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Tuesday 13 November 2012

MoRun 5km - 11 novembre 2012 ...Battersea per il podio


Le favolose avventure di Brontorunner questa volta hanno come scenario il parco londinese di Battersea, circa ottanta ettari di meraviglioso polmone verde in piena città, sulla sponda del Tamigi opposta al quartiere Chelsea.

Percorso circolare da ripetere due volte

Il parco, inaugurato a metà Ottocento, un tempo ospitava una sorta di pedana sui cui si disputavano i duelli a fuoco fra nobili; oggi  è un paradiso per gli sportivi londinesi, visti i suoi larghi e pianeggianti viali, 16 campi da tennis, una palestra, una pista di atletica, dei laghetti artificiali per il canottaggio e svariati prati adibiti a campi di calcio e di rugby. Proprio a Battersea, nel lontano 1864, si disputò la prima partita nella storia della English Football Association.

Digressioni storiche a parte e tornando alla cruda cronaca podistica, va detto che la mia partecipazione a questa gara è stata decisa a tavolino ed in “zona Cesarini” dal fratello-coach, che mi ha “caldamente invitato” ad iscrivermi per provare il mio stato di forma su una distanza, quella dei 5 km, per me assolutamente inedita e mai affrontata in gara. Il coach si esalta in queste corse brevi, io mi stresso, ma ho accettato “il consiglio” e mi sono iscritto.
Le mie già vistose riserve hanno infine preso dimensioni di “ansia da prestazione” quando lo stesso coach, alla vigilia, ha pronosticato un clamoroso risultato cronometrico di 17’59’’.

Il giorno della gara mi sveglio alle 6.10 e decido di arrivare sul posto con un largo anticipo (quasi un’ora e mezzo prima dello start) per effettuare un giro di ricognizione e, soprattutto, per fare fronte con un lungo riscaldamento alla rigida temperatura (intorno allo zero) che nella notte ha ghiacciato il vetro della macchina.

Seppur ubicato in un quartiere non certo di lusso, una volta varcato il cancello del Battersea Park, mi sono trovato in uno splendido luogo, tenuto benissimo, fra viali alberati e prati tipici inglesi perfetti. Il sole limpido di una rigida domenica mattina ha senz’altro contribuito a rendere lo scenario ancora più affascinante. Non tira vento, non c’è fango per terra: sogno o son desto?

Una sezione del tracciato di gara

All'altezza del km 1.7

Uno scenario fantastico di prima mattina
 

Giunto nella zona partenza, noto un palco circolare -da cui poco prima di partire un DJ scimmione tenterà di animare e motivare i podisti a ritmo di musiche hip-hop e balli strani- vari gazebi per massaggi e deposito borse, molti volontari ed un numero crescente di podisti, maschi e femmine, con baffi finti (spesso disegnati) per ricordare che i proventi di questa gara saranno devoluti per la ricerca scientifica contro il tumore alla prostata ed ai testicoli. Il nome stesso della gara, Mo-Run, si ispira alla parola “baffo” (moustache) oltre a richiamare il nome del campione inglese Mo Farah, vincitore dei 5.000 e dei 10.000 mt alle Olimpiadi londinesi da qualche mese conclusesi.

Per riscaldamento decido di percorrere il tracciato di gara, un veloce circuito da 2.5 km da ripetere due volte, all’apparenza pianeggiante e caratterizzato da larghi viali alberati e larghe curve. Unici “punti deboli” si riveleranno un tratto di qualche centinaia di metri in contropendenza ed un’inversione a “U”, con i soliti birilli a terra.

Tratto di inversione a U con curva verso destra in prossimità dei birilli...
...seguito dal rettinileone finale, con arco di arrivo visibile all'orizzonte

Dato che fa freddo, il mio riscaldamento sarà di ben 5.6 km, ovvero due giri di gara più seicento metri di allunghi e ripetute. Non male, io che di solito mi presento piuttosto freddo alla partenza.
A un quarto d’ora dallo start, lo speaker chiama “coloro che hanno ambizioni di vittoria” a collocarsi nelle prime file . Io, come sempre, mi guardo bene dal farmi avanti fino a quando, nel vedere una decina di improbabili figuri avanzare baldanzosamente, rompo gli indugi e decido di fare lo spaccone, mettendomi addirittura in prima fila!

Il sole bacia i belli...

