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Thursday, 16 October 2014

Maratona di Berlino - 28 settembre 2014: quanti muri crollati!

 
"Chiudi gli occhi, ragazzo,
e credi solo a quel che vedi dentro
stringi i pugni, ragazzo,
non lasciargliela vinta neanche un momento"

 
PROSIT!


Raccontare una gara a distanza di quasi tre settimane dalla sua conclusione potrebbe sembrare sciocco e privo di senso, ma l’eccezione è più che giustificata dalle circostanze contingenti, dallo scarso tempo libero avuto finora, dalla recente graditissima visita dei miei genitori in Inghilterra, da varie trasferte di lavoro e, soprattutto, da parecchia stanchezza accumulata negli ultimi mesi che, inevitabilmente, ha significato un rinvio continuo di questo resoconto.

Mappa di una delle top-6 maratone al mondo



La maratona di Berlino, edizione 2014, rappresentava moltissimo per il sottoscritto: era la prova del nove per capire fin dove le buone sensazioni vissute lo scorso anno a Firenze -in occasione del mio debutto sulla distanza regina - fossero solo frutto del caso e di una giornata fortunata e fin dove, invece, disciplina, accurata preparazione e rigoroso impegno in ogni singolo allenamento mi avrebbero potuto portare (PB, miglioramento cronometrico, gloria, decesso, trionfo, crollo o schianto contro il muro dei 30 km?).


A Berlino, a detta del coach, si doveva osare per varie ragioni: è una delle sei maratone “major” al mondo, caratterizzata da un tracciato pianeggiante e molto veloce, la quantità di pubblico ed il numero di atleti iscritti lasciano senza fiato (circa trentamila) e infine, fattore da non trascurare, la buona sorte aveva voluto che risultassi fra i fortunati sorteggiati e che quindi mi impegnassi a non sprecare simile occasione mandatami dal destino.



Ad aggiungere ansia al mio già piuttosto intenso mio modo di vivere le settimane precedenti una gara importante, vanno ricordati anche i ripetuti commenti dei perfidi runner/blogger -con cui ho il piacere di interagire quotidianamente- i quali per mesi si sono lanciati in improbabili pronostici, a testimonianza del carico di aspettative che si celava dietro Berlino.



Se è vero che una maratona inizia il giorno della gara e termina dopo 42 km e 195 metri, è altrettanto pacifico che il viaggio che mi ha condotto nella capitale tedesca è iniziato ben prima, direi alla fine del 2013 quando, quasi per gioco e poco dopo la gloriosa trasferta fiorentina, decisi di fare domanda per partecipare all’estrazione di uno dei 30.000 pettorali messi a disposizione dall’organizzazione a fronte di una domanda di atleti da tutto il mondo tre volte superiore.


Il viaggio, quindi, è iniziato undici mesi fa ed è continuato con vibrante accelerazione ai primi di luglio, periodo in cui ho dato inizio a tredici intense settimane di preparazione.


E nel frattempo? Beh, nel frattempo ho largamente e saggiamente ridotto il numero di gare disputate, ho preparato con particolare attenzione (e raggiunto) il primo grande obiettivo dell’anno (la Roma-Ostia) e mi sono imposto di dosare energie fisiche e mentali per giungere al meglio al secondo, la maratona di Berlino appunto.

Dal punto di vista fisico, ormai da un annetto combatto con la fascite plantare, esplosa proprio alla fine della preparazione per Firenze 2013 e che solo di recente sto contenendo con un discreto successo grazie alla rotazione di ben 3 paia di scarpe durante gli allenamenti. La vera cura sarebbe fermarsi 6-8 settimane, lo so, ma si tratta di uno scenario talmente insopportabile da non essere neanche preso in considerazione dalla mia cocciutaggine.


Ho avuto poi alcuni fastidi inquietanti, ancorché molto comuni per questo sport, alla bandelletta ileo-tibiale ed un brutto principio di bronchite ad inizio gennaio.


