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Monday 22 October 2012

Run Richmond Riverside - 20 ottobre 2012 Se...sto così, non mi lamento


Dopo la grande prestazione in Patria di inizio ottobre, dettagliatamente descritta nel post precedente, il fratello coach mi ha segnalato qualche settimana fa una gara inglese in apparenza piatta e veloce.
 
La premessa è che, non avendo in vista alcuna sfida sulla tanto amata lunga distanza (mezzamaratona), i miei allenamenti sono -e sempre più saranno nelle prossime settimane- finalizzati alla potenza ed alla velocità piuttosto che alla resistenza e all’alto chilometraggio. Ahimé, come accennavo, io prediligo più le lunghe distanze e la resistenza, ma il coach ha ritenuto giusto e più utile lavorare su altro, visto che i margini di miglioramento sui 5 e 10 km appaiono vastissimi. Le disposizioni del coach non si discutono ma si seguono alla lettera!
 
Il rigido inverno inglese e le frequenti trasferte di lavoro sono elementi di cui purtroppo dovrò tenere conto nei prossimi mesi per una pianificazione mirata ed efficace degli allenamenti e delle gare. Adesso è il periodo delle distanze brevi, è giusto così e lo devo accettare.
 
Questa volta, dicevo, lo scenario di gara è una lingua di terra sulle sponde del Tamigi, a due passi dal glorioso stadio del rugby di Twickhenam e dell’immenso parco di Richmond, alle porte di Londra. 
L’evento, che coniugherà una sana giornata di sport alla raccolta fondi per un’associazione benefica che si batte per la lotta contro il cancro, vedrà un’alta forbice fra il numero di iscritti (1029) e quello degli arrivati al traguardo (688). Una volta in loco - e dopo i primi metri di gara - capirò le ragioni di tante defezioni.
La corsa è presentata come piatta e "adatta alla ricerca del proprio PB", anche se gli organizzatori, alla vigilia, hanno avuto l’onestà di specificare sul sito internet dell’evento che, in caso di pioggia, il tracciato sterrato "sarebbe diventato molto fangoso e il sentiero, pieno di buche, si sarebbe riempito di pozzanghere". 
 
Altra cosa che mi lasciava perplesso, in fase di studio della mappa del percorso, era il tipo di tracciato. In particolare, a farmi innervosire erano le due inversioni a “U”, con tanto di risalita in senso inverso di marcia sul lungofiume, collocate intorno ai km quarto e nono.  Queste, oltre a far perdere il ritmo e a rallentare il passo, avrebbero costretto inevitabilmente a dei pericolosi zig-zag per evitare incidenti frontali con i podisti lasciati alle spalle.

Bello scenario, ma non ideale per la corsa
 
A completare il quadro non proprio favorevole, va segnalato che il del giorno prima della corsa la zona è stata falcidiata da 12 ore di pioggia ininterrotta...altro infausto presagio.
 
La sveglia al mattino della gara è alle 6.30, il tempo di aprire le tende e constatare che fuori, oltre al buio, ad attendermi è una nebbia piuttosto fitta. Vinta l’iniziale tentazione di rimettermi a letto e dormire fino a mezzogiorno, mi sono detto, in uno slancio di ottimismo, che la presenza della nebbia avrebbe significato vento debole o assente, quindi condizione ideale per correre. Che cosa non si farebbe pur di sopportare il tempo schifoso dell’Inghilterra e vincere la meteoropatia...
 
Alle 7.40 esco di casa con il mio bolide: la nebbia si è leggermente diradata e di certo non ci sono problemi di visibilità, il cielo è grigissimo, le nuvole basse, il termometro segna 8 gradi ed io mi sento felice perché mi sembra faccia addirittura caldo (pensa te...sto diventando come i nord europei che, a dicembre, girano per Roma in bermuda ed infradito).
 
Dopo una mezzoretta di guida, passato in rassegna il tempio del Rugby, avvistati numerosi corridori all’interno del parco di Richmond e ammirate delle ville meravigliose, circondate da veri e propri poderi, parcheggio senza problemi a meno di un chilometro dallo start e, appena giunto sul lungo Tamigi, mi avvio in zona partenza dove noto subito:
 
· Vari stand che renderanno l’evento piacevole e ben organizzato
· Tantissime persone con famiglie e cani al seguito e buona segnaletica nell’area start-finish
· Tenda per deposito bagaglio
· 8 bagni chimici, dotati di sciacquone e lavandino (un lusso)
· Ottima distribuzione del pacco gara, “a zone” ed in base al numero di pettorale comunicato a ciascun atleta via e-mail qualche giorno prima
· Piacevole musica, interrotta da una speaker che tentava invano di movimentare i pacati e silenziosi podisti inglesi
· Tanto, tanto e tanto fango, buche ovunque, partenza e arrivo su erba alta

In cuor mio faccio finta di essere ottimista e di non vedere quello che purtroppo è evidente a tutti: il percorso è stretto, completamente sterrato e scivolosissimo a causa del fango e delle pozze.


Zona partenza e stand

Transenne e zona arrivo

Rito di iniziazione al fango che ogni padre inglese deve compiere
Imprecando per non avere portato dietro le scarpe da trail, decido di lasciare le mie leggere Adidas arancioni nella borsa e di mettere ai piedi le Mizuno da allenamento (A3), giusto per evitare storte e cadute.
Inizio il mio riscaldamento percorrendo il lungofiume sul tracciato di gara, appena accelero la suola delle scarpe slitta e pattina, saltello lateralmente come un idiota o allungo la falcata per evitare di finire nel fango o nelle pozze. In alcuni punti addirittura è inevitabile mettere i piedi “a bagno” visto che non esistono vie di fuga rispetto all’angusto tracciato campestre. Percorro 2 km e a malapena riesco a fare 4 allunghi senza cadere.
 
Alla partenza la speaker chiederà a chi prevede di gareggiare sotto i 40’ di farsi avanti e attestarsi in “prima griglia”. La disciplina degli inglesi renderà l’operazione efficace, rapida e per me utilissima per evitare imbottigliamenti e nei primi metri di corsa. In questa griglia si presenterà una quarantina di anime, fra cui varie donne. Mi sembra strano che possano chiudere una gara campestre del genere sotto i 40’ e le mie impressioni si riveleranno accurate. All’arrivo chiuderanno sotto questa soglia solamente dieci podisti e, fra loro, non figurerà alcuna donna.
 
