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Sunday 17 March 2013

Tempest 10 miles - 3 marzo 2013...segno dei tempi



Scrivo questo post con grande ritardo rispetto agli eventi narrati, ma sono state settimane molto intense lavorativamente parlando, con vari pensieri, diffusa stanchezza e di rado voglia di sedermi al pc e scrivere qualcosa di sensato.

Questa gara, la Tempest 10 Miles, rappresenta un appuntamento per me ormai fisso da quando mi sono trasferito in suolo inglese. E’stata infatti la prima gara “seria” corsa in questa Nazione nel lontano marzo del 2011 e da allora non ho perso un’edizione, vivendo con una certa fierezza la ricorrenza dell’occasione.

La Tempest prende il via da un ex aeroporto della RAF, oggi utilizzato soprattutto come set cinematografico e come set di vari programmi televisivi di stuntman per prove di spericolatezza al volante . Come ogni anno, il clima è freddo ma l’organizzazione di gara impeccabile, con decine e decine di marshalls disseminati lungo il tracciato e sempre pronti a regalare un applauso od un sorriso a noi podisti.

Ai nastri di partenza si presenta uno sparuto gruppo per la gara di 10 miglia (circa 250 persone) ed un ben più numeroso esercito di eroi che gareggiano sulla distanza di 20 miglia (circa 750 anime).

Il tracciato di questa gara inizia con un bel tratto pianeggiante di circa 4 km all’interno dell’aeroporto (sulle pista di decollo e atterraggio) dopo il quale si lascia l’ex base e ci si addentra nella campagna circostante per oltre 11 km di saliscendi molto muscolari e tecnicamente impegnativi, fra fattorie e cottage tipicissimi.

Lo spirito pre-partenza è quello rilassato del tapascione che non ha troppo da chiedere alla gara, anomala nella distanza (10 miglia, ovvero 16 km) e capitata in pieno carico di preparazione alla mezzamaratona del 16 marzo. Il coach, da anziano esperto che conosce i suoi polli, mi aveva intimato di affrontare la Tempest 10 come si affronterebbe un buon allenamento “spinto”, da correre alla media di 3’55-4’00/km senza strafare e ricordando che appena tre giorni prima avevo fatto il massacrante 4x3000 mt in pista. Insomma, vivere il bel clima della domenica mattina ai nastri di partenza senza però stancarsi né soffrire, questo deve essere il mio motto. Devo ammettere che, unito a delle previsioni meteorologiche fantastiche (nuvoloso, 3 gradi alla partenza e vento debole!!), tale approccio mi ha dato enorme serenità nell’affrontare la sveglia alle 6.15 del mattino di gara

Area registrazione

Hangar adibito a stand Mizuno e a tavola calda

Fin dall’arrivo noto un’organizzazione impeccabile, con numerosi volontari a dirigere e a smistare verso i vari parcheggi il flusso di auto con ordine puntiglioso e meticolosissimo. In zona “registration” noto quest’anno che un hangar dell’aeroporto è stato adibito ad area stand della Mizuno e di altre marche sportive, oltre che a punto ristoro per chi accompagna i podisti e vuole riscaldarsi con qualche cibo o bevanda calda. I bagni chimici, miraggio di ogni podista che si rispetti, sono numerosissimi e la fila più che accettabile, la gente sembra allegra ed io mi concedo 3 km di riscaldamento prima di posizionarmi nelle prime file per la partenza.

A due passi dalla partenza (notare la manica a vento piatta!)

Come detto, i primi 3-4 km si corrono all’interno dell’aeroporto calcando l’asfalto della pista di rullaggio/decollo/atterraggio di quella che è stata un tempo una trafficata ed importante base della Royal Air Force britannica. Vedo subito prendere la testa il vincitore finale della gara dei 32 km, seguito da un atleta dall’inconfondible canottiera arancione del Woking AC (la società per cui sono tesserato anche io, oltre alla Lazio Runners Team ovviamente) e da altri 7-8 baldi podisti. Dietro di noi oltre 750 atleti (e meno atleti) che formano un lungo, allegro e colorito serpentone in questa nuvolosa domenica di marzo.
Approfittando del tracciato inizialmente pianeggiante, imposto il pilota automatico ed entro in modalità risparmio energetico chiudendo i primi 4 km rispettivamente a 3’44, 3’50, 3’52 e 3’56, prima di affrontare un primo strappo di 300 metri di ripida salita appena lasciato il sedime aeroportuale.