Da mesi, inoltre, la tachicardia mi colpisce durante alcuni allenamenti caratterizzati da velocità e sforzo aerobico intenso, scaraventandomi di fatto il cuore il gola e dandomi la sensazione che lo stesso, ogni tanto, perda un battito rispetto al normale e regolare ritmo cardiaco. Fastidio che non devo sottovalutare ma neanche ingigantire, visto che sono persona emotiva e bevo troppi caffè, fattori che immagino siano le vere cause di questo problema.


Fra luglio ed agosto, dulcis in fundo, un simpatico virus intestinale ha avuto la brillante idea di albergare nel mio stomaco, facendomi correre una quindicina di sessioni di lunghi allenamenti in uno stato psicologico quantomeno teso, fra immani dolori e galoppanti fitte di pancia, spesso conclusesi con altrettanto celeri galoppate al bagno.


Per quanto ironica potrebbe apparire la mia conclusione dopo questa ”lista nera”,  posso dire che il fisico ha retto bene e mi ha portato ad affrontare la preparazione per Berlino in una buona condizione, il che già conta moltissimo.


Sotto il profilo personale, inoltre, tanti bei cambiamenti si sono affacciati nella mia vita: ho cambiato casa e Cinzia mi ha raggiunto in Inghilterra, facendomi capire concretamente la differenza fra il sopravvivere ed il vivere in un luogo straniero (oltre a quella fra il nutrirsi ed il mangiare bene!!).


Da metà luglio ho anche vissuto per tre infinite settimane uno dei picchi di stress più pesanti degli ultimi anni, con una difficoltosissima e travagliata ricerca di una nuova sistemazione logistica, capitata in piena preparazione della maratona che, per quanto piacevole e volontaria, comporta di fatto una devastazione semi-totale in termini di stanchezza fisica, resistenza mentale ed occupazione del tempo.


Casa nuova ha significato anche trasloco ed un mazzo non indifferente per 3-4 giorni (e notti) di fila. Se a questo aggiungiamo anche che le mie ferie estive non sono praticamente esistite quest’anno, si potrà ben immaginare in quali condizioni sia giunto a Berlino: diciamo che la maratona ha rappresentato quasi una liberazione e non un temuto massacro fisico.

LA PREPARAZIONE


La preparazione alla seconda maratona della mia vita è stata un’esperienza fantastica, che ho adorato e ripeterei anche domani, malgrado il massacro e la spossatezza che mi sono portato dietro per tredici intensissime settimane.


Preparare una gara di 42 chilometri e 195 metri è tutto, è la condizione necessaria -e purtroppo non sempre sufficiente- per poter anche solamente sperare di giungere al traguardo senza strisciare agonizzando, è sfida contro l’incognito, è affrontare allenamenti anche di due ore e mezzo, è ritrovarsi a fare sessanta giri di pista di atletica con gli altri podisti che ti guardano quasi fossi un marziano psicopatico, è partire per il lunghissimo la domenica e non sapere fin dove le scorte di glicogeno ti permetteranno di arrivare, è sfidare disturbi e doloretti di ogni tipo per correre 110 chilometri a settimana distribuiti su cinque sessioni di allenamento, è correre lo stesso giorno una mezzamaratona al mattino a 4’05/km ed altri 21 km in pista il pomeriggio ad una media addirittura più veloce, è sfidare la disidratazione, è sentire di poter fare qualcosa di importante dopo aver corso 36 km su tracciato non pianeggiante a 4’05/km di media, con un ultimo mille a 3’33, è uscire di casa con il sole e tornare al buio, è aprire la porta di casa e trovare una persona paziente e comprensiva, benedire il suo sostegno e ripromettersi di non vanificare tutti questi sforzi anche per lei che ti ha sempre aiutato!


Preparare una maratona - per persone normali che hanno un lavoro, le trasferte, un capo, le scadenze, le bollette da pagare ed i conti da far tornare - significa investire immense energie e tanto tempo, sacrificando entrambe le cose all’altare della motivazione, del sogno, dell’obiettivo amatoriale, ma non meno agonistico, di chi sa di voler mettersi in gioco per tagliare quel traguardo appena dopo la Porta di Brandeburgo.