Alla partenza, puntualmente avvenuta alle 9.30, mi attesto nel gruppetto dei primi quindici, ma non riesco in alcun modo a controllare la situazione, visto che passerò tutti i dieci chilometri di gara con gli occhi inchiodati al suolo, cimentandomi in improbabili manovre per evitare le sabbie mobili fangose o di “affogare” nelle pozze.
Gli inglesi, questi maledetti amanti del cross-country, sembrano godere ad ogni affondo delle loro reali caviglie nella melma, io sono incazzato come un toro, semplicemente pattino e non ho grip. Rimpiango il letto ed un lungo sonno domenicale cui ho rinunciato per questa cavolo di corsa.
 
Non conto quanti podisti mi precedono, non riesco a sentire la spinta delle gambe, certo il percorso è piatto, ma mi sembra il solo lato positivo di tutta la gara. A completare il disappunto, constato che la segnaletica è completamente sballata: il cartello del primo km appare quando, secondo il ben più attendibile gps, sono stati percorsi appena 600 metri. Insomma, tutto sembra far presagire ad una giornata nera e da dimenticare.
 
Al quarto chilometro medito di fermarmi, non tanto per la paura di farmi male (in caso di caduta, al massimo rotolerei nel fango come un maiale) quanto per l’insensatezza di condurre una gara senza alcun divertimento, senza viverne lo spirito né goderne lo scenario. C’è pubblico lungo il tracciato, lo sento, mi fa piacere perché è sportivo ed incita tutti, ma tutto ciò non basta a farmi piacere questa corsa oggi.
Intorno al quarto chilometro giungo all’estremità sud del lungo Tamigi e, dopo la prima delle due suicide inversioni di marcia  “a U”, risalgo verso nord per tornare in zona start-finish (ottavo km), salvo poi percorrere un altro chilometro, invertire ancora il senso di marcia con curva “a U” e sparare l’ultimo chilometro a tutta birra.
 
A tenermi in corsa sarà solamente il positivo riscontro cronometrico al quinto chilometro (19’15): non male viste le circostanze e considerato che qualsiasi tempo sotto ai 40’ mi sarebbe andato benissimo.
 
Decido di continuare, malgrado il nervosismo, non vengo mai passato e sono invece io a superare alcuni dei podisti che costituivano il gruppetto iniziale dei quindici di testa.
La mia gara inizia ad avere senso quando, intorno al sesto chilometro, avvisto a un’ottantina di metri un solitario avversario, più o meno dell’età mia. Lo vedo con la sua maledetta maglia tecnica verde ed i capelli rossi! Davanti a lui nessuno appare raggiungibile: la mia gara campestre da quel momento diventerà il perfido roscio. Trovo una ragione valida per giungere al traguardo.

Sinceramente fatico non poco a riprenderlo: al settimo chilometro è a meno di tre metri da me, ma vedo che non molla, si muove benissimo sul tracciato fangoso, non evita alcuna pozzanghera, anzi sembra godere nell’immergere i piedi fino alle caviglie in quei liquami marroni. Le sue traiettorie sono molto più sensate e lineari rispetto ai miei zig-zag e saltelli laterali.

Passo davanti alla zona start dell’ottavo chilometro e, ringalluzzito dal pubblico, decido di affiancarlo, un po’ perché mi sono rotto di prendere il fango delle sue scarpe e un po’ per fargli sentire un minimo di pressione psicologica.

Il roscio non solo non si scompone ma, al contrario, dopo qualche centinaio di metri allunga e si riattesta a 3 metri da me. Mi sta antipatico, questo è certo, ma nell’affiancarlo ho sentito anche che ha il respiro pesante ed il fiatone (non che io fossi brillante come al Trofeo Sant’Ippolito...).
  
Mi apposto come un avvoltoio alle sue spalle e, poco prima del nono chilometro, inizio a vedere gli atleti davanti a me che tornano verso l’arrivo in senso inverso. Ne conto quattro o cinque, ma di certo non mi appago e non voglio darla vinta al roscio maledetto.

Procedo anche io e supero l’infame inversione a U, segnalata da un birillo a terra, e mi ritrovo ad affrontare l’ultimo chilometro sempre tenendomi incollato al tubo di scarico della lepre. Come in una maledizione, al km 9.4 inzio a sentire male al solito fianco destro, ormai un tormento per me. In Olanda lo stesso problema mi aveva letteralmente fatto crollare nel finale, a Nottingham non mi aveva impedito di chiudere decentemente l’ultimo chilometro, anche se mi aveva impedito qualsiasi velleità di volata. Stavolta? Beh, stavolta c’è un avversario da affrontare e, possibilmente, da sconfiggere. Si stringono i denti e si vedrà in questi ultimi seicento metri.

Accorcio le falcate aumentandone intensità e frequenza. Il fianco fa male, mi accosto di nuovo al roscio. Spero nel suo crollo, che non arriverà mai. Siamo adesso al km 9.5, non cede e anzi rilancia, allunga e si riattesta a un paio di metri da me. Pazienza, inizio a pensare di non avere più forze né possibilità di riprenderlo, anche perché l'inerzia della gara sembra a suo favore: io sono sofferente e lui in progressione. Da lontano vedo apparire il traguardo, non mollo e mi tengo alla distanza minima per non essere accusato di prenderne la scia senza tuttavian perderne il contatto.

A duecento metri dall’arrivo, ancora sullo sterrato, sento lo speaker ed il pubblico rumoreggiare ed incitare chi sta arrivando.

E’ stata una gara insensata, non mi è piaciuta, non guardo l’orologio con il tempo dal quinto chilometro, semplicemente non mi interessa oggi.
 
Non so cosa mi sia preso, ma a un certo punto semplicemente mi incazzo come cinghiale e decido che non posso darla vinta al roscio maledetto. Sparo tutte le cartucce che ho, non guardo più il terreno ed il fango; affronto l’ultimo rettilineo, quello sull’erba alta, transennato e animato dal pubblico, sprintando negli ultimi cento metri alla Ben Johnson delle Olimpiadi nel 1988 (quello dopato!): ginocchia alte e ampissimi movimenti delle braccia. Affianco il roscio, sono in fase di decollo, non reagisce, aziono i post-bruciatori e lo lascio sul posto senza che abbia neanche il tempo di reagire.  
Al traguardo gli darò due secondi, non ho vinto LA gara ma la MIA personale gara, togliendomi una bella soddisfazione proprio quando il fianco faceva male.

