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Monday 30 September 2013

Estate podistica: TRI IS MEGL CHE UAN: Arenzano + Caracalla + Oslo

Riprendo ad aggiornare il blog dopo parecchie settimane, al termine di fantastiche e vitali vacanze estive e con l’attesa delle imminenti, grandi, direi esiziali, sfide podistiche che nei prossimi due mesi sapranno dirmi se sono all’altezza o meno di correre la mia prima maratona (42195 metri).
Queste sono le Cinque Terre...immaginerete la tristezza al momento di partire

 Le mie ferie sono iniziate il 30 agosto, giorno stesso in cui ho deciso per la prima volta di effettuare un allenamento molto duro presso l’unica pista di atletica della cittadina di Fiumicino, il famoso campo sportivo Cetorelli, impianto dominato dalla fastidiosa ed incivile presenza delle squadre di calcio ma alla quale il gagliardo Giorgio – dirigente dell’Atletica Villa Guglielmi e vero e proprio “re della Villa”- mi permetterà di accedere, dimostrando estrema gentilezza e disponibilità.
Il 31 agosto parto insieme a Cinzia per le Cinque Terre, luogo fantastico, meta ideale di escursioni a piedi impegnative e dai panorami mozzafiato, accogliente terra di turismo, di cultura e di specialità enogastronomiche che ancora sogno.
“Casualmente” la base logistica di questa vacanza è a 300 metri dall’eccellente stadio di atletica Moltedi, nel bel paese di Levanto, il cui responsabile del settore atletica era stato strategicamente contattato prima della partenza per conoscere orari e modalità di accesso alla pista.



Anche in vacanza si trova una pista di atletica

Levanto, peraltro, oltre ad un incantevole lungomare, offre un’eccellente e pianeggiante pista ciclopedonale di 5 km che ricalca il tracciato dei binari della vecchia linea ferroviaria, riadattato in maniera lungimirante a sentiero podistico/ciclistico suggestivo e trafficato, fra scenari mozzafiato lungo il mare e gallerie che riparano da vento ed eventuali intemperie.
Scorcio della fantastica ciclopedonale Levanto-Framura-Bonassola, ideale per correre

Questo lo scenario che si presenta -per 5 km- agli occhi di chi corre sulla ciclopedonale
Le ragioni di questa premessa erano per dire che, oltre alle grandi mangiate, alle fantastiche colazioni in giardino, alle scarpinate di trekking, ai bagni in un mare fantastico, la vacanza è stata anche sportiva. Grazie alle potenti ricerche effettuate dalla mia paziente (santa subito) compagna di viaggio, decido peraltro di iscrivermi alla affascinante mezzamaratona di Arenzano, località balneare a circa 30 km a ovest di Genova, prevista per venerdì 6 settembre alle 18.30. L’idea di una mezzamaratona in piena vacanza ligure, peraltro, si è resa “necessaria” in seguito all’infame rinvio della data della Mezzamaratona di Vico (Viterbo), spostata con mio sommo disappunto dall’8 settembre alla fine di ottobre!

Mezzamaratona di Arenzano (GE), 6 settembre 2013:
Preparativi pre-gara
Massima attenzione ai lacci delle scarpe
Arrivo a questo appuntamento, dicevo, in pieno spirito balneare-vacanziero e dopo avere trascorso una mattinata a bordo di un trimarano per una splendida gita al largo di Sestri Levante, località che dà il titolo ad una delle più belle canzoni di Vecchioni che da mesi ascolto e riascolto nel tragitto casa-ufficio.