La verità è che sono un regolarista, un passista, adoro le lunghe distanze e mal tollero gli allenamenti veloci.  Per me preparare una maratona è dunque un piacere, un privilegio, è un onore che spero di poter portare a termine tante altre volte nella mia vita, è sana sensazione di avere dato tutto, è occasione unica per pensare a lungo durante le infinite sessioni di allenamento, è ascoltare il proprio corpo e metterlo alla prova, rispettarlo ma portarlo a livelli estremi.


Complice anche una estate inglese assai favorevole, almeno dal punto di vista climatico, e l’assenza di vacanze, ho potuto seguire alla lettera e senza defezioni il programma sadicamente recapitato dal tirannico coach direttamente dal continente nero.


BERLINO

Questo viaggio di poco più di tre giorni – di fatto la mia vacanza estiva - inizia giovedì 25 settembre con il decollo di un volo mattutino della British Airways dall’aeroporto di Londra Heathrow.


Nella capitale tedesca io e Cinzia veniamo accolti da pioggia, un aeroporto piuttosto vecchio, squallido ed inefficiente e da personale addetto alla vendita dei biglietti per i bus per il centro (possibile che non ci sia un collegamento su rotaia??) che non parla una parola di inglese.


Hotel assolutamente carino e funzionale, a neanche un chilometro dalla zona start, adiacente al meraviglioso parco Tiergarten, lungo il fiume Spree, in una zona tranquilla e vicina al centro, facilmente raggiungibile a piedi. La perfetta scelta dell’hotel, merito di Cinzia, sarà peraltro confermata dall’invasione di ospiti maratoneti nelle notti di venerdì e di sabato.


A due passi dall'hotel

Bundestag





La prima, inevitabile ed irrinunciabile tappa è presso lo storico ex aeroporto militare di Tempelhof, tanto spesso sentito nominare ai tempi dell’università come teatro di una delle operazioni aeree di approvvigionamento logistico più clamorose nella storia della Guerra Fredda.


Sosta al villaggio maratona: birrozza per riprendere un po' di colorito. Notare il pallore dell'atleta provato da mesi di duri allenamenti (e scarse ore dormite!)


Nel 2014, per fortuna, questo sedime aeroportuale si limita ad ospitare un immenso villaggio expo per la maratona di Berlino, luogo di consegna dei pettorali di gara, oltre che di esposizione e vendita di ogni genere di articolo sportivo e di accessorio per la corsa e per il triathlon.


Primo di numerosi padiglioni dell'expo maratona


Altro padiglione expo maratona
Il primo pomeriggio berlinese scivola via velocemente dopo due ore di pellegrinaggio in questo tempio dello sport e si conclude con una fantastica cena presso un ristorante vietnamita ben referenziato (Angkor Wat), dall’ottima qualità e dall’eccellente ricercatezza degli ingredienti.


Oggi qui...


...in futuro forse qui...


...nel mondo dei sogni qui


Selfie all'expo maratona: stanchissimi ma felici di esserci!


Venerdì mattina decido di fare una sgambata di una decina di chilometri nel parco Tiergarten, con passaggi lungo i bellissimi tracciati pedonali che costeggiano il fiume cittadino e addirittura lungo una sezione del rettilineo finale del percorso maratona.


I due giorni successivi sono vissuti all’insegna del turismo, di ore e ore a piedi in giro per la città, di scoperte culinarie presso eccellenti Konditorei (Buchwald su tutte), di visite più o meno tradizionali ai luoghi simbolo di questa città storica (Check-Point Charlie, Isola dei Musei, Potsdamer Platz, la Porta di Brandeburgo, il muro lungo la East Side Gallery, il Tiergarten, il Kulturforum, il Museo Ebraico, etc.etc.) ed alle realizzazioni architettoniche che l’occhio esperto della mia compagna di viaggio non ha mancato di farmi notare, apprezzare e, talvolta, capire.