Posa plastica in zona arrivo
La cronaca parlerà anche di un eccellente sesto posto assoluto, conseguenza più del non irresistibile livello generale che della mia performance! Sesto su 668 arrivati, volente o nolente, è oggettivamente un gran bel risultato.


I segni della battaglia

Maglia infangata, gara fortunata

Il tempo di gara, invece, sarà molto meno brillante di quanto fatto registrare al Sant'Ippolito ma non certo da buttare via (38'55).


Split
Time
Distance
Avg Pace
Summary38:56.810.033:53
13:48.41.003:48
23:53.21.003:53
33:48.81.003:49
43:52.21.003:52
53:53.21.003:53
63:55.81.003:56
74:00.21.004:00
83:55.11.003:55
93:57.91.003:58
103:47.21.003:47
11:05.00.03


Come ricordava il coach nel pre-gara, in corse campestri come questa il piazzamento è l’unica cosa che conta, ben più del tempo e del cronometro! Unito al ceffone podistico rifilato al roscio maledetto, questo sesto posto ha dato un sapore tutto sommato dolce ad una corsa che il prossimo anno difficilmente mi rivedrà fra gli iscritti.


Next event il 3 novembere con la Pine Ridge Run, gara campestre di 10 km molto “ondulata” e tutta all’interno di un bellissimo bosco vicino casa! Stavolta le scarpe da trail non mancheranno ai miei piedi!!

Viva i podisti di tutto il mondo, infangati o rosci che siano!!

Wednesday 10 October 2012

Trofeo Sant'Ippolito - 7 ottobre 2012 - Aria di mare, PB regolare!


Ad una settimana esatta dalle fatiche di Nottingham, pensare di poter correre brillantemente un’altra gara, seppur di 10 km (per la verità 10.4 km), sembrava cosa impossibile e perfetto esempio di strategia imprudente di distribuzione delle energie.

Già nel corso della trasferta inglese, nel placare le reticenze dei fratelli Rea in tal senso, il coach si era mostrato sicuro e aveva rassicurato tutti ricordando che, empiricamente parlando, la storia dimostra che, subito dopo una mezzamaratona, i 10 km si corrono di solito in maniera positiva e relativamente brillante.

Il Trofeo Sant’Ippolito, giunto ormai alla nona edizione, è una gara piuttosto nota ed affermata sul panorama podistico romano, trattandosi di una corsa veloce, assolutamente piatta e fra le prime 10 km “serie” di inizio stagione nella Regione.
Scenario della corsa, come sempre, la zona di Fiumicino che dal piazzale Mediterraneo (zona imbarco traghetti) si estende verso sud per tutta la lunghezza del lungomare della Salute (1.8 km), salvo addentrarsi nell’entroterra,  percorrere in senso inverso un lungo tratto che costeggia il ramo di Tevere che sfocia sul Tirreno e riprendere il lungomare della Salute in direzione nord.
Aria di mare, aria di casa...

Per quanto mi riguarda, la gara assume un valore molto speciale per mille ragioni: gioco in casa, visto che prima di emigrare in Inghilterra abitavo a 7 km a nord dalla partenza; provo per la prima volta il mio stato di forma su una gara di 10 km su strada, per me solitamente più faticosa rispetto alla mezzamaratona; rivedo tanti compagni di squadra LRT e, soprattutto, per la prima volta nella storia, ai nastri di partenza si presenteranno tutti e tre i fratelli Massetti. Tale evento ha dell’incredibile se si pensa alla nota ritrosia del fratello mediano (Luigi) verso qualsiasi tipo di attività sportiva, smentita ormai clamorosamente da due mesi di allenamenti regolari sotto il vigile -e a volte severo- controllo dell’altro fratello, il coach!
I tre fratelli ai nastri di partenza per la prima volta nella storia!
Bellissima sensazione correre una gara su un tracciato che ci conosce a memoria, piacevolissimo presentarsi volontariamente alle 8 per aiutare il grande Orazio, colonna (non solo per la stazza fisica da navigato giocatore di rugby) della segreteria LRT e mio punto di contatto “societario” dall’Inghilterra, che ricambia con grandi saluti ed un’accoglienza calorosa!

Alle 8.20 il gazebus LRT è già montato con tanto di bandiera che conferma quanto ampiamente annunciato dalle previsioni meteo dei giorni precedenti: vento moderato da est, cielo poco nuvoloso e temperatura intorno ai 19-20 gradi. Il coach, strategicamente, si paleserà alle 8.21 attirandosi gli improperi del fratello aspirante runner, di Orazio e del “coordinatore” ai lavori, il veterano M70 Maurizio, che almeno ha avuto fin da subito l’onestà di fare “outing” e dichiarare la sua intenzione di non voler dare una mano e di volere solamente guardare noi volenterosi lavorare!!

In men che non si dica, un pallido sole inizia a sorgere, insieme a decine e decine di podisti che giungono alla spicciolata e popolano i vari gazebo delle società di appartenenza che sbucano come funghi dopo una giornata di pioggia. Si vedono alcuni dei mostri sacri del podismo romano, soprattutto nella categoria M50, il piazzale si affolla, ci sono solamente 3 bagni per gli uomini (gravissima pecca dell’organizzazione), la fila è lunga, la gente si apparta nei posti più improbabili, io mi distraggo per godermi lo spettacolo di tante casacche e di tanti colori. Alla fine farò a malapena 2 km di riscaldamento, con qualche allungo insieme ad alcuni compagni di squadra, coach incluso, prima di gettarmi fra le prime file del gruppone di quasi 1100 runners, schierati con italico disordine in prossimità dell’arco di partenza.

Il coach mi aveva perentoriamente prescritto di fare la gara accanto al nostro forte compagno di squadra Massimo, detto caschetto, navigatissimo M45, che di solito viaggia intorno ai 37’ (bassi) sui 10 km, per me un tempo inarrivabile, visto che su questa distanza il PB è di 39’21. Certo, a Nottingham ho chiuso gli ultimi 10 km intorno a 38’30, ma non ci credo ancora ed un episodico exploit non può costituire “campione” rappresentativo del mio livello.