Qualche ora prima della mezzamaratona, a bordo del trimarano. Mi dicevo: "ma chi me lo fa fare di correre stasera?"
La mezza di Arenzano è evento piuttosto sentito e partecipato. La gara si snoda sul tracciato ciclabile che, costeggiando il mare, dalla stessa località porta a Varazze (e ritorno). Particolarità della manifestazione è senz’altro la premiazione, con ospite d’onore il glorioso olimpionico ed ex maratoneta Gelindo Bordin, oggi direttore immagine Diadora, sponsor ufficiale della corsa.
Il coach, dal continente nero, mi invitava a cogliere questa occasione per effettuare un buon allenamento in vista della mezzamaratona di Oslo, prevista dopo 3 settimane. Il piano era semplice: percorrere i primi 5-6 km a ritmo lento (4’20-4’25) e gli ultimi 15-16 km a ritmo gara (3’45). La realtà andrà diversamente dalle aspettative, con i primi 5 km più veloci del previsto e gli ultimi 16 più lenti.
Prima dello start, vengo immortalato dalla mia fotografa preferita (e personale) in mille pose: da quando mi allaccio le scarpe a quando sono in fila per andare al bagno...Non sono abituato a tutte queste attenzioni  ;-)
La temperatura alla partenza è piuttosto alta per uno come me, ormai abituato a correre con climi nordici: alle 18.30, infatti, il termometro dice inesorabilmente 27 gradi. A rendere la corsa ancora più afosa è peraltro l’umidità elevatissima e la totale assenza di vento.
Si parte!
Inizio un blando riscaldamento e, dopo essermi schierato in zona partenza, faccio subito amicizia con due ragazzi dall’evidente e rumoroso accento romano.
La partenza arriva con 10’ di ritardo sul programma previsto a causa di un incidente (ahimé mortale) lungo un tratto del tracciato. Intorno a me osservo circa 700 podisti felici, abbronzati e ubriachi del fantastico sole italico che in Inghilterra posso solamente sognarmi. Mi godo il paesaggio, il mare è calmo, cerco di contenere la tentazione di alzare il ritmo fin da subito, vedo molte persone fare il tifo dietro le transenne in zona partenza, sto bene e mi sento tranquillissimo.
Percorro i primi 5 chilometri a circa 4’20 di media, si suda parecchio, ma per una volta tanto è piacevolissimo gareggiare senza l’ossessione del ritmo competitivo. Al quinto comincia un’altra storia, accelero improvvisamente e, per 16 chilometri ininterrotti, sarò io a superare podisti che avevano evidentemente impostato una gara ad un ritmo di 4’15/km.
Il tracciato si snoda fra scenari mozzafiato a picco sul mare e gallerie che ospitavano un tempon la linea ferroviaria costiera: ci sono alcuni rallentamenti, con cambi di direzione e piccole salite-strappetti. Io lascio andare la gamba, ho molto caldo ma non mi fermo mai per il rifornimento, come da mia consuetudine.
Al km 10.5 si giunge a Varazze e si effettua un vero e proprio giro di boa (di birillo) con inversione del senso di marcia di 180 gradi e rientro verso Arenzano. Bello vedere in senso inverso gli alteti professionisti keniani volare come gazzelle, magrissimi e certo all’apparenza non proprio il ritratto della salute. Li applaudo ed incito, sono leggerissimi e sembrano non faticare.
Verso il km 16 punto un atleta di colore, non certo keniano J ,che è avanti di un centinaio di metri e che sembra accelerare quando sente il mio approssimarsi. Proprio nel momento di massima progressione, sento arrivare delle forti palpitazioni che-a dire il vero- mi erano già capitate in occasione dell’allenamento a Fiumicino qualche giorno prima: penso si tratti di eccesso di caffeina e di poche ore dormite (si sa, la vacanza stanca!). Insomma, per non crepare di qualche cardiopatia, sono costretto a decelerare e ad attestarmi al blando ritmo di 4’/km.  Dopo qualche minuto, tuttavia, riesco a recuperare il neretto davanti a me e a superarlo senza troppe difficoltà. Le palpitazioni sembrano rientrare ed io posso chiudere in bellezza il km 20 a 3’45 ed il km 21 addirittura in 3’24.
Per essere un allenamento, sono molto soddisfatto, tempo finale 1h24’20 (media 3’59/km), giungo addirittura ventiduesimo su 698 atleti arrivati al traguardo. Direi buona  gara, sofferta solamente per le condizioni meteorologiche e per il clima caldo-umido cui non sono abituato. Il ritmo previsto dal coach prima della partenza è stato inesorabilmente trascurato, ma sono in vacanza e con quell’afa penso di avere fatto bene.

Provato, disidratato ma soddisfatto a fine gara

Dovrei magari iniziare a dormire di più e a bere meno caffè, ma questo è un altro discorso.
La corsa si conclude con un’eccellente e pantagruelica cena in “bella compagnia” ad Arenzano, seguita da 100 km di stanchissima e assonnata guida per tornare nelle fantastiche Cinque Terre, ascoltando “Sestri Levante” di Vecchioni e pensando alla grande soddisfazione di avere corso una bella e suggestiva gara anche in questa parte d’Italia. Grazie ancora alla pazientissima Cinzia, che non solo ha capito la mia grande delusione per il rinvio della mezzamaratona di Vico, ma ha cercato, scoperto e trovato questa meravigliosa gara in terra ligure che non dimenticherò mai!