Un sorriso che esprime tutta la soddisfazione per la sublime konditorei Buchwald


In primo piano la torta ai semi di papavero (Mohntorte) che mi sono stra-gustato per due colazioni su tre: LIBIDINOSA!
Venerdì sera mi vedo con Filippo, giovanissimo mio compagno di squadra Lazio Runners Team, il quale vanta già una lunga esperienza di maratone e che è giunto a Berlino con intenti ambiziosi dopo un’estate di massacrante preparazione e sessioni di allenamento alle 5 del mattino per evitare la canicola romana. A Filippo va anche il mio ringraziamento di cuore per avermi portato e prestato una delle sue canottiere sociali, visto che la mia era stata dimenticata a casa dal sottoscritto.
Pezzi di muro










Il venerdì sera io e Cinzia abbiamo il piacere di conoscere e cenare con Paolo (+ consorte) il quale, malgrado i quattro figli e gli inevitabili impegni lavorativi, è giunto a Berlino con l’ambiziosissimo traguardo di scendere per la prima volta sotto il muro delle tre ore. D’altronde, mi dico io, se non si abbatte un muro apparentemente insormontabile a Berlino, dove altro si potrebbe sperare di farlo?


Foto ricordo con Paolo Giorgio (cena del venerdi'): blogger, gagliardo podista e simpaticissima persona! Ovviamente si beve


Paolo, gentilissimo e simpatico blogger lombardo, mi sembra in grande forma fisica, assai disciplinato dal punto di vista alimentare e serissimo nel seguire le regole pre-gara (pochissime passeggiate, poco tempo trascorso in piedi, tante di sonno). A onor del vero, anche il coach aveva dettato una serie di leggi da seguire nelle quarantotto ore precedenti la partenza dalla maratona, ma sono stato davvero carente sotto questo aspetto. Se Paolo ha rappresentato il modello di condotta esemplare, io mi sono comportato e sentito un indisciplinato ribelle, un Cassano o un Balotelli al cospetto di un Franco Baresi o di un Paolo Maldini...


Sabato sento una brutta contrattura al polpaccio alto sinistro e penso di essere stato un cretino nel non aver dato ascolto ai consigli del coach.


Prima ancora di iniziare a correre la maratona traggo un insegnamento fondamentale per il futuro: se e quando vorrò di nuovo abbinare del sano turismo ad una (insana) gara podistica, devo pianificare il viaggio in modo tale da giungere in loco il sabato, gareggiare la domenica e POI, solamente POI, prendermi qualche giorno (o settimana) di vacanza da vivere e godermi come turista.



A proposito di blogger, sabato pomeriggio ho avuto la fortuna di incontrare anche Andrea (“insane” il suo nick), il quale dalla ridente Piacenza è giunto a Berlino per prendere parte alla sua ennesima (undicesima, tredicesima?) maratona e con il quale ho il piacere di chiacchierare per un paio di ore presso Potsdamer Platz.


 
Dalla sinistra: Paolo Giorgio "Cibulo", Leo "Brontorunner", Andrea "Insane", sorridenti blogger maratoneti


Cena della vigilia presso un ristorante italiano (Don Giovanni) per evitare facili tentazioni e mangiare un sano piatto di spaghetti al pomodoro, pollo grigliato (purtroppo salatissimo) e patate al cartoccio: si tratta dello stesso menu consumato alla vigilia di Firenze. La scaramanzia regna sovrana.


Ultimo controllo prima di procedere alla vestizione


 
La notte prima della gara tutto sembra pronto ed in ordine


IL GRANDE GIORNO


La mattina della gara la sveglia non suona per un problema al cellulare ma il mio sonno è leggerissimo e l’adrenalina mi fa spalancare gli occhi alle 6 in punto: scendo al piano terra dell’hotel e davanti a me si presenta una sala ristorante gremitissima di podisti chiassosi e provenienti da ogni parte del mondo.


Mi innervosisco, devo tornare in stanza a prendere la carta di credito per pagare la colazione (addebitarla sul conto finale della stanza no, eh?!), c’è fila, i tavolini sono quasi tutti occupati, rapidamente raccolgo frutta secca, pane, marmellata ed una fetta di prosciutto, niente caffè né latte, bevo due succhi di mela. La fame nervosa mi farebbe mangiare cinque volte tanto ma so di avere riempito a sufficienza le mie scorte e che continuare ad abbuffarsi significherebbe solamente correre incauti rischi in gara.