Il sadico fratello coach, a quanto apprenderò successivamente, da giorni sollecitava psicologicamente il povero caschetto, invitandolo a fare la gara insieme a me e ammonendolo circa il pericolo di poter essere da me addirittura sconfitto. Morale della favola, questo sottile e studiato gioco dei nervi ha dato forte motivazione a caschetto, che con rispettosa gentilezza si è prestato a “fare il ritmo gara” con l’evidente ambizione di non farsi superare dallo scrivente aspirante runner. Dall’altro lato, il diabolico coach, nel dirmi che avrei dovuto stargli incollato, mi ha dato un obiettivo tangibilissimo, in carne e ossa, da seguire (ed inseguire) per tutta la durata della gara.

Alle 9.30 si parte a spron battuto: dopo 100 metri, una insensata curva a 90 gradi blocca la massa e rallenta inesorabilmente il ritmo. Già settimane prima della gara il coach aveva parlato con gli organizzatori, chiedendo lumi sulle ragioni di un tracciato lungo 10.4 km, invece dei classici 10, facilmente ottenibili evitando la curva sopra menzionata e spostando la partenza sull’ampio rettilineo del lungomare. Gli organizzatori, molto gentili ed efficienti peraltro, gli avevano risposto che l’amministrazione comunale si era mostrata inflessibile e che il percorso per quest’anno sarebbe stato 400 metri più lungo del previsto. A volte l’ottusità delle amministrazioni comunali è vergognosa.

Caschetto mi sfugge subito, così come il fratello coach, molto più bravi di me a divincolarsi fra la folla in partenza. Il primo chilometro, senza compagni di squadra a farmi compagnia, si chiude a 3’46, tutto sommato ad un ritmo ben migliore del temuto. Caschetto non si vede per tutto il primo chilometro, finché da lontano sbuca la sua casacca LRT, che raggiungo con una progressione che inesorabilmente farà registrare un secondo chilometro a 3’42! Lo affianco, mi saluta e mi dice di voler fare una gara “regolare, anzi regolarissima”. Io, da perfetto tapascione, sono molto cauto e mi limito a dire “ci proverò, anche se per me il ritmo è troppo forte”.

Noto subito due cose di Massimo: la sua corsa è scientifica, ogni gesto appare ordinato e composto, sembra non disperdere energie, non parla, non sbuffa, non commenta, non ha il fiatone, respira con una regolarità ed una cadenza che sembrano quasi seguire uno spartito studiato a tavolino. La terza cosa che noto, correndogli accanto, è che la sua condotta di gara non lascia spazio a strappi e a variazioni di ritmo forsennate, bensì appare fondata su una progressione leggera ma inesorabile, che ci vedrà superare numerosi podisti senza mai essere superati. Bellissima sensazione, quasi una dimostrazione di forza con metodi soft.

Il percorso è piatto, il vento è moderato ed ininfluente, un sogno ed un miraggio per me che sono abituato ai capricci del Dio Eolo inglese, la temperatura non è calda e l’umidità ancora sotto controllo grazie al vento da est. Insomma, condizioni ideali per questa corsa tanto attesa.

Continuiamo a superare gente partita troppo forte e scoppiata, il coach è a vista, ma a non meno di 100-150 metri. Terzo km chiuso a 3’49, quarto a 3’49, quinto a 3’46. I primi 5000 mt se ne andranno in 18’54: consulto il gps e rivolgo le prime parole, da quando siamo partiti, alla lepre Caschetto: “per me questo ritmo è davvero sostenuto: vai pure avanti se senti di essere rallentato da me”. Non ero stanco e non avevo difficoltà respiratorie, semplicemente mi sono lasciato condizionare dall’orologio e dal parziale di metà gara, oltre che dal timore di scoppiare miseramente. Caschetto, giustamente e da navigato tapascione quale è, mi dice di non essere per niente rallentato da me e che di certo non mi aspetterebbe quand'anche dovessi decidere di andare ad un ritmo più blando. Mi piace l’egoismo positivo, motivante e costruttivo del podista!

Il sesto km si chiude a 3’45, sono sempre accanto a Massimo, il settimo rappresenta il tornante decisivo: la rotta di gara punta verso nord, si risale lungo la costa, da qualche parte lì davanti c’è il traguardo. Caschetto accelera, io mantengo il passo e mi metto a circa un metro e mezzo da lui, senza peraltro avere la minima intenzione di prenderne la scia. Non si volta a cercarmi ed io non dico nulla, siamo ancora appaiati, il settimo chilometro si chiude a 3’42. Sto bene, nessun dolore al fegato come a Nottingham, si imbocca in men che non si dica il lunghissimo rettilineo di lungomare che, dopo 2 km, porterà al traguardo. Il coach è lì davanti, l’ottavo km è di contenimento e viene portato a casa in 3’44.

E’ fatta, non ho calcolato la proiezione all’arrivo, ma qualcosa mi dice che sta per uscire il tempone, caschetto è sempre a un paio di metri da me, io tengo gli occhi fissi sull’orizzonte, verso la fine di quel lungomare che, stranamente, mi sembra cortissimo stamattina. Al nono il ritmo aumenta leggermente e siamo a 3’42, cacchio, qui il PB sta assumendo dimensioni pazzesche ma non ho voglia di fare calcoli.

Vedo avvicinarsi il cartello dei 10 km: mio Dio, qualcuno mi ha fatto uno scherzo e l’ha portato avanti o sto facendo un tempone magnifico?

Guardo il Garmin, non ci credo, accanto a me ho il cartello del decimo km e il tempo dice 37’07’’ (mentre per il gps il decimo scatterà dopo 37’29’’, ma la sostanza non cambia!!!). Non sarà mai omologato, visto che la gara è ufficialmente e maledettamente di 10.4 km, ma sono gasatissimo e non contengo la felicità: la curvona che porta alla zona arrivi è presidiata, al km 10.2, da Coach Mimmo (olé), visione quasi profetica e celestiale nel delirio di contentezza che peraltro già provavo in quel momento, lui che è il coach del mio coach. Simbologie, allegorie e segnali sembrano essermi stati inviati dal Dio del Podismo. Lo vedo incoraggiare e complimentarsi con mio fratello, mentre nel frattempo io giro a sinistra per gli ultimi 150 metri di gara, dove sparo uno sprint alla “Usain Bolt del litorale romano”, supero un tizio e affianco caschetto per un arrivo trionfale, appaiati con lo stesso tempo.

