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Sunday 29 June 2014

Richmond 10k - 22 giugno 2014 - inaspettato fiasco!



E’ sempre fastidioso parlare di un insuccesso podistico e questa gara, che nelle aspettative mie e del coach poteva rappresentare la ciliegina sulla torta di un 2014 finora ricco di soddisfazioni, si è alla fine rivelata un sostanziale e fragoroso fiasco.

L’obiettivo era quello di fare un grande tempo sui 10 km, distanza che storicamente tendo a sottovalutare e/o a soffrire oltre il normale. Per grande tempo, in condizioni climatiche favorevoli e su tracciato veloce e pianeggiante, intendo un “under 36’ ”, soglia sotto la quale sono andato solamente una volta nell’ormai lontanissimo gennaio 2013 (35’45) e obiettivo che il coach ritiene essere assolutamente alla mia portata in ogni gara di 10 km, purché preparata con un minimo di attenzione.

Va detto che giungevo all’appuntamento dopo avere fatto tutti i “compiti a casa” nelle settimane precedenti di preparazione e dopo avere corso una gara di 10 km sette giorni prima a 3’42/km senza neanche faticare, in scioltezza e quasi senza sudare.

Premesse a parte, mi presento in zona partenza di questa “Richmond 10k” dopo avere parcheggiato la macchina a due passi dal Tamigi, vicino allo stadio del rugby di Twickenham, vero e proprio luogo di pellegrinaggio per gli amanti di tale nobile disciplina sportiva. 
E’ domenica, mi sono svegliato alle 6, ho fatto la mia consueta colazione, c’è un maestoso sole, non vedo nuvole, non tira vento. Il meteo della vigilia aveva predetto 20 gradi fra le ore 8 e le ore 10. Clima, in definitiva ed in teoria, adatto ad una corsa di 10 km.

Peraltro, ad aggiungere ulteriore pepe e motivazioni alla sfida, è anche la presenza di 10-12 atleti della mia squadra inglese (il Woking Athletic Club), oltre al livello di gara piuttosto elevato (lo scorso anno il vincitore ha chiuso in 30’50) che scongiura qualsiasi rischio di non trovare un buon treno di podisti cui accordarmi per tenere un ritmo vivace.

Fatte tutte le dovute premesse, posso procedere alla cronaca dei fatti.

Se il buon giorno si vede dal mattino...
Il riscaldamento raramente rappresenta un indicatore attendibile della condizione di un podista, almeno non per me.
In allenamento,  quando inizio a corricchiare per i consueti  10-15’ di “warm up”, il 90% delle volte mi ritrovo a dubitare seriamente circa le possibilità di portare a termine il lavoro di qualità previsto, ma il 99% delle volte le cattive impressioni vengono spazzate via e si rivelano infondate.
Stavolta, invece, le pessime sensazioni pre-gara si riveleranno fondatissime e rispecchieranno il mio stato di assoluta debolezza. 

Nei due chilometri di riscaldamento “al trotto”, infatti, noto subito gambe pesantissime, una spossatezza diffusa, sudo parecchio, il sole picchia sulla testa a picco e mi rintrona, ho caldo, anche i semplici allunghi diventato un’impresa titanica. Così non va.

Dopo essermi bagnato 3 volte la testa ed aver salutato i compagni di squadra del Woking AC, mi avvio alla zona start e scopro con disappunto che la massa di circa 500 podisti ha già occupato tutta la zona del rettilineo (150 metri su erba), il che significa che dovrò districarmi non poco per non partire dalle retrovie.

La gara
Alle 9 la partenza viene data con perfetta puntualità, io arranco fra centinaia di gambe, subito dopo il pratone della partenza si giunge ad una strettoia, a tratti rallento vistosamente ma non demordo.


Fra slalom, accelerazioni, brusche frenate e cambi di direzione, riesco non so come a chiudere il primo chilometro ad un ritmo più lento del previsto ma ancora accettabile (3’38). Da lì al traguardo, tuttavia, solamente luce spenta e black out totale.