Come a Firenze, esco dall’hotel per fare due passi e scaricare la tensione: fuori è buio, ci sono 5 gradi, il quartiere appare deserto, la quiete annuncia la tempesta.


Rientro alla base, cerco di non pensare alla doverosa “tappa intestinale” cui devo provvedere ad ogni costo ma che proprio oggi non sembra “concretizzarsi”. TRAGEDIA!! Pensate voi lettori che sia psicologicamente sostenibile affrontare 42195 metri di gara senza praticamente avere “evacuato” prima della partenza? Ecco, con questo dubbio psico-esistenziale in corso mi avvio al luogo di ritrovo con il blogger Paolo, prima di accedere alla immensa distesa del Tiergarten, oggi teatro all’aperto di trentamila attori, professionisti, comparse o dilettanti, pronti a dare il via allo spettacolo della maratona di Berlino edizione 2014.


 
Mappa dettagliata per l'accesso alla zona partenza e alle griglie


Perdo subito Paolo, che deposita la borsa presso uno dei migliaia di banchi a questo deputati. La mia ultima ora prima della partenza della gara sarà trascorsa in fila (chilometrica) per il bagno, con un bel sole che timidamente si affaccia dietro al Bundestag, nella viva e vana speranza di riuscire a esprimere, dal punto di vista intestinale, quanto in hotel non sono riuscito...a produrre.


Venti minuti prima dello start entro al bagno e faccio solo la pipì: assurda perdita di tempo e totale rimpianto per avere sprecato in coda questi minuti di irripetibili ed uniche emozioni.


Quindici minuti prima dello start, senza riscaldamento alcuno, mi avvio alla mia griglia (la C, tempo di accredito 2h50-2h59) e constato con stupore l’assenza di ingorghi e anzi, in men che non si dica, riesco a collocarmi nelle primissime file della batteria senza neanche dover sgomitare.


Al mio fianco, quasi un segno del destino, ritrovo Paolo, volto amico in una distesa di anonimi podisti maratoneti.


Il sole inizia ad accarezzarci, mi tolgo e getto a terra le due t-shirt ed il k-way indossati fino all’ultimo per non congerlarmi.  Mancano due minuti, mi scambio l’ “in bocca al lupo” sincero con Paolo, chiudo gli occhi, non penso a nulla ma capisco e do una risposta alla domanda che spesso mi sono posto in questi mesi: cosa spinge podisti come me a massacrarsi per settimane e settimane di duri allenamenti, a sacrificare vita privata, spesso sonno, per farsi altrettanto male e correre una maratona?


La risposta arriva in tutta la sua intensità, violenza e nei brividi che si sentono in quei sessanta secondi che precedono lo start: si fatica, si suda, si rischiano infortuni e litigi, si porta il fisico ai limiti della resistenza e si superano acciacchi e dolori vari perché varrà sempre la pena rinnovare il rito votivo dell’immergersi nel Gange di questi sessanta secondi magici che tutto ti restituiscono e danno in termini di emozione, appagamento e felicità.


Tornando alla gara, le condizioni meteo domenica mattina appaiono subito ideali: 9-10 gradi alla partenza, sole e vento quasi assente. La mia griglia, dicevo, è affollata ma non dà mai l’impressione della calca e degli imbottigliamenti nel traffico, merito degli spazi infiniti e dei viali larghissimi che caratterizzano ogni metro del tracciato.


Adidas Energy Boost 2: UK size 12, portate a Berlino con meno di 100 km all'attivo: rispetto alle Energy Boost (prima versione) mi sembrano più protettive e pesanti. Preferisco il primo modello ma non mi lamento certo di queste


La partenza viene data puntualmente alle ore 8.45. Senza neanche accorgermene, dopo settimane e settimane di sacrifici, mi ritrovo a correre la seconda maratona della mia vita: gloria o disfatta?


Le emozioni crescono ed esplodono nei primi due chilometri di gara, poi la concentrazione e l’attento ascolto dei messaggi del corpo prendono il sopravvento.