Staffetta 12x1h, Terme di Caracalla, Roma, 14 settembre 2013:
Rientrato dalla settimana alla Cinque Terre, decido di non rattristarmi ma di pensare solo a godermi appieno il resto dei giorni di ferie a casa. Già, casa dolce casa, sempre e comunque! Sembrerà banale ma non trovo nulla di più vero per descrivere la sensazione di chi vive il resto dell’anno fuori e lontano dalle comodità e dall’habitat naturale e poi si ritrova ad apprezzare ogni singolo istante e dettaglio vissuto nella propria terra.

Sole!

Giunge nei giorni successivi al rientro dalle Cinque Terre una mail da parte della segreteria Lazio Runners che esorta gli atleti – chiamati all’appello con regio decreto del presidentissimo Enzo -  ad iscriversi alla famosa staffetta 12x1h, manifestazione storica romana che si tiene all’interno del suggestivo stadio d’atletica di Caracalla e che vede la presenza di 70 squadre, ognuna delle quali formata da 12 staffettisti che, a partire dalle 8 del mattino, si succedono ogni ora sulla gloriosa pista dell’impianto. Il tutto, ovviamente, con tanto di testimone, che si deve passare da podista a podista al cambio di turno,  e di chip cronometrico TDS per misurare la distanza esatta percorsa al termine della frazione. Vince, come si intuisce, la squadra che totalizza il maggiore numero di chilometri totali sommando la distanza dei dodici frazionisti.
Scrupolosa preparazione pre-gara

A colloquio con il Presidentissimo

Sensibile al monito-invito del presidentissimo, decido di onorare i colori della squadra e di iscrivermi a questa staffetta: le disposizoni del coach dal Continente nero indicavano di farla come allenamento, più segnatamente di correre 4x3000 mt RG (3’45) con recupero di 1000 mt FL (4’20-4’25) al termine di ogni serie.
Mi sembra l’occasione giusta per unire l’utile dell’allenamento di qualità al dilettevole del rivedere il presidentissimo Enzo, gagliardamente a veglia del gazebus Lazio Runners, Giampiero, grande compagno di trasferte internazionali e Stefano, altro atleta biancoceleste con il quale vorrei correre gran parte della maratona di Firenze a fine novembre.
ll bel sole romano mi accoglie all’arrivo nello splendido scenario di Caracalla e penso subito a quanto pagherebbe un podista inglese per poter correre in un posto storicamente ed artisticamente tanto importante. Penso al patrimonio unico che abbiamo in casa e che, ahimé, riusciamo a sprecare o a trascurare nel modo più indecente e odioso.
Il mio turno di staffetta va dalle ore 10 alle 11, anche oggi fa caldo (siamo oltre i 25 gradi), mi godo il luogo, i tantissimi podisti tapascioni che hanno risposto presente all’appello delle rispettive società,  saluto il presidentissimo Enzo, cui Cinzia offre una deliziosa torta di mele fatta in casa, e noto subito tutti gli atleti della squadra dei Bancari Romani (la più numerosa per iscritti in Italia) indossare una maglia con la scritta “Forza Andrea”. Come ho tristemente appreso appena rientrato dalle Cinque Terre, infatti, il fortissimo ultracinquantenne atleta dei Bancari Andrea Moccia -  pilastro del podismo romano, esempio di classe e di talento unici ed oggetto di un mio post qualche me se fa – è stato investito da un camion in zona Ponte Marconi a Roma qualche giorno prima della staffetta, mentre si allenava all’alba come di consueto. La notizia di Andrea, che da oltre tre settimane lotta fra la vita e la morte in terapia intensiva e coma farmacologico, è stata un vero e proprio shock per tutta la comunità podistica laziale e per il sottoscritto. A lui, dal mio esilio lontano, auguro un recupero completo ed una guarigione rapida.
La 12x1h, dicevo, viene da me interpretata come buon allenamento: effettuo i 4x3000 mt poco sopra al ritmo gara (3’48/km di media) ed i recuperi di 1000 mt a circa 4’17/km.  La pista è affollata, i sorpassi sono continui e ripetuti (delle circa 70 persone, risulterò il quarto), il caldo è in aumento e soprattutto, dopo 53 minuti di corsa, il solito, acuto e fortissimo dolore mi colpisce inesorabilmente nella zona addominale destra, impedendomi di effettuare quella progressione che so di avere nelle gambe e nel fiato. Peccato davvero perché questo dolore mi impone un finale forzatamente controllato.
Cchiudo l’ora con 15373 metri percorsi (media 3’54/km) al mio attivo e qualche pensiero in vista della mezzamaratona di Oslo, prevista dopo appena una settimana, che potrebbe essere funestata proprio da questo maledetto fastidio.
Immortalato al termine della mia faticata

Soddisfatto...