...e soprattutto i brutti
Nel frattempo il DJ scimmione inizia a mettere musica improbabile e inizia il riscaldamento animato e collettivo. I podisti seri si vedono subito perché danno le spalle al podio del DJ e si concentrano solo sulla gara.  Io, che ovviamente non appartengo a questa categoria, mi sono invece goduto lo “spettacolo” e non ho disdegnato qualche timidissimo tentativo di andatura/stretching a ritmo di musica...giusto per scaldarmi e per stare al gioco. 

Lo start arriva puntuale alle 10.00 e vedo subito partire davanti a me quattro atleti che avevano tutte le fattezze/movenze/sembianze dei “podisti seri” e che infatti nel warm-up non avevano degnato il palco del DJ neanche di uno sguardo.

Zona partenza, ancora semi deserta a un'ora e mezzo dallo start


Mi attesto al quinto posto, cercando di seguire i consigli del coach (“fai il primo km a 3’30, il secondo attestandoti a 3’40 e poi vedi come ti senti...”). Mi godo questi vialoni alberati e in men che non si dica il primo km si chiude a 3’31, come da disposizioni del coach.

L’aria è fredda ma non tira vento, il tracciato è pianeggiante, si corre che è un piacere. Intanto, il quarto atleta inizia a rallentare e, da paziente avvoltoio, lo supero di slancio al km 1.5. Davanti vedo la coppia di testa, un giovanotto danese ed un inglese con ai piedi le super tecnologiche scarpe Newton. Entrambi fanno e faranno fino all'ultimo gara a parte.

Sono a meno di cento metri di distanza da me ma vanno ad un ritmo che non intendo minimamente imitare. Il terzo podista, tanto per cambiare un roscio (sono il mio tormento), è a una cinquantina di metri da me e sembra andare senza problemi. Sono quarto, ottimo piazzamento penso per qualche minuto. Mi accontento? Boh, non ci penso e vado avanti.

Affronto la contropendenza e a arrivo al km 2, che chiudo a 3’36. Sto bene, buon ritmo e zero fiatone, affronto la curva a “U” prima di immettermi nel bel rettilineo finale di 3-400 metri con vista dell’arco di arrivo in lontananza. Transito davanti alla zona partenza, tanto pubblico e tanto tifo mi spronano a fare bene, chiudo il km 3 tenendo il ritmo e, malgrado il rallentamento dell’inversione di marcia, faccio registrare un 3’37 più che soddisfacente.

Il terzo atleta mi sembra più vicino, a non più di trenta metri adesso, si può osare, mi gaso e nel giro di ottocento metri, lo affianco dicendogli di tenere duro (ma perché non sto zitto?) con finta sporitività, salvo poi infilarlo e superarlo appena prima di affrontare i birilli nel tratto di gara più lento, la famigerata curvona a U. Quarto km a 3’35.

Da lì è iniziata un’altra gara, su un altro pianeta, forse in un’altra era.
Penso di essere entrato in uno stato catalettico di trance agonistica, con i sogni di gloria che tutto d’un tratto diventano realtà: per la prima volta nella mia carriera podistica, mi trovo a circa 300 metri dalla fine e sono virtualmente sul podio!!! Il roscio sembra starmi dietro, ma ha il fiatone ed io inizio a mulinellare le gambe nel rettilineone finale, quello con vista sull’arco dell’arrivo, lasciandogli zero speranze e tenendomelo impietosamente alle spalle fino alla linea del traguardo, per sempre, in una progressione che mi vedrà correre l’ultimo km (al gps gli ultimi 900 mt) a 3’25.

La seconda metà del rettilineone finale, con arrivo sotto l'arco

Il pubblico applaude ed io sono TERZO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Podio su un totale di 608 atleti arrivati!! Ok, il livello medio delle gare inglesi non è alto come quello delle gare dei tapascioni (in particolare) romani, ma non si può negare che si tratta di un grande risultato, nonché mio PB (e ci voleva poco, visto che è la prima gara che disputo sulla distanza dei 5 km!!).

Il cronometro dirà di un tempo eccellente, ben migliore anche delle previsioni più rosee del coach: 17’23. Secondo il mio GPS il tracciato di gara è di 4.9 km, il che significherebbe comunque un tempo virtuale sui 5 km di 17’42-17’44, fantastico lo stesso: 3’33/km di media, senza avere sofferto e con energia ancora in corpo!!  