La tattica “ordinata” dal coach (e per me suicida) é quella di mantenere il ritmo di 4’/km fino al passaggio alla mezza e poi scoprire cosa le gambe mi avrebbero permesso di fare (o di non fare) in questa domenica berlinese di fine settembre.


I passaggi nei primi chilometri sono sostanzialmente in linea con quanto previsto, non sento alcuna fatica “cardiaca” e le gambe girano discretamente. Al tredicesimo chilometro torna il dolore al polpaccio alto sinistro, che riesco solo a controllare per i successivi trenta chilometri modificando leggermente la meccanica di corsa nel senso di un maggiore appoggio della pianta del piede.


I rifornimenti sono numerosissimi e ben organizzati, la partecipazione del pubblico sempre viva, così come piacevolissima risulterà la carica trasmessa da ben ottanta bande musicali disseminate lungo tutto il tracciato.


Come a Firenze, il sole ci bacia, addirittura meglio che a Firenze le strade appaiono larghissime e pianeggianti, non si rimane mai imbottigliati nel traffico e le condizioni per fare l’impresa sono tutte presenti. Posso rovinare solamente io questa giornata perfetta.


Passaggio al decimo chilometro in 40’22 (4’02/km), alla mezza la media si abbassa impercettibilmente (4’01). Sono in linea con il ritmo prescritto, leggermente più lento ma in totale controllo. Non percepisco una condizione straordinariamente brillante, ma neanche lontana dal ritmo sciolto e filante che tenevo a Firenze. Primo rifornimento al km 13 con gel SIS alla mela, ormai ampiamente collaudato in allenamento.


Intorno al ventesimo chilometro

Saluto poco prima di metà gara

Ancora rido



Decido di impormi ottimismo e di non pensare al polpaccio. Prendo il lap dei chilometri manualmente ogni cinque chilometri e constato che solo dalla seconda metà di gara in poi il Garmin non si discosta eccessivamente dalla segnaletica lungo il percorso.


So di dover frenare i facili entusiasmi e le imprudenti accelerazioni che, su questa distanza, spesso portano ad un tracollo dopo i trenta chilometri, quindi decido di condurre una seconda metà di gara all’insegna della costante ma moderata progressione, in una sorta di cauta accelerazione continua.  Secondo rifornimento “solido” al km 28 con gel Powerade gentilmente offerto dagli organizzatori.


In totale, al termine della gara, sorseggerò acqua 4-5 volte.

Al trentesimo (2’00’23) mi sono finalmente assestato alla media di 4’/km.


La svolta positiva giunge proprio nel momento più delicato di qualsiasi maratona, fra il trentesimo ed il quarantesimo chilometro, dieci chilometri che decido di attaccare e che chiudo senza la minima difficoltà in 39’11 (3’55/km), a riprova di quanto le gambe stessero meglio del percepito e di quanto sia stato saggio non strappare e non accelerare eccessivamente dopo il passaggio della mezza.


Intorno al trentanovesimo, quando pericolosamente stavo accelerando e assestandomi sui 3’48’-3’50/km,  il cuore decide di battere un colpo a vuoto e di ricordarmi come la tachicardia (o quello che diavolo è) sia sempre latente e dietro l’angolo. Mi spavento e scalo la marcia, non ho la cognizione del tempo cronometrico finale cui potrò ambire, per un momento temo il crollo.


Km 38, presso Potsdamer Platz

Km 38: ancora sono capace di intendere e di volere

Km 38: ancora riesco a sollevare un braccio


Km 38: ancora rido



Il cartello dei quaranta, a Firenze, era stato da me accolto con un grande sorriso ed un plateale gesto di soddisfazione. A Berlino, proprio in questa fase finale, sento un leggero ma crescente affaticamento ai quadricipiti che, vuoi per prudenza, vuoi per il buon ritmo tenuto fino a quel momento, decido di affrontare con cautela e senza lanciarmi in pericolosissimi sprint.