...e sudatissimo

Dopo suggerimento qualificatissimo e premurosissimo della mia fotografa e pasticciera ufficiale al seguito, chiudo la splendida mattinata di sport con una eccellente coppa gelato presso la vicina e famosa pasticceria Cristalli di Zucchero, zona Circo Massimo, giusto per non pensare a questo dolore e per evitare improbabili cali di zucchero J
Esci dallo stadio di gara e guarda dove ti trovi

Torniamo in zona gara e saluto con piacere Giampiero, che rivedrò ad Oslo di lì a una settimana, e Stefano, reduce da varie gare di triathlon ed all’inizio della preparazione alla maratona di Firenze di fine novembre.

Mezzamaratona di Oslo, 21 settembre 2013:
La resa dei conti degli ultimi due mesi di duro allenamento arriva in occasione della tanto attesa mezzamaratona di Oslo, gara chiave in vista di Firenze ed evento al quale partecipo con spirito gagliardo e motivato.
Ecco i nostri quattro moschettieri!

 Lo scenario dell’ennesima, gloriosa e memorabile trasferta estera Lazio Runners (World) Team è questa volta rappresentato dalla terra di Norvegia. Gli eroi protagonisti della campagna scandinava sono i biancocelesti Giampiero Rea (detto il “vichingo TDS”), suo fratello Fabio (il “vichingo pie’ veloce”), Marco Iampiconi (il “vichingo saggio”) ed il sottoscritto (il “vichingo addolorato”), accompagnati, supportati e sopportati dalla paziente Angelica.
I nostri gagliardi condottieri affrontano la mezzamaratona di Oslo con la speranza di trovare un tracciato di gara pianeggiante e scorrevole, come pubblicizzato sul sito ufficiale della manifestazione al momento dell’iscrizione. Tale illusione, tuttavia, si infrangerà impietosamente dopo il primo sopralluogo, effettuato dai Rea brothers con Marco e Angelica il giovedì sera. A palesarsi al loro cospetto saranno infatti saliscendi continui, tratti con beffardi sampietrini, un percorso che si annuncia insomma nervoso e che dà subito la spiacevole impressione di non potersi considerare ideale per ambire alla grande performance cronometrica.
Va peraltro precisato che i nostri quattro erano giunti nella capitale norvegese con aspettative molto diverse: Giampiero, ormai in inarrestabile recupero, dopo i due mesi di stop dovuti al brutto infortunio alla caviglia dello scorso maggio, puntava ad un tempo sotto 1h40; Marco, che asserisce di allenarsi solo una volta a settimana (ma che è visibilmente troppo in forma per essere creduto dal resto della ciurma), con serenità dichiarava di voler correre sui tempi di Giampiero; Fabio, il nostro top runner, veniva da un periodo di dieci giorni di stop forzato, cure di ghiaccio ed anti-infiammatori per neutralizzare un forte fastidio al tendine di Achille. Infine resto io, che ad aprile ho demolito la barriera degli 80 minuti sulla distanza della mezzamaratona e che, considerata la puntigliosa preparazione (anche nel corso delle ferie estive) e le buone sensazioni degli ultimi tempi, dovevo quantomeno confermare il PB di 1h19’44’’ di Pedagnalonga della scorsa primavera.
Sopra le nostre teste, grazie alla tecnologia moderna, aleggiava l’ombra del coach Luca che, dal Continente Nero, non faceva mancare il consueto incoraggiamento pre-gara ed i consigli tattici su come gestire la corsa senza schiattare.
Tornando alla cronaca, giungo ad Oslo venerdì 20 settembre pomeriggio, direttamente da Londra: trovo un clima fresco (7-8 gradi), un cielo sereno e la calorosa accoglienza degli altri quattro avventurieri, giunti nella capitale norvegese il giorno precedente e già perfettamente calati nel ruolo di turisti, presi fra visite a musei caratteristici, passeggiate per il bel centro e pellegrinaggi al meraviglioso parco di Vigenland.
Come consuetudine e condizione imperativa da sempre posta dai Rea brothers, la cena della vigilia di gara anche questa volta è all’insegna della cucina italiana.  Passeggiando per le vie del centro città, fra interessanti scorci architettonici ed il fantastico colpo d’occhio della passeggiata lungo il fiordo, i nostri eroi decidono di optare per un ristorante italiano chiamato Prima Fila, il cui pur ottimo cibo risulterà in qualche modo indigesto al momento dell’arrivo del salatissimo conto. Per rendere l’idea, una bottiglia da mezzo litro di Acqua San Pellegrino ci costa quasi 8 euro...No comment!
Rapine a parte, peraltro prevedibili in una città tanto ricca, la vigilia di gara trascorre liscia e con i nostri atleti diligentemente in stanza prima delle 23h30.
La sveglia del grande giorno (sabato 21 settembre) è caratterizzata da un cielo sereno e da una temperatura gradevole di 10 gradi, con un vento debole: le condizioni per correre sono ideali e nessuno potrà trovare alcuna scusante di ordine meteorologico per una eventuale prestazione sottotono.
La mezzamaratona inizia alle 13h20, quindi i nostri eroi, dopo una pantagruelica colazione (io mi concedo addirittura abbondanti quantità di salmone, che adoro), hanno tutto il tempo di godersi -da spettatori-  i passaggi degli atleti della maratona, che si snoda su un tracciato in larga parte coincidente con quello della mezza e la cui partenza era avvenuta nelle prime ore del mattino.
Circa cinquanta minuti prima dello start, l’aria è tersa ed il sole inizia a riscaldare i vichinghi muscoli dei nostri quattro eroi che, dopo la foto di rito in rigorosa tenuta biancoceleste, si concedono un breve riscaldamento e si schierano all’interno delle rispettive griglie di partenza.
A pochi minuti dalla partenza in una soleggiata Oslo
Noto con estremo piacere un Fabio motivatissimo, che spavaldamente si posiziona in prima fila, fra atleti eritrei e professionisti keniani: un ottimo segnale che dimostra convinzione e tanta voglia di lasciarsi alle spalle la tendinite delle ultime settimane.
L’evento richiama quasi 22.000 persone, 10.000 delle quali iscritte alla mezzamaratona.  Si parte dall’ampio viale che separa il suggestivo fiordo cittadino dal maestoso municipio al cui interno, ogni anno a dicembre, si tiene la sontuosa cerimonia di consegna dei premi Nobel.
Il colpo d’occhio sul fiume di folla prima dello start è fantastico, la città tutta sembra essersi mobilitata, l’emozione pre-gara invade noi podisti, il sole sembra benedire l’intero evento. Tre, due, uno: si parte!
Si comincia con una impegnativa salita di circa 500 metri che non si sente all’inizio, quando si è freschi e pieni di sacro furore, ma che inesorabilmente presenterà il conto nel prosieguo di gara. Correndo fra migliaia di biondi atleti nordici, il pubblico sembra apprezzare la diversità dei nostri colori (e tratti somatici) e in vari punti del tracciato si sentono scandinave incitazioni di sostegno che recitano così: “ahe ahe Lazio”, “ehe ehe Lazio”,  “ole ole Italia”. Insomma, le tinte biancoazzurre sembrano essere particolarmente apprezzate a queste latitudini , il che inorgoglisce e dà ulteriore carica a noi tutti.
Il tracciato, come dicevo, risulta molto nervoso: i saliscendi e gli strappi sono continui e non permettono di impostare un ritmo di gara regolare. Personalmente, poi, dal quinto chilometro inizio a sentire un fastidioso dolore addominale che, ahimé, mi porto dietro ormai da tempo e del quale nessun medico inglese è riuscito finora a capire molto. L’incubo che si è affacciato nel finale della corsa di Caracalla adesso si ripresenta per larga parte di gara, mentalmente parto con questo handicap e, giocoforza, non tiro come vorrei.
Fino al decimo chilometro (37’36) le gambe girano bene, anche se la postura viene inevitabilmente alterata dal dolore menzionato. Al tredicesimo si attraversa la zona portuale-cargo della città, forse la meno suggestiva di tutta la gara, il tracciato a tratti si presenta sconnesso e addirittura sterrato, ma senza accorgermene constato con piacere una inaspettata brillante condizione nelle salite. Cerco di non pensare al dolore fastidioso che da quasi 10 km non mi dà tregua e tiro dritto.
Al quindicesimo chilometro arriva la vera svolta di gara: una salita spezzagambe di oltre 900 metri mette a dura prova il morale di chi, fino a quel momento, aveva cercato di mantenere un ritmo elevato malgrado i numerosi saliscendi. Decido di aggredire la dura salita e lascio alle mie spalle uno sparuto gruppetto di cinque gagliardi podisti nordici. Giungo in vetta e sembro la versione podistica di Reinhold Messner dopo la scalata  dell’Everest.  Km 16 chiuso a 4’02. Tuttavia, con sommo dispiacere, constato subito di avere esagerato ed il dolore addominale si fa insostenibile e si estende a tutto il fianco destro. Al km 17, in parziale discesa, purtroppo, non posso che contenere il ritmo (3’45), ma ormai ho dovuto abbandonare la mia velocità di crociera (3’45 al km) ed ogni sogno di gloria.
Qualche minuto prima del fatidico “gran premio della montagna” incrocio Giampiero e Marco in direzione opposta al mio senso di marcia. Vedendomi scuro in volto, mi inviano un sonoro incoraggiamento: devo ammettere che per me questo gesto di solidarietà vale quanto il cinque che si sono scambiate la grandissima Valeria Straneo e la compagna di squadra di nazionale Emma Quaglia durante la recente maratona mondiale femminile di Mosca.
Al chilometro 18.5 un’altra salita di circa 900 metri sembra prendersi beffardamente gioco di noi podisti tutti e, malgrado l’incoraggiamento della folla sempre più chiassosa, provo un certo sconforto nel non poter lasciarmi andare in una progressione finale che so benissimo di avere nelle gambe. Km 19 chiuso in 4’02 e km 20 in 3’54.  Decido semplicemente di godermi il colpo d’occhio, quasi da spettatore turista, con il piacere di vivere una bella giornata di sole sotto il cielo norvegese.
Una volta entrati nel rettilineo finale, circondati da migliaia di spettatori, gli atleti vengono immortalati per qualche secondo dalle telecamere e, come in un finale olimpico, compaiono sul maxischermo posizionato proprio davanti all’edificio che ospita la cerimonia di consegna del premio Nobel per la pace. Un gran bel momento di gloria, che mi fa chiudere il km 21 con un onorevole (viste le condizioni) 3’42.
Discreto finale, battuto il 345 di un secondo! La donna dietro corre la maratona

Chiudo la mia prova con un tempo soddisfacente (1h19’58, media 3'48), considerate le peripezie varie ed il percorso ondulato, 85mo assoluto.
Molto meglio delle aspettative fanno Marco (1h37’40), Giampiero (1h38’17) ed il nostro top runner Fabio (1h15’13), il quale è riuscito a sconfiggere la sfortuna e gli acciacchi delle ultime due settimane, portando in alto i colori della Lazio Runners Team con un piazzamento di assoluto valore (trentacinquesimo assoluto e, soprattutto, primo atleta italiano!).
Il fine settimana podistico termina con una cena presso un tipicissimo locale norvegese (stavolta bevendo acqua rigorosamente del rubinetto), fra inevitabili e diffusi acciacchi post-gara, sana e soddisfatta stanchezza, racconti iperbolici delle rispettive gesta vichinghe lungo i 21097 metri percorsi e sogni di gloria sulle future trasferte targate Lazio Runners Team.
Constato ancora una volta come il conviviale sodalizio biancoceleste sia sinonimo di valori autentici, semplici e positivi quali il piacere di ritrovarsi, di stare insieme, di condividere una trasferta podistica, faticare, sudare, correre e trascorrere piacevoli ore da turisti-podisti DOC.
Torno in Inghilterra con tanti bei ricordi e con la speranza di poter ritrovare presto e salutare di persona molti compagni di squadra LRT...magari in occasione delle prossime gare in suolo italico cui parteciperò con il consueto entusiasmo (la 30 km del Mare a ottobre e la Maratona di Firenze a novembre).

 Evviva i podisti vacanzieri, evviva chi ha la pazienza di accompagnarli, evviva gli aspiranti maratoneti e, soprattutto, un grande ed immenso FORZA ANDREA!!!