Chiuderò con un’eccellente cinquantunesima posizione su 1067 atleti arrivati al traguardo. Il tempo dei 10.4 km è di 38’46 (fantastica media di 3’44)! Il coach mi precede di 28 secondi, dal pubblico nostro padre scatta foto, io mi sento freschissimo, senza fiatone né affanno. Il fianco destro/fegato non ha dato segnali di affaticamento ne’ risulta dolorante, corro al gazebo, vedo un soddisfattissimo Fabio, che ha concluso la gara da ormai 4 minuti e si è classificato in settima posizione assoluta, registrando un SB (seasonal best) sulla distanza. Anche per lui, dopo Nottingham e altre gare recenti, il lavoro con il coach sta dando eccellenti risultati.
Sprint finale: avversario asfaltato e Massimo Caschetto affiancato poco dopo

Aspirante brontorunner (sx) e fratello coach (dx) a colloquio subito dopo la corsa
 
Ma la parte più emozionante della gara deve ancora arrivare: il terzo fratello, il neo-runner, deve giungere al traguardo ed in tutti noi sorge il timore che abbia tirato troppo nel corso dei primi chilometri e sia scoppiato, ritirandosi mestamente.
Mentre mi avvio insieme agli altri compagni di squadra per una corsetta defaticante, percorrendo in senso inverso l’ultimo chilometro e mezzo di gara sul lungomare, ecco che da lontano vedo sbucare la maglia giallo-verde di Luigi!!!Un secondo miraggio, dopo l'apparizione di coach Mimmo (ole') a mo' di Arcangelo Gabriele!!
Il fratello mediano abbozza gesti di saluto e ci riconosce: segno che le funzioni vitali sono ancora attive!!! Io corro verso il traguardo e mi apposto a un metro dall’arrivo, sporgendomi dalla ringhiera, pronto ad incitarlo e a fare il tifo nell’ultimo sforzo della sua prima gara della vita!
Arriva stanco ma non in affanno, ne’ tantomeno cotto. Sul petto si nota subito l’inconfondibile macchia di sangue che colpisce i capezzoli dei runner alle prime armi: ha superato a tutti gli effetti il battesimo del fuoco e adesso fa parte della famiglia LRT anche lui. Chi l’avrebbe mai detto?
Il fratello mediano, vero vincitore di questa gara!!!!

A proposito di previsioni, di seguito riporto le stime dei tempi di gara che il fratello coach aveva preparato ed inviato 5 giorni prima della Sant'Ippolito a noi vittime dei suoi allenamenti:

·         Fabio-se-li-mette-tutti-dietro: under 35' (under 3'22''/km) – tempo effettivo: 34'45 (SCIENZA ESATTA!)

·        Luca-coach: under 39' (3'45''/km) - tempo effettivo: 38'19 (TAPASCIONE FINTAMENTE UMILE E MODESTO)

·        Leo-aspirante-brontorunner: 39'30'' (3'48''/km + o - 1''/km) - tempo effettivo: 38'46 (SOTTOSTIMATO)

·       Giampiero-nove-mille: under 45' (under 4'20''/km) - tempo effettivo: 45'07 (COLPA DEGLI SCONTI CHE SI AUTO ASSEGNA DURANTE GLI ALLENAMENTI?)

·        Luigi-chi-l’avrebbe-mai-detto: under 1h02' (under 5'55''/km) - tempo effettivo: 1h01'22 (LA VITTORIA PIU’ BELLA DELLA GIORNATA, A DUE MESI E 6 CHILI IN MENO DALL'INIZIO DELLE SUE CORSE)


Che cosa aggiungere? Una gara straordinaria per quanto veloce e per il miglioramento rispetto ai miei precedenti tempi. Anche il coach ha polverizzato il suo precedente PB sulla distanza di 10 km, segno buono.
A colpirmi è stata soprattutto la relativa facilità con cui sono arrivato al traguardo, io che mal digerisco i ritmi alti dei 10 km: merito dell’aria di casa? Del cibo di casa? Del percorso piatto? Del vento quasi ininfluente? Del regolarissimo Massimo-caschetto che mi ha guidato? Della vicinanza del coach? Degli allenamenti del coach? Probabilmente di tutti questi fattori messi insieme...
I prossimi appuntamenti podistici, rigorosamente in terra inglese, saranno:

·      “Run Richmond Riverside”, gara di 10 km apparentemente piatta (ma non mi fido) che si correrà sabato 20 ottobre lungo le sponde del Tamigi;

·       "Gosport Half Marathon", sulla costa sud dell’Inghilterra, votata dalla rivista Runners World come “the best UK half marathon for achieving a Personal Best time”! Prevista per domenica 18 novembre ma ancora mi devo iscrivere.

Non posso chiudere questo post senza avere prima inviato un immenso in bocca al lupo di pronta e rapida guarigione a Giancarlo, blogger di riferimento, esempio di atleta e triatleta, che la scorsa settimana ha avuto uno sfortunato incidente in bicicletta ed è adesso alle prese con fratture a clavicola e polso. L’ho visto all’ospedale qualche giorno fa: mi sbaglierò e non capirò nulla, ma a me sembrava già pronto ad affrontare, superare e, ovviamente, vincere anche questa nuova sfida!

Forza Lazio Runners Team e viva i tapascioni di Roma e provincia.

Friday 5 October 2012

Nottingham Robin Hood Half Marathon - 30 settembre 2012...ci vuole fegato per fare un PB del genere!!!


La seconda tappa del neonato Lazio Runners World Team, dopo la gloriosa trasferta olandese della scorsa primavera, questa volta ha come scenario la regione inglese dell’East Midlands e, più precisamente, la città di Nottingham, terra di Robin Hood, 330.000 abitanti, due atenei universitari, importantissimo punto di riferimento durante la Rivoluzione Industriale (grande produttore di merletti, tabacco e biciclette), dalle antichissime tradizioni calcistiche, di cricket e di canottaggio.
Nel centro dell'Inghilterra

Protagonisti della trasferta tre gruppi di famiglie unite dal conviviale sodalizio della Lazio Runners Team: i fratelli Giampiero e Fabio Rea, i fratelli coach-Luca e aspirante-brontorunner e le sorelle Ida e Rosa Serpolli.
Tutto ha inizio venerdì 28 settembre quando i Rea, le Serpolli ed il coach atterrano a Londra Stansted con un volo della malefica Ryanair proveniente da Roma in leggero ritardo. Ad accoglierli agli arrivi, con tanto di gigantesco Renault Espace con volante a destra e cambio automatico, armato di entusiasmo e grandi aspettative, il sottoscritto emigrato in terra inglese, colonizzatore ed esportatore in suolo britannico dei colori LRT. 