Al termine degli ultimi duemila metri (corsi a 3’57 secondo il crono ufficiale), l’affaticamento diventa indurimento dei quadricipiti, ma ormai sto varcando l’emozionante e soleggiatissimo rettilineo che porta al traguardo, subito dopo il passaggio mozzafiato della Porta di Brandeburgo.


Chiudo gli ultimi 300 metri (3’43) con quei brividi e con quell’emozione pazzesca che un colpo d’occhio del genere trasmette, osservo i due rami di pubblico festante dietro alle transenne e faccio appena in tempo a scorgere lo schermo sopra all’arco del traguardo che mi rendo conto di avere fatto registrare un tempo per me stratosferico: 2h48’30 (2h48’13: real time), oltre sette minuti in meno rispetto alla maratona di Firenze del novembre 2013. Il coach aveva previsto 2h49’59 e, si sa, lui di solito è molto ottimista di natura.


Con stupore chiudo la gara alla media finale di 3’59/km, facendo registrare uno SPLIT NEGATIVO grazie a una seconda metà (1h23’24) ben più veloce della prima (1h24’49) e ricevendo via messaggio i complimenti del pur severo ed esigente coach.



Brindisi appena dopo l'arrivo: solo i tedeschi possono dare la birra al ristoro (giuro che era analcolica e...buonissima)


A coronamento di una fantastica giornata per i colori sociali, non posso non citare la straripante prova offerta da Filippo (3h08’34), il quale non solamente ha fatto registrare un tempo finale molto al di sopra delle sue più rosee aspettative, ma ha anche dimostrato di essere in straordinario stato di forma, con una seconda metà di gara di oltre quattro minuti più veloce della prima.   


Bacio al trofeo, di rientro in hotel

Secondo bacio alla medaglia con maglia commemorativa


Vivissime congratulazioni anche a Paolo, che per una trentina di secondi ha raggiunto con grande successo il tanto agognato traguardo under 180’. Dopo venticinque anni, a Berlino cade un altro muro!


CONSIDERAZIONI FINALI


I parziali di gara






Rispetto a Firenze miglioro il ritmo al chilometro di ben 10’’,  abbattendo il muro dei 4'/km (3’59 contro 4’09), un immenso progresso per chi non fa di certo il podista per mestiere.


Rispetto a Firenze giungo al traguardo senza poter lanciare una progressione finale a causa di un indurimento muscolare che non mi avrebbe permesso di proseguire molto oltre. Questo mi rende soddisfatto e consapevole di avere dato tutto o quasi.


Rispetto a Firenze mi presento allo start con cinque settimane in più di preparazione nelle gambe (13 contro 8).


Rispetto a Firenze ho seguito un programma di allenamento sostanzialmente più duro ed impegnativo, anche se non esattamente ed alla lettera la preparazione shock albanesiana.


Rispetto a Firenze (top 2.18%) mi piazzo nel top 1.07% (392mo su 36.474 atleti giunti al traguardo).


Torno in Inghilterra dopo un pranzo eccellente presso il solito ristorante vietnamita vicino all’hotel e dopo essermi concesso stravizi meritati fra ristori e fantastici dolci preparati e/o portati da Cinzia (su tutti i brutti ma buoni e la torta ai semi di papavero, anche detta Mohntorte).


La medaglia ed il pettorale, trofei preziosissimi per ogni maratoneta, sul mio letto inglese


Nei due giorni successivi alla gara il polpaccio sinistro mi fa zoppicare  e mi porto dietro qualche inevitabile dolore muscolare ma anche immensa felicità per avere raccolto i frutti di tredici settimane di duro lavoro e per avere abbattuto il muro delle 2h50 con relativa facilità.


Torno a casa con una medaglia al collo che mi toglierò solo prima di andare a dormire e con la speranza di poter presto ritrovarmi ai nastri di partenza per rivivere quei meravigliosi, intensi, indescrivibili sessanta secondi che danno un senso a tutto e che tanto, tutto restituiscono.


E DA DOMANI?

Quando si concentra tanta attenzione per un periodo di tempo così lungo e si spendono tante energie fisiche e mentali per un solo evento, risulta quantomeno “spaesante” riassestare le proprie giornate, recuperare ritmi di vita umani e pensare alle sfide future.