Arrivo al traguardo fresco come una rosa, nessun dolore al fianco mi tormenta questa volta, né sento fatica.
Sono soddisfattissimo per la gara, per il piazzamento, per questo sole che solamente in tarda mattinata inizia a trasmettere una parvenza di tepore a noi atleti.

La soddisfazione mi fa venire voglia di correre ancora e, infatti, mi "sparo" altri 2 km di defaticamento in giro per il parco, felice e convinto di avere incontrato le aspettative dell’esigente coach, i cui allenamenti sulla velocità stanno dando risultati davvero incoraggianti (oh, che sia chiaro e messo agli atti, io continuo a preferire le mezzemaratone!).

La prossima tappa podistica sarà una gara di 10 km a Parigi, domenica 18 novembre: il tracciato questa volta si prevede ondulato, con una salitona terrificante (a detta dei blogger transalpini) e condizioni meteo che difficilmente saranno tanto favorevoli come in questa soleggiata domenica londinese di metà novembre.

Viva i podisti londinesi, viva il coach e...alla prossima, mirabolante avventura sportiva!

Sunday 4 November 2012

Pine Ridge Run - 3 novembre 2012... ...sandy anche in Inghilterra



La ratio dell’iscrizione a questa gara è stata la seguente: il coach ha constatato un grande margine di miglioramento per l’aspirante brontorunner nelle brevi distanze, con conseguente e necessario obbligo di lavorare sulla forza e sulla potenza, piuttosto che sulla resistenza. Pertanto, dopo attenta analisi del calendario podistico inglese, la preferenza è andata a una gara campestre, la Pine Ridge Run, opzione ideale per allenare queste caratteristiche.

Mappa gara

Con grande curiosità, interesse e un certo sospetto mi sono avvicinato a questa manifestazione, presentata come gara paesaggisticamente incantevole, off-road, ondulata, completamente immersa nella tenuta di Wisley. Da ricerche ulteriori su internet, apprenderò che si tratta di un’area di oltre 300 ettari nel verdissimo Surrey, dichiarata sito nazionale di particolare interesse naturalistico per la conservazione e la salvaguardia di specie floreali, incluso nella lista delle “European Special Protection Areas”. Betulle, boschi di pini e brughiera rappresentano lo scenario mozzafiato di chi ha la fortuna di capitarci.



1 km di camminata dal parcheggio allo start

Brughiera inglese

Tutto questo, unito alla breve distanza da casa (appena dieci km), mi ha convinto ad iscrivermi senza troppe esitazioni.

Con l’insana collaborazione del coach, qualche giorno prima della gara ho incrociato, su Garmin Connect, tempi, distanze effettive e livello medio di vari soggetti, le cui gesta nelle edizioni passate, soprattutto quella 2011, sono state puntualmete spiate. Fra le varie curiosità, questa analisi ci ha mostrato che lo scorso anno il percorso era qualche centinaio di metri più corto rispetto ai 10 km ufficiali.

Come prevedibile, dalle ricerche si evinceva e prevedeva anche uno sforzo muscolare notevole, con grande irregolarità, nel percorso, con impegnativi saliscendi e traiettorie poco lineari . Ciò che invece Garmin Connect non poteva rilevare è l’utilizzo di vari bloggers delle parole “muddy”, "sandy" e “undulating” per descrivere la Pine Ridge.  Insomma, come sempre avrei dovuto affrontare fango, saliscendi, sabbia e fatica bestiale. Pensare che uno come me, podista equilibrato, predilige la strada e la regolarità del passo!

Muddy sicuramente è muddy
Sandy sicuramente è sandy (in lontananza bandiera dello start)

Mi dico che si tratta di un allenamento piuttosto duro e la prendo con filosofia, almeno prima della partenza.
Arrivo sul posto in sabato mattina incantevole: sole splendente in cielo, aria tersa, 5 gradi di temperatura, vento sostenuto (e purtroppo forte durante la corsa). Durante il tragitto vedo dal finestrino cavalli, mucche, scoiattoli, una natura rigogliosissima, il meglio della campagna inglese, tante colline, tipicissimi scenari rurali. Insomma, mi reco alla corsa con spirito rinfrancato e positivo, sono ottimista e non voglio pensare al fondo muddy, sandy e undulating che di lì a poco mi avrebbe “accolto a braccia aperte”.