Dai primi metri di guida, percepisco il terrore della compagnia nel vedermi guidare "contromano" e nel prendere le rotatorie "contromano"...contromano per il resto del mondo ma non per su quest'isola! Ad aggravare l'iniziale sgomento dei passeggeri si aggiunge anche la mia innocente premessa e confessione di non avere mai guidato una macchina con cambio automatico prima di quel giorno!!
Dopo un frugale pasto in una sorta di autogrill - dove appare sin da subito chiara la gerarchia della forchetta e dell’appetito di tutto il fine settimana, che vedrà i fratelli Massetti contendersi la medaglia d’oro - e circa due ore di guida, i nostri giungeranno a Nottingham a metà pomeriggio.
Fin dall'autogrill cominciano le mezzemaratone...culinarie
L’hotel, debitamente e strategicamente scelto dal coach (con il determinante aiuto dello scrivente aspirante runner) settimane e settimane prima in base al prevalente criterio della vicinanza alla zona di partenza, si colloca a circa 3 km dal centro e dalla zona pedonale cittadina, sembra a conduzione familiare e ha l’aspetto tipico dell’Inghilterra di provincia, vecchiotta ma dallo spirito accogliente e gentile. Il wi-fi e’ gratuito in tutte le stanze, la domenica della gara ci permettono di anticipare l’orario di normale apertura della colazione solo per venire incontro alle esigenze podistiche, non esitano ad accordarci un late check-out che ci permetterà di godere del clima post-mezzamaratona e di fare una meritata doccia e, dulcis in fundo, la colazione si rivelerà abbondante e buona, lo staff gentilissimo e pronto a fornire in tempi fulminei qualsiasi tipo di informazione (considerando poi che il coach è cliente esigente, pignolo e rompiscatole!)...


Foto del pittoresco hotel Swans
 Da abitante “locale”, percepisco una diffusa perplessità della truppa riguardo alle condizioni meteo inglesi, con temperature di quasi 15 gradi inferiori a quelle lasciate in Patria, vento, pioggia, vento, sole, pioggia ancora, sole e vento nel giro di pochi minuti. Io temo di essermi abituato ormai alla pazzia del clima di questa isola, loro lo ritengono inconcepibile in questo periodo dell’anno.

Il rigido programma del coach, stilato già un paio di mesi prima, prevede, malgrado la stanchezza del viaggio, una quarantina di minuti di corsetta tanto per sgranchire le gambe. Alla fine si faranno ben 11 km su parte del tracciato della mezzamaratona di domenica, già colpito da raffiche di vento che non lasciano presagire nulla di buono. Il sopralluogo non sarà risolutivo nel dissipare i dubbi della vigilia e darà anzi la falsa impressione di un percorso più piatto di quello che poi sarà effettivamente. I Rea, come capitato in Olanda, si rifiutano categoricamente di farci compagnia nella sgambata e si avviano in centro a Nottingham, pentendosi poi della lunga e stancante camminata (eppure sono due due tapascioni doc che macinano chilometri e chilometri a settimana...mah??!!).
 Il cielo sembra alternare sprazzi di sole a nuvoloni minacciosi, il morale della truppa è alto, i morigeratissimi fratelli Rea dispensano lezioni di vita da atleti, rifiutando ogni tipo di bevanda alcolica nel corso di una abbondante cena a base di carne presso un ristorante brasiliano nel centro di Nottingham, trovato per caso girando per la città. Il coach e l’aspirante brontorunner, noti e famelici onnivori, mostreranno fin dalle prime battute una notevole predisposizione alla forchetta e si piazzeranno in prima e seconda posizione assoluta nel campionato individuale di bagordi, fagocitando ogni tipo di carne servita secondo la pericolosissima regola dell’ “all you can eat”...

Dopo la gara il coach punta lo stand salsicce!
A cena si parla di calcio, di podismo, si consulta febbrilmente qualsiasi smartphone a portata di mano per verificare le condizioni climatiche previste la domenica della gara. L’austero e venerato Met Office inglese prevede un sabato (per noi atleti) inutilmente soleggiato ed una domenica ventosissima e dalle minacciose nubi, ma per fortuna neanche questo basterà a spegnere l’entusiasmo e a fiaccare il morale della truppa.

Il sabato mattina, dopo le perentorie raccomandazioni “a non affaticarsi con lunghe camminate” - dispensate dal coach - e previa visita al villaggio della mezzamaratona ancora in fase di allestimento - volerà all’insegna del rilassato turismo per la cittadina di Nottingham, di una doverosa visita al castello della città, di un frugalissimo pasto consumato presso la grande piazza centrale sotto l’occhio vigile dei salutisti Rea salvo poi concludersi con un timido tentativo di “struscio” per le affollatissime vie del centro. In questo i maschietti della truppa cederanno di schianto dopo pochi minuti per riparare verso l’hotel e per un giro nei pressi del glorioso stadio del Nottingham Forest.
Podista nei giardini del Nottingham Castle
Scorcio sul castello di Nottingham
 
Lo stadio del glorioso Nottingham Forest a bordo fiume Trent
Il sabato sera si concluderà con una cena al ristorante Reno’s, fra i primissimi posti delle classifiche di gradimento online nella città, debitamente individuato dal meticoloso coach settimane prima dell’evento in omaggio alla nota predisposizione dei Rea per i ristoranti italiani (ancora ci raccontano estasiati della trattoria “da Lorenza” ad Amersfoort!!). Il pasto, ricco di carboidrati e di allegre discussioni su strategie di gara e sulla qualità delle tagliatelle al ragù, sarà servito dal proprietario anglo-foggiano fra lo sgomento dei clienti inglesi presenti, non abituati a tanta e tanto rumorosa “caciara” al ristorante! Fabio, la nostra punta di diamante, e’ tranquillo e sa di avere il tempone nelle gambe. Il coach cerca di convincermi che 1h24’ l’indomani sarebbe un risultato mediocre e un tempo da allenamento: a me sembra solo un miraggio raggiungibile solo sputando anima e sangue. Le aspettative del coach sono decisamente più alte delle mie.
Alle 22.30 si rientra in albergo, quasi fossimo degli atleti seri!! Io a cena non ho toccato né birra né vino. La scusa di dover guidare al rientro in albergo cela in realtà la speranza di limare secondi preziosi in gara grazie ad una vita morigerata.