Il giorno dopo la maratona ero già in piscina a nuotare, tre giorni dopo a pedalare per 75’ su una cyclette a Barcellona (trasferta di lavoro). Dopo 7 giorni ho ripreso a correre, un normale ed innocente fondo lento sotto il diluvio inglese. Nei venti giorni successivi ho seguito il medesimo schema libero: nuoto, cyclette, corse al massimo di 14 km. Diciamo una forma di scarico vitale, soprattutto dal punto di vista mentale.



In questi giorni ho anche ricevuto l’esito dell’estrazione per la maratona di Londra 2015 (aprile): purtroppo non sono fra i fortunati vincitori e non potrò prendere parte a questa grandissima manifestazione, anche se posso ancora sperare nel sorteggio di uno dei tre posti messi a disposizione dal mio club podistico inglese.


Razionalmente so che da qui a febbraio dovrei concentrarmi su gare da 10 km, distanza che ancora soffro, che tendo a trascurare e nella quale ho ampi margini di miglioramento (cit.coach).


Sentimentalmente, tuttavia, simile obiettivo e prospettiva non mi entusiasmano, quindi mi viene già da guardare oltre e di pensare alla prossima mezzamaratona

Roma-Ostia, Bath Half Marathon, mezze di Parigi o Lisbona a marzo? E allora perché no Praga o Malaga ad aprile? Il pensiero di Manchester o di Edimburgo a maggio, inoltre, mi stuzzica non poco, soprattutto se accompagnato dalla prospettiva di qualche giorno in giro per la Scozia da turista.



E la maratona? Come per una droga, difficilmente mi asterrò dal considerarla anche per il 2015.


 Logisticamente e climaticamente parlando, per me il migliore periodo per prepararla è l’estate, stagione in Inghilterra mai torrida e caratterizzata da belle e lunghissime giornate.


Detto questo, ad una primissima e molto approssimativa analisi del calendario gare, le opzioni maratona 2015 potrebbero essere le seguenti:

Tallin (settembre, a quanto pare cittadina incantevole), Munster (settembre, ho letto di uno scenario mozzafiato), Amsterdam (ottobre, una sicurezza in termini di velocità del tracciato  e comodità dei trasporti ma forse meta inflazionata), Francoforte (ottobre, tracciato veloce ma mi mette tristezza), Dublino (tracciato da verificare), Colonia (ottobre, tracciato da verificare), Budapest (ottobre, tracciato da verificare), Lago Maggiore (ottobre, scenario mozzafiato, non sono mai stato da quelle parti ma l’altimetria del percorso è tutta da verificare), Carpi (ottobre, tracciato veloce ma forse non particolarmente attraente), Monaco di Baviera (ottobre, tracciato veloce ma meta inflazionata, turisticamente parlando), Valencia (novembre, da considerare per i bassi costi e per ragioni turistiche), Firenze (novembre, il luogo della mia prima maratona: ci tornerei subito), Torino (novembre, tracciato veloce ma con l’incognita maltempo. La considererei anche per salutare ex colleghi e amici che lì abitano), Pisa (dicembre, tracciato molto veloce, si rischia piazzamento di categoria, anche se questo vuol dire scarsa qualità e quantità dei partecipanti).

Certo, poi ci sarebbe la fantastica e veloce maratona di Chicago (ottobre), ma qui parliamo di un sogno che va ben oltre il mio budget e le mie possibilità.


Preferenze? Consigli? Suggerimenti? Bloggers amici, cosa mi consigliate?


Al momento mi godo gli ultimi giorni di scarico post-Berlino, felice di avercela fatta ed impaziente di tornare a dare l’anima per quei sessanta unici, magici ed irripetibili secondi di emozioni allo stato puro.

Viva i maratoneti di tutto il mondo, viva i muri che crollano e viva il coach, l'unico ad avere sempre creduto in simile exploit e ad avere sadicamente sperimentato sul fratellino-cavia la massima secondo cui "ciò che non ti uccide, ti fortifica" (...ed io sono ancora vivo!)