Quinto km chiuso a 3’57, con parziale sui 5000 mt di 19’07, anche troppo veloce rispetto alle disposizioni della vigilia ricevute dal coach, ma perfettamente in linea con la voglia di andare in scioltezza, seguendo solamente le sensazioni del fisico e non guardando molto il gps al polso. Dopo 500 metri di discesa, dal km 5.3 inizia una arrampicata di quasi due chilometri, che decido di affrontare in buona spinta e senza frenare eccessivamente “la gamba”. Sesto km 3’46, settimo 3’50, ottavo 3’55. Da qui inizia una discesona di pari lunghezza che mi fa registrare un nono km a 3’44 ed un decimo a 3’41. Parziale ai 10000 mt di 38’03, dunque in split negativo rispetto ai primi 5 km di 11 secondi, non male se si considera la natura assai muscolare del tracciato proprio dal km 5 al km 10.

Intorno a due terzi di gara trovo un obiettivo stimolante che mi accompagnerà fino al traguardo: si tratta di un avversario, fino al km 11 (chiuso a 3’50) ben distante da me, ma che gradualmente e lentamente riprendo fino a tallonare intorno al km 12 (3’44). Si tratta del classico esempio di podista M45, forse anche M50, in eccellente forma, con grande tecnica di corsa, leggerezza ed elasticità nei movimenti, un evidente tapascione doc che assomiglia ad un incrocio fra il giornalista ed europarlamentare David Sassoli ed il saltatore triplo Jonathan Edwards! La lepre maledetta, dalla chioma imbiancata per gli anni, sembra andare molto speditamente e per lunghi tratti di gara accorcio il distacco in salita ma perdo il contatto nelle discese. Il km 13, causa anche una salitona di oltre 300 metri, si chiude a 3’55 ma con una incoraggiante riduzione del gap che mi separa dal podista esperto che mi precede (15-20 metri). Memore del monito del coach, non attacco ma lascio fare il passo a lui, che sicuramente mi sente alle calcagna ed è in una situazione psicologica di inferiorità. Al km 14 (3’44) la strada si fa meno ondulata ed io ormai sono a una manciata di secondi dall’inseguitore, davanti a lui un manipolo di due podisti staccati un centinaio di metri, preceduti a loro volta dal ragazzo dalla canottiera arancione di altri 30’’. Al km 14.5, quando l’aeroporto è già in vista, decido di rompere gli indugi, affiancare, fare i complimenti al canuto tapascione ed ingranare una marcia più veloce, giusto per non farmi riprendere e per lasciarmelo alle spalle. Il km 15 (3’46) sarà il preludio alla grande progressione finale, con ingresso ed ultimi 500-600 metri sul rettilineo della pista di decollo e buon ultimo 1000 a 3’25

Terminerò quarto assoluto della gara di 16 km (precisissimi al mio GPS), con un ottimo tempo di 1h00’26, cinque minuti in meno del tempo di 12 mesi prima e dieci minuti in meno di quanto fatto registrare 24 mesi prima.

Resta un’ottima sensazione di forma, in una gara chiusa a 3’47/km di media senza il minimo affanno, quasi in scioltezza e senza faticare. Se avessi avuto velleità competitive, avrei potuto giocarmi tranquillamente il podio e tallonare fin da metà gara i due davanti a me, che mi hanno preceduto di una trentina di secondi arrivando però al traguardo agonizzanti e, almeno uno dei due,  con nausea e vomito sul pratone subito dopo l’arrivo!
Per me un ottimo test in vista della piacevolissima sgambata in suolo italico, prevista per il 10 marzo alla Correndo nei Giardini - pianeggiante corsa di 10 km sul litorale a nord di Roma- e soprattutto in chiave preparazione alla mezzamaratona di Eton fissata per sabato 16 marzo, vero obiettivo di questa prima fase di stagione podistica.

In questa domenica alle mie latitudini fredda ed invernale, il vero ed unico trionfatore è mio fratello Luigi che, alla partecipatissima e soleggiatissima Roma-Ostia, ha per la prima volta in vita sua corso e completato una mezzamaratona, dimostrando con grande grinta che la forza di volontà stra-paga e spesso dà enormi soddisfazioni. Il solo effetto collaterale di un terzo fratello podista è che ormai è diventato più fissato di me e del coach e non passa giorno senza che non chieda di allenamenti, ripetute, scarpe A3, A2, etc.etc.
Insomma, il coach Luca ha creato due mostri, quindi due persone a sua immagine e somiglianza!

Viva le gare in suolo inglese che mi ricordano il tempo passato in questa terra!

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