Poco prima del secondo km (3’41), il serpentone di podisti si incanala su un sentiero lungo il Tamigi che, seppur asfaltato e pianeggiante, non consente vie di fuga laterali (rovi  e cespugli a sinistra, fiume a destra), quasi fosse un restringimento da quattro ad un carreggiata sul Grande Raccordo Anulare in orario di punta: una vera e propria tonnara.

Sono imbottigliato e da lì decido di arrendermi senza neanche salvare la faccia, un po’ per la fiacca che non permette alle gambe di girare ed un po’ per la frustrazione dovuta al traffico insormontabile.

Dopo oltre un km su questo demenziale tratto lungo il Tamigi, largo non più di 1.5 metri, si fa una inversione di marcia, curva a 180 gradi e terzo chilometro balneare-vacanziero (3’46). Si ripete il giro lungo la strettoia a bordo Tamigi ed i parziali dal quarto all’ottavo chilometro  (3’43, 3’45, 3’47, 3’49, 3’46) sono la dimostrazione del fatto che sto correndo solamente per arrivare al traguardo e togliermi di mezzo questa corsa disastrosa.

Dal terzo chilometro le gambe non sono più alimentate dal carburante della motivazione , ho molto caldo, lo speaker in partenza aveva parlato di 23 gradi, al sole saranno 26-27, decisamente troppi per me. 
Non sono scuse, ma se arranco anche per percorrere un solo chilometro a 3’40, come posso non imputare a qualche fattore esterno (come il caldo) il mio disastro odierno?

Solamente la vista alle mie spalle di un compagno di squadra (ultracinquantenne) mi darà un rigurgito di orgoglio che mi farà allungare nel finale, giusto per non essere superato.

Chiudo il nono ed il decimo chilometro rispettivamente a 3’41 ed a 3’35.

Da gps 10060 metri finali in 37’24, il peggiore risultato sulla distanza degli ultimi 12 mesi  (escluse le due sgambate sotto Natale corse in stato febbricitante e senza alcuno spirito agonistico).

La storia ricorda che anche nel giugno del 2013 simili, pessime sensazioni si erano palesate in occasione di una corsa di 10 km, sempre in riva al Tamigi. Forse non si tratta di una coincidenza e forse devo semplicemente imparare ad astenermi dal gareggiare da giugno a settembre.

And now?
Adesso pensieri, corpo, concentrazione e allenamenti sono tutti rivolti alla maratona di Berlino del 28 settembre.
Bisogna scrollarsi di dosso la negatività di questa stupida Richmond 10k, prendersi 3-4 giorni di riposo e scarico mentale e ricominciare, dal 1 luglio, la prima delle tredici lunghissime e massacranti settimane di preparazione alla maratona.

Affronto l’appuntamento con grandi motivazioni ma anche con una brutta fascite plantare che, dallo scorso novembre, non mi ha praticamente mai dato tregua. So che aumentare il chilometraggio settimanale a 100-110 non farà per niente bene a questa fastidiosa infiammazione, ma ho tutta l’intenzione di provare e valutare in corso d’opera se il fisico mi permette di andare avanti come da previsioni.


Al momento, dunque, alcune incognite sono presenti ma anche la voglia di (ri)mettermi sotto con il massimo impegno e di fare il possibile (ed anche l’impossibile) per varcare il traguardo della Porta di Brandeburgo,  sottile confine fra una stagione gloriosa o un anno appena accettabile.

Sunday 15 June 2014

Staffetta 12x30' (Roma) e Clapham Common 10k (Londra): un giugno intenso!

Post rapidi per raccontare le ultime due gare cui ho preso parte negli ultimi 7 giorni:

Staffetta 12x30’ -  Stadio delle Terme di Caracalla, Roma, 7 giugno 2014:

Giungo a questo appuntamento podistico al termine di una splendida settimana in cui ho avuto l’onore, fra le altre cose, di assistere al debutto del coach in una massacrante gara di triathlon, disputatasi a Pescara in condizioni climatiche piuttosto critiche (mare mosso, correnti insidiose, caldo, vento molto forte).

Esordio del coach triatleta

Dopo quasi 2 km di nuoto in mare e 90 di bici, cosa c'è di meglio di 21.1 km di corsa?


