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2012 e tracciato il doveroso bilancio di un anno storico, almeno podisticamente
parlando, non mi resta che accedere senza indugi alla narrazione della prima
gara dell’anno , la tanto attesa Corri per la Befana.
Dallo scorso anno
ricordo un tracciato impegnativo, soprattutto negli ultimi 2.5 km all’interno
del Parco degli Acquedotti e fino al traguardo del parco di San Policarpo.
Allora la corsi tutta con il coach, rimanendo imbottigliato in partenza fra la
folla e chiudendo il primo chilometro a 4’25.
Il coach mi aveva fatto compagnia cogliendo l’occasione per fare una
sgambata di allenamento, in fase ultima di recupero dall’infortunio al
polpaccio. Io, invece, con grande affanno e fatica ero a malapena riuscito a
strappare un tempo di 40’44 sui 10 km, giungendo al traguardo con
pessime sensazioni, fatica esagerata e affanno diffuso.
Quest’anno lo
scenario si presentava totalmente diverso per tantissimi motivi:
- ai nastri di
partenza si sono presentati tre fratelli Massetti e non due,
- il clima era
eccellente, grazie al