si pattina, perdendo aderenza e velocità. Dovrò ricordarmi che la volata sarà difficilmente realizzabile e che quindi bisogna “guadagnarsi la pagnotta” ai km 3°, 6° e 8°.

Durante le prime battute di corsa, malgrado il vento e seguendo un gruppetto piuttosto rapido, riesco a mantenere un regolarissimo ritmo di 4’01 al 2°, 3°, 4° e 5° km! Tanta precisione ritmica mi stupisce, almeno quanto la sensazione di non faticare e anzi di essere visibilmente in migliore forma rispetto al gruppetto che incontro e che piano piano mi lascio alle spalle in buona progressione. 

Al settimo chilometro vedo in lontananza due corridori davanti a me e, seguendo il consiglio del coach, mi ricordo che nelle gare podistiche bisogna sempre identificare un bersaglio a vista e prenderlo come obiettivo in una sorta di gara nella gara continua. 

Così faccio e inanello un 8° km a 3’59 ed un 9° a 3’53: nel frattempo ho raggiunto e abbondantemente superato il primo dei due inseguitori, che non rivedrò più.

Il secondo, che scoprirò poi chiamarsi MacNamara come il mio capo, dà evidenti segnali di calo e si fa raggiungere prima delle fatidiche doppie curve a U, diciamo intorno al 9° km, nelle quali lo affianco azzardando un conviviale “well done”, cui il soggetto in questione risponde con un sorriso e con un altrettanto (per me) incoraggiante: “I am exhausted”. Scoprirò solo dopo pochi secondi che si trattava di un bluff.  Una volta raggiunto, infatti, il tizio rallenta e, a 600 metri dal traguardo, si apposta come un avvoltoio alle mie spalle seguendo la mia scia passo dopo passo e costringendomi a "fare il ritmo". 
A quel punto, vedendo che non era crollato nonostante la dichiarazione di cedimento ed inevitabilmente stanco per la progressione degli ultimi 3 km, lo svantaggio psicologico si è riversato su di me presentando inesorabilmente il conto quando me lo vedo sfuggire in volata negli ultimi 300 metri e giungere al traguardo con una manciata di secondi di vantaggio.


BASTARDO!!!Sei la re-incarnazione di Peter Crouch, lo so.

Alla fine giungo all’arrivo senza fiatone, chiudendo i 10 km nel tempo ufficiale di 39’54’’: per me un grande tempo visto che non avevo l’incoraggiamento morale del coach, come avvenuto alla Vallelunga race (vedi post precedente), e soprattutto considerato il percorso sull’erba resa pesantissima dalla pioggia a catinelle caduta nel corso della gara e per tutta la nottata e mattinata precedenti la stessa.




Split
Time
Distance
Avg Pace
Summary39:56.010.014:00
13:59.41.003:59
24:01.41.004:01
34:01.51.004:01
44:01.71.004:02
54:01.61.004:02
63:59.51.003:59
74:01.41.004:01
83:59.91.004:00
93:53.21.003:53
103:54.61.003:55
11:01.80.013:22


Finito lo sforzo, un po’scornato perché conscio che avrei potuto tranquillamente lanciare la volatona e sconfiggere MacNamara, mi sento “bussare” alle spalle e vedo che si tratta di uno sparuto gruppetto di podisti arrivati prima di me, che mi volevano semplicemente stringere la mano, complimentandosi per la gara. Bel gesto, come sempre molto tipico della cultura sportiva anglosassone. 

Scoprirò solamente qualche giorno dopo, consultando la classifica, che i podisti arrivati prima di me al traguardo sono solamente cinque!!!!!!!!Certo, questo la dice lunga sul livello generale della gara, ma  sentirsi "fra i primi" per una volta è una sensazione che mi fa sorridere e divertire allo stesso tempo: una sorta di sogno irrealizzabile che però si fa quasi (ed ingannevole) realtà in una domenica piovosa a 1900 km a nord rispetto a casa mia!

Altrettanto singolare una tipicissima e arzilla signora inglese di almeno 75 anni che, accompagnata da uno splendido canel Labrador nero, si avvicina chiedendomi se fossi soddisfatto del tempo (SIC!) e dicendomi che di quelli giunti al traguardo le sono sembrato “colui che correva in maniera più naturale, come se non facessi fatica”...Alcune considerazioni dopo questo incontro:

·    Che cosa ci faccia una signora di quell’età sotto la pioggia, senza ombrello, esposta al vento e alle intemperie del clima inglese resta un mistero: so solamente che l’ho ammirata per lo spirito giovane e per la gentilezza con cui si è rivolta a me;
·         Magari la signora è una spia del fratello coach, mandata a monitorare i miei progressi dopo gli allenamenti delle scorse 6 settimane;
·         Magari dietro quella mansueta signora si nasconde la campionessa europea categoria femminile "over 75" che è già arrivata al traguardo da un pezzo e sta solamente aspettando di ricevere il meritato trofeo di categoria e assoluto.

Non saprò mai rispondere a questa e a tante altre domande (prima fra tutte "perché ci si sveglia alle 7.15 di domenica per andare a faticare sotto pioggia e vento e si è felici come un bambino?");  nel frattempo mi faccio fotografare con la maglia della Lazio Runners per l'immortalare l'evento, proprio nella domenica del derby capitolino, che tutti sanno come è andato a finire. Io sono milanista, sia ben chiaro!

La prossima tappa è prevista domenica 18 marzo, per una gara di 10 miglia (16 km), molto meno piatta ma anche seriamente organizzata con tanto di chip, rifornimenti con integratori e partenza dalla pista di un centro sperimentale volo della gloriosa Royal Air Force (corsa e aerei sempre nella mia vita)...

Evviva i podisti