La notte precedente la gara, per una volta, non viene funestata dal nervosismo che mi tiene sveglio, bensì da quattro episodi che turbereranno il mio regolare sonno: il coach che si alza per fare pipì, qualcuno che urla fuori dalla porta, il coach che si rialza per fare pipì e, dulcis in fundo, il coach che si ri-rialza per fare pipì! Inizio a pensare che stia boicottando la mia preparazione ed il mio riposo per paura che possa raggiungerlo il giorno della gara!
La sveglia suona alle 6.35, si spalancano subito le tende della stanza e si vedono i rami degli alberi muoversi per il forte e tanto temuto vento. Maledizione, il Met Office inglese aveva ancora una volta ragione.

Ci consoleremo con una lauta colazione disertata dai Rea e dalle sorelle fra lo sgomento dei due secchioni coach e brontorunner: dormiranno ancora? Saranno già a fare riscaldamento pre-gara? La tensione è palpabile, il verdetto meteo impietoso: vento di circa 15 miglia orarie da sud-ovest, con raffiche del doppio di intensità, temperatura intorno agli 11 gradi, nuvoloni minacciosi all’orizzonte. Benvenuti in Inghilterra...
I sogni di gloria e di record personali, così semplici, alla portata e possibili fra una tagliatella ed una bruschetta la sera precedente, al risveglio sembrano solo lontanissimi ricordi. Giampiero consiglia al fratello Fabio, nostra punta di diamante, di “fare gara più sull’uomo che sul tempo”, a conferma delle pessime condizioni ambientali.

Un Fabio visibilmente assiderato ed un Giampiero contrariato dal clima inglese, giungeranno insieme agli altri sul luogo di partenza a circa 40 minuti dallo start. Lo spettacolo che appare agli occhi dei sei ambasciatori LRT in terra inglese rimanda alle scene epiche del film “Il Gladiatore”: una spianata/villaggio della mezzamaratona affollato da 8.000 atleti, cui vanno sommati amici, parenti, cani, bambini e addetti all’organizzazione; si parla di 40.000 persone, si vedono decine di stand, dalla tenda VIP per massaggi e servizio fotografico personalizzato, ai capannoni degli sponsor. L’arrivo della corsa verrà ripreso dalla BBC4 e ad attendere gli atleti presso la linea del traguardo sarà una tribuna stracolma di pubblico preceduta da un serpentone di folla ai lati degli ultimi 400 metri del tracciato di gara che ricorda le migliori accoglienze di pubblico in occasione delle tappe alpine del Giro d’Italia di ciclismo. Con la testa già si fantastica di imprese eccezionali, con arrivo trionfale e acclamazione dagli spalti...
Un affollatissimo villaggio in zona partenza (notare l'abbigliamento invernale)
I nostri prodi, forse distratti dalla organizzazione, dal colpo d’occhio o da entrambe, ometteranno di effettuare un riscaldamento degno di tale nome ed in men che non si dica si ritroveranno in griglia di partenza, fra una raffica di vento ed una leggera pioggia che, all’inglese maniera, sembra dare l’in bocca al lupo agli atleti prima dell’inizio della corsa.
Fabio Rea si schiera in primissima fila, forte del suo pettorale giallo (quello riservato ai top runners), mentre i Massetti ed un battagliero Giampiero Rea si attestano all’altezza della griglia riservata agli atleti “umani”. Il serpentone di folla alla partenza, sul meraviglioso lungofiume Trent, è semplicemente impressionante, così come risulterà ammirevole la disciplina di oltre 6600 persone (+ 1200 della Fun Run) che, con ordine e britannico culto verso qualsiasi forma di fila, lasceranno avanzare e daranno la precedenza agli atleti più ambiziosi senza spintonare, senza calca, senza insulti e senza polemiche.

Parto accanto al coach, il ritmo è buono, correrò insieme a lui per oltre metà gara e già questo vale per me il prezzo del biglietto!!! La storia della corsa narrerà di un percorso più impegnativo di quanto ci si aspetterebbe da una gara piatta, con almeno 5 o 6 sostanziali “strappi” in salita dai 100 ai 250 metri di lunghezza ed un intenso vento a falcidiare gli atleti nelle zone più esposte. Affascinante il passaggio, intorno al decimo chilometro, all’interno del campus universitario, così come incantevoli ed infiniti appariranno i 3 km di lungo fiume, maledettamente capitati controvento, fra il 17mo ed il 20mo. Bagni e abbondanti rifornimenti di acqua e di integratori saranno posizionati all’altezza delle miglia 2.7, 5.7, 9 ed 11.5.
Io e il coach chiudiamo i primi 10k in 39’45, temo subito di avere tirato troppo e di finire la benzina. Il mio PB sui 10k e’ di 39’21, adesso sto correndo appena più lentamente ma con altri 11 km e 97 metri da percorrere...sono perplesso.