Arrivato nella zona parcheggio, che disterà dallo start 1 km di camminata su terreno impervio, noto moltissimi e solerti marshals dell’organizzazione in versione parcheggiatori, un clima diffusamente disteso, un immancabile gazebo per la consegna dei chip (il pettorale mi era giunto per posta), area caffè e torte (sic!). Insomma, il solito spirito allegro delle manifestazioni podistiche in terra inglese che ogni volta mi fanno preferire la faticaccia e l’alzataccia ad un sonno prolungato nel fine settimana.

Zona consegna chip

Plotone di marshals

Ai piedi stavolta ho le pesanti New Balance da trail, che si riveleranno necessarie e utili per “sopravvivere”, come del resto era stato puntualmente fatto intendere dall’organizzazione qualche giorno prima della gara.
Giungo sul posto un’ora prima dello start per fare una breve ricognizione, scattare qualche foto, tornare alla macchina e riandare nella zona partenza, che appunto si trova ad una decina di minuti a piedi dai parcheggi. 

Il vento si dovrebbe "vedere" dalla bandiera e dai rami


In questo angolo di paradiso inizio a vedere le prime cose che, podisticamente parlando, non mi piacciono: percorso pieno di fango “fresco”, pozzanghere, radici, buche e terra morbida che sembra sabbia di mare. Il vento soffia a ritmo crescente, il che di certo non avrebbe aiutato noi corridori.

Sopralluogo e ricognizione pre-gara

Zona partenza

Il mio zaino che posa in foto

Il tempo di fare pipì per qualche fratta e mi attesto con umiltà nel primo gruppetto di 20-30 persone allo start. Dietro si forma una lunga coda ed un serpentone di 400-500 podisti. Al mio fianco noto un imberbe ragazzotto con ai piedi le scarpe che ho appena ordinato per i miei allenamenti, le Brooks Ghost 4, comode A3 che dovrebbero nei prossimi giorni mandare in pensione le fantastiche ed eccellenti Mizuno Wave Rider 15, dopo quasi 800 km di onorato servizio.

Il luogo di partenza non coincide con quello dell’arrivo, che per fortuna è più vicino alle auto parcheggiate.  Lo start è dato con circa 15’ di ritardo a causa, appunto, delle persone attardatesi a pascolare in zona parcheggio, malgrado i ripetuti avvisi dell’organizzazione a farsi trovare pronti per le 10.30 sotto l’arco di partenza.

Si parte con un countdown all’americana, io mi posiziono nel gruppetto dei primi 20. Tempo 80 metri e, colpevolmente, taglio la strada ad un povero podista per evitare una non meglio identificata (e gigantesca) massa fangosa con pozzanghera incorporata che, secondo me,  avrebbe anche potuto celare le prove del delitto Kennedy o un frigorifero!! Quello non batte ciglio e, al mio scusarmi, si scusa a sua volta (molto British): se l’avessi fatto al coach, mi avrebbe stroncato la carriera podistica con un perentorio calcione spaccagambe. Evviva il pacifismo inglese...

Constato tre cose: il fondo fa schifo, si inizia subito con 200 mt di salita (che non mi aspettavo) e due podiste-donne fanno sul serio partendo sparate e distanziandomi subito. Tutti questi tre negativi elementi si protrarranno maledettamente fino al traguardo.

Come a Richmond, parto con lo scopo unico e principale di restare in piedi e di non tuffarmi di faccia nel fango. Fare il tempo o la grande prestazione è per me impossibile; diversamente da quella gara, qui noto tanti saliscendi e terreno morbidissimo, spesso sabbioso.

Penso poi che il destino mi aveva avvisato chiaramente facendo capitare questa gara nel periodo dell’uragano Sandy (appunto, “sandy” come sabbioso) e di Ognissanti...ma proprio tutti tutti quelli contro cui ho imprecato dal primo alll’ultimo secondo di corsa!

Chiudo i primi due km in maniera decorosa, seguendo strane traiettorie per evitare di cadere (3’52, 3’55), al terzo e al quarto chilometro iniziano tratti in salita piuttosto fastidiosi, soprattutto fra il km 3 ed il km 3.5. Al quarto penso seriamente di fermarmi, come sempre non per l’affanno o per infortuni, ma perché non mi piace questo tipo di gare, che possono causare solo danni a tendini e al morale. Decido non so come di andare avanti, terzo km a 4'08, quarto a 4’21, quinto a 4’02. Gara decisamente lenta.