Ho poi potuto scoprire e visitare posti meravigliosi nella splendida regione delle Marche. La basilica di Loreto lascia senza parole, Numana è una perla incastonata alle pendici del verdissimo Monte Conero, che si affaccia su un mare blu limpidissimo, Recanati mi ha rapito e Jesi produce un gran buon Verdicchio.

Tornando ai fatti podistici, la formazione di ben due squadre a staffetta Lazio Runners Team è stata da me patrocinata ed organizzata fra le inevitabili difficoltà del caso, prima fra tutte quella di coordinare ed accontentare orari, preferenze ed esigenze di ben 24 atleti!

Corsa molto partecipata, con un totale di quarantotto squadre, ognuna composta da dodici atleti. Non ci sono vincoli di genere, età, etc.etc. ma la sfida per il sottoscritto era proprio di riuscire a radunare 24 aquilotti, senza “prendere in prestito” atleti di altre squadre. Sfida vinta e alla grande.

Partenza del primo staffettista fissata alle ore 18 di un caldo sabato pomeriggio e arrivo dell’ultimo a mezzanotte. La mia frazione è quella delle ore 23, il coach invece parte alle 22.30.

Giungo allo Stadio Nando Martellini di Caracalla intorno alle ore 21, dopo un pranzo pantagruelico per il battesimo di una nipote. Sono appesantito come un bue e temo di sentirmi male in caso di condotta di gara “al di sopra delle righe”. 
Prima della partenza vado in bagno due volte, il che non rappresenta un segnale esattamente incoraggiante.

Allo Stadio, accompagnato dalla meravigliosa fotografa Cinzia, ritrovo con estremo piacere tanti compagni di squadra: Fabio e Giampiero, gloriosi compagni di trasferte; il presidentissimo Enzo, che troneggia sul gazebo LRT; Marco e Angelica, con cui ho condiviso la piacevole spedizione a Oslo; Stefano, che ha corso la stessa gara di triathlon di Pescara del coach sei giorni prima; Filippo, il nostro giovanissimo atleta-maratoneta, sempre gentile; il coach stesso che, proveniente dalla Sicilia, ho recuperato direttamente all’aeroporto di Fiumicino e condotto a Caracalla e che l’indomani ha in programma un’altra gara di triathlon sul lago di Bolsena (extraterrestre!). 

Coach che appare subito a tutti magrissimo, visti i dieci chili in meno rispetto a gennaio: impressionante e tiratissimo.
Parte dello squadrone

Della mia gara c’è poco da dire, parto allegro (3’21) e poi stabilizzo il ritmo ad un’andatura più agevole e prudente. Sento da bordo pista il coach incitarmi ed il tecnico della LRT, Mario, gridarmi i parziali dei 400 mt.

Temo, come detto, di risentire miseramente del pranzo luculliano e non conduco di certo una gara al 100%. Vado ad un ritmo sostenuto, certamente, ma senza mai rischiare di andare in debito di ossigeno.
In sorpasso




Alla fine concludo i miei onestissimi 30’ percorrendo 8335 metri, a una discreta media finale di 3’37/km, al termine di una bella giornata in famiglia prima (battesimo) e fra tanti amici podisti poi. 

Non è peraltro facile correre in pista con altri 47 atleti, 45 dei quali doppiati regolarmente, con inevitabili rallentamenti e/o aumento di chilometraggio.


Ore 23.30, stanco ma soddisfatto della fatica appena conclusa
Soprattutto è stata la serata del ritorno alle gare del grandissimo Fabio che, proprio dopo l’ultima trasferta insieme a Oslo lo scorso settembre, purtroppo è stato fermo ai box per un periodo lunghissimo, che solamente la sua pazienza, tenacia ed il suo equilibrio gli hanno permesso di affrontare e, si spera, di superare.


La nostra gloriosa squadra, tanto per la cronaca, giunge terza assoluta, senza avere fatto “campagna acquisti” di atleti esterni o semi-professionisti, come altri hanno fatto.

Clapham Common 10 km, Londra, 15 giugno 2014:

Tracciato di gara multilap

Vera e propria gara fuori programma, decisa nel giro di pochi minuti e all’ultimo minuto.

Il coach per lo stesso giorno mi aveva assegnato un medio di 8 km ed io, per non affrontare l’ennesimo allenamento in solitudine e/o in pista e forse per scacciare i fantasmi dell’ultimo 5x2000, miseramente fallito giovedì scorso fra spossatezza, caldo e tachicardia, decido di iscrivermi a questa 10 km.

Scenario dell’evento, stavolta, è il parco di Clapham, area verde dalla forma triangolare di 89 ettari, incastonata nel quadrante sud di Londra, teatro di numerosi eventi sportivi e festival musicali.

Arrivo sul posto dopo un breve viaggio in treno ed una passeggiata di 25’, reduce da poco più di cinque ore di sonno a causa della partita della Nazionale (peraltro contro l’Inghilterra). Certo, sono prevalentemente un podista, ma i mondiali di calcio in corso in Brasile ancora hanno il loro perché.

Tipico prato e tipico cielo inglese

Pioggerellina debole, 15 gradi, vento trascurabile. Mai stato così contento del clima inglese, oggi ideale per correre.
All’interno del parco noto subito centinaia di ciclisti, qui in raccolta per prendere parte alla partecipatissima e popolarissima gara amatoriale Londra-Brighton.

Il tracciato della mia corsa (podistica) si articola su 3 giri pianeggianti all’interno del parco, con 40-50% del tracciato su sentieri in terra battuta ed il resto su asfalto.
Il coach aveva detto di correre alla media di 3’50/km.
Con un leggero ritardo, alle 9.35 si parte.

I primi 3 km, a completamento del primo giro, vanno via lisci e ad un ritmo in linea con le previsioni: 3’41, 3’48, 3’50.
Davanti a me, in lontananza, vedo scappare gli atleti da podio, che chiuderanno in 33’-34, e la prima donna, che arriverà al traguardo come sesta assoluta in 36’ basso.

Io me la prendo comoda, raramente guardo il GPS, seguo le lepri, sono in assetto da allenamento e neanche indosso la canottiera “d’ordinanza”.

Bello ogni tanto gareggiare senza agonismo!

Dal secondo giro (3’41, 3’43, 3’45) iniziano i doppiaggi e mi ritrovo a superare senza essere mai superato.
Raggiungo un paio di podisti, che sento in difficoltà ed in calo. Li stacco senza fatica e, senza l’episodio grottesco del finale, mai e poi mai mi avrebbero potuto riprendere.

Affronto il terzo e ultimo giro con tranquillità, le gambe girano e, anche se sto andando già ora più forte del ritmo previsto teoricamente dal coach, mi faccio prendere dall’euforia ed accelero leggermente (3’39, 3’37, 3’40), affrontando gli ultimi 1000 metri in sostanziale solitudine.
Purtroppo ecco che accade il fattaccio!

Un po’ per sbadataggine, un po’ per i numerosi doppiati che confondono le idee e la visuale, un po’ per la dormita dei volontari lungo il percorso, quando ripasso in zona partenza, dimentico di svoltare a sinistra e “liscio” completamente il rettilineo finale sull’erba che conduce al traguardo.

Morale della favola: percorro speditamente 40-50 metri di un ipotetico e non previsto quarto giro, finché capisco di aver sbagliato e di dover tornare indietro. Cammino per cercare lumi e chiarimenti da qualche volontario lungo il percorso e alla fine faccio di testa mia, torno indietro e perdo 30-35’’.
Ultimo chilometro, malgrado questa frenata ridicola, comunque chiuso a 3’35.

Media finale 3’42/km per un allenamento di 10km (diventati 10.1 per questo svarione!) di ottima qualità e che fa morale, dopo una settimana non brillante dal punto di vista fisico.
Scopro peraltro di essere giunto decimo assoluto, per la verità ottavo, se non consideriamo quel grossolano errore di percorso.
 
Sconsolato per il comico disguido, arrivo al traguardo passeggiando

Il mio programma podistico prevede, domenica 22 giugno, una gara sulle sponde del Tamigi di 10 km e poi, quasi tremo a dirlo, via alla preparazione che mi dovrà portare ai nastri di partenza della maratona di Berlino di fine settembre, vero e proprio evento podistico dell’anno per il sottoscritto!


Viva i podisti, viva gli staffettist e viva i triatleti di ogni latitudine.