Intorno a metà undicesimo km il coach inizia a lamentarsi e, dopo avermi detto che il maledetto polpaccio soggetto ad infortuni gli dà un leggero fastidio negli strappi in salita, ingrana la marcia e spara un tredicesimo km a 3’36! A fine gara spiegherà che in quella fase un allungo del genere si era reso necessario per non ritirarsi dalla corsa...mah...Strane teorie questo coach...Io se sono in difficoltà, rallento il ritmo e non aziono il turbo...Mi distacca comunque di una quindicina di secondi e per tutto il resto della mezzamaratona lo vedo davanti a me di un centinaio di metri.
Dal mio canto, le gambe stanno bene, i chilometri sono macinati senza strappi e senza eccessiva fatica, nessuno mi supera più ma anzi sono io a passare vari podisti fino al traguardo. Tutto bene, tutto troppo bello, percorro il bellissimo lungofiume (controvento) fra il km 17 ed il km 20, pur nella confusione del delirio da endorfina so che 1h23’ si porta a casa senza dubbi, un risultato pazzesco...
Km 17: volontari trasportano un (vero) malato terminale su una barella verso un traguardo che di certo vale piu' di qualsiasi altra vittoria, considerazione o commento...
Proprio quando mi stavo facendo spavaldo per il successo in arrivo, ecco che si ripete, con le stesse inquietanti modalità -e allo stesso chilometro di gara- quanto accaduto ad Amersfoort. Al ventesimo km, infatti, un fortissimo dolore al fianco destro (o forse al fegato) mi dà l’impressione di avere una lama conficcata nel corpo: inizio, anche sentendo la folla dell’arrivo, ad accorciare il passo e a velocizzarlo...non voglio mollare, il volto è segnato da inevitabili smorfie di dolore, cerco di rimanere dritto con il busto ma la “lama” nel fianco mi costringe a piegarmi in avanti, con inevitabili dolori alla schiena per la scorretta postura. Il traguardo, le tribune, il serpentone umano ai due lati degli ultimi 400 metri e poi la vista del coach da lontano mentre solleva le braccia all’arrivo mi faranno giungere al traguardo chiudendo l’ultimo, psicologicamente massacrante, chilometro con un eccellente 3’51. Gambe, fiato e spirito mi avrebbero permesso di spremermi e magari di rosicchiare 10-15’’, ma non esiste rammarico visto che a 30 metri dal traguardo vedo il tabellone cronometrico e non contengo la gioia, mista ad incredulità. Sobillo la folla, che risponde entusiasta e rumorosissimamente, con gesti enfatici di trionfo!! All’arrivo mi aspetta il coach, che per una volta tanto non ha avuto troppo tempo per rilassarsi né si è raffreddato per aspettarmi!!!!

La classifica parlerà di ben 3 PB raggiunti gloriosamente da:
  • Fabio (1h13’24)
  • Coach Luca (1h22’15) e...
  • ...dal sottoscritto aspirante Bronto-runner (1h22’35) che distrugge  e abbassa di due minuti e mezzo il precedente miglior tempo sulla distanza!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Non mi sembra vero, un tempo stratosferico, per me che avrei esultato gia' per un ben più modesto 1h24’30!!!

Di seguito il dettaglio chilometro per chilometro...

Split
Time
Distance
Avg Pace





Summary
    1:22:34.5      21.13 km        (average/km) 3:54
1 3:55.6 1.00 3:56
2 3:58.0 1.00 3:58
3 3:50.4 1.00 3:50
4 4:01.2 1.00 4:01
5 4:00.0 1.00 4:00
6 3:58.8 1.00 3:59
7 4:00.9 1.00 4:01
8 3:59.1 1.00 3:59
9 3:56.7 1.00 3:57
10 4:00.3 1.00 4:00
11 3:49.0 1.00 3:49
12 3:55.3 1.00 3:55
13 3:46.2 1.00 3:46
14 3:53.3 1.00 3:53
15 3:49.7 1.00 3:50
16 3:52.7 1.00 3:53
17 3:48.0 1.00 3:48
18 3:57.5 1.00 3:58
19 3:49.5 1.00 3:50
20 3:53.3 1.00 3:53
21 3:51.3 1.00 3:51
22 :28.1 0.13 3:32
 

 Ottimi anche Giampiero, che chiude con una delle sue migliori prestazioni sulla mezza (1h36’25), e la gagliarda Rosa Serpolli (2h29’39).
 
Ecco i nostri condottieri dopo la gara in una foto con Robin Hood!
Fra gli oltre 6600 atleti giunti al traguardo, va sottolineata la prestazione maiuscola di Fabio, giunto 17mo assoluto in una gara il cui podio è stato conquistato con tempi stratosferici (1h01’39, 1h02’21 ed 1h03’22).
A fine gara, i Rea ed i Massetti cederanno alla tentazione di un massaggio presso la tenda VIP e si faranno immortalare in vari scatti fotografici, con tanto di drappo LRT, insieme ad un improbabile personaggio travestito da Robin Hood! Fa freddo, tira vento, siamo tutti esausti, il mio fegato/fianco destro mi fa ancora male (ed il dolore resterà per altri tre giorni) ma la soddisfazione di questa meravigliosa avventura resterà scolpita per sempre nei ricordi più belli!

Lo spirito goliardico dell’evento sarà infine completato da un pranzo a base di hamburgerozzi presso un tipicissimo pub inglese in zona hotel, chiamato Monkey Tree Pub, prima di riprendere tutti la via del rientro in aeroporto e, almeno per cinque dei sei valorosi atleti LRT, la via del rientro in Patria.

Non sarebbe vivere l'Inghilterra se non ci fosse un tipicissimo pub ad attenderci dopo la gara!
Dal mio personalissimo punto di vista, posso dire che la trasferta è stata un’eccellente e piacevolissima occasione per rivivere lo spirito tapascione italico che tanto mi manca qui Inghilterra e cui ogni domenica rivolgo i miei pensieri più affettuosi. Se stessi a Roma (o dintorni), forse esagererei e correrei tutte le gare del calendario sociale...

Non mi resta che attendere con impazienza la prossima trasferta internazionale LRT che, come in Olanda qualche mese fa e a Nottingham ora, sarà senza dubbio una piacevole occasione per consolidare lo spirito del glorioso sodalizio LRT. Il coach gia’ parla di Berlino, Formentera e chissà quale altra splendida meta, ma in cuor mio so benissimo che mi andrebbe bene qualunque destinazione purché si possa replicare una due giorni tanto piacevole e divertente come quella inglese appena conclusa.
Grazie a Fabio e Giampiero, con i quali il piacere di discorrere di sport è pari solo al loro contagioso entusiasmo per le iniziative del Lazio Runners World Team (passate, presenti e future).

Infine un grazie maiuscolo al fratello coach, il quale cura in maniera impeccabile ogni dettaglio delle trasferte e, soprattutto, sta dimostrando -a suon di risultati su noi cavie podistiche- di essere un valorosissimo allenatore, oltre che un gagliardissimo runner con alle spalle vari lustri di ottimi risultati!
Non mi resta che attendere con immensa emozione la gara di Sant’Ippolito di Fiumicino, che quest’anno per la prima volta nella storia vedrà ai nastri di partenza non un Massetti, non due Massetti, ma...ben TRE fratelli Massetti!!!!!!!!!!!!!!!!!

Forza Lazio Runners Team e forza Lazio Runners World Team!