Da questa fase mi metto a correre con un gruppetto di sei persone, che sono riuscito a riprendere. Non sono dei fulmini, ma mi fa bene avere un punto di riferimento e riprendere un passo regolare e controllato (sesto km: 4’01). Purtroppo dura poco perché ricominciano delle salite irritanti che mi faranno chiudere il settimo a 4’10. Quando mancano 3 km, forse perché esausto psicologicamente dalla gara che non sopporto, mi getto corpo in avanti e aggredisco una discesa utilizzando lo stile del coach. Sorprendentemente, dei sei del gruppetto, cinque si staccheranno e solamente uno mi resterà alle calcagna, fino all’ultimo. In una gara opaca, uno sprazzo di orgoglio e di riscossa!

Ottavo km a 3’58, dopo 500 metri si ritransita davanti alla zona partenza e si arriva al cartello del nono, dove vedo un atleta zoppicante, fermo ai lati del sentiero infangato: forse era lo stesso che ho visto infortunarsi “in diretta” nella prima parte di gara e che adesso stava avviandosi in zona traguardo? Non lo saprò mai. Non mi sorprendo, comunque, considerato il terreno accidentato.

Al nono chilometro sento il solito dolore al fianco destro tormentarmi, non che oggi conti molto ma mi dà davvero fastidio e il sorpasso del podista, che mi seguiva dal mio allungo del settimo km, giunge non solo inesorabile ma per certi versi quasi liberatorio. Ovviamente mi passa in un tratto in cui mi ero fermato (letteralmente al passo) perché la strada era sbarrata in ogni centimetro quadrato da fango e pozzanghere.
Nono e decimo rispettivamente a 4'04 e a 3'59.

Mi complimento e gli faccio ampi cenni di allungare: voglio chiudere questa agonia psicologica da solo, con un ultimo km lentissimo per non smadonnare soprattutto contro il fianco che mi fa di nuovo male. 

Sorprendentemente e con grande sportività, il tizio si volta e mi incita a non mollare, dicendomi che terrà lui il passo e di seguirlo perché c’è un altro (del gruppetto dei sei) che sta arrivando in progressione da dietro. Questo appello a stringere i denti mi è servito per non crollare e per seguirlo, ovviamente a distanza, negli ultimi 300 metri di fango prima di giungere sul rettilineo transennato, tagliare il traguardo e vedere un tempo non certo esaltante di 41’31’’ (che, sui 10250 metri percorsi, equivale ad una media di 4’03 al km).

Il tizio che mi ha incoraggiato mi viene incontro per congratularsi e per darmi la mano: forse ha letto la grande delusione sul mio volto e mi ha voluto consolare, confermando la bella solidarietà fra podisti che già in gara aveva ampiamente dimostrato. Il ragazzetto alle spalle non mi ha ripreso, per la cronaca.


Prima della gara si ride sempre...se corro con i ciclisti, significa che non ho buone sensazioni


Come sempre, quando insoddisfatto di una prestazione podistica, ho preso da bere, ho ritirato il pacco gara (stavolta una bella maglia verde) e a capo chino me ne sono andato via.

La cronaca dirà che mi sono classificato 10° assoluto su 495 arrivati e che quest’anno mediamente si è andati 2 minuti più lenti che ne 2011.

Questo ottimismo va però obiettivamente mitigato dal fatto che la corsa era leggermente più lunga che lo scorso anno e, dagli esiti di un controllo incrociato dei tempi in altre gare di almeno 4 persone che mi hanno preceduto, si evince chiaramente che sul tracciato campestre e ondulato sono ancora troppo lento in termini relativi. Non è accettabile che in gare “bucoliche” del genere mi superi gente che su strada (e soprattutto in mezzamaratona) sconfiggerei con facilità, anche andando ben più piano che a Nottingham. Ampi margini di miglioramento sulla velocità e la potenzia, diceva il coach alla vigilia, ancora una volta aveva ragione, concordo e sottoscrivo.

Gli sfottò del coach a fine gara, peraltro, fungeranno da sprone per affrontare i prossimi allenamenti con rinnovata grinta e, soprattutto, con tanta rabbia e positiva incazzatura in corpo in vista delle gare in calendario: una 10 km a Parigi il 18 novembre (se mi ammettono gli organizzatori) e forse una 10 km in pista a Roma (con il coach) il 25 novembre (dico “forse” perché in questa condizione di forma non arriverei neanche al quinto chilometro!).

Viva i podisti di Sua Maestà e, in un impeto di saggezza, chiudo questo blog con una profonda massima podistica: "se avessi voluto una gara sulla sabbia, me ne sarei andato a correre a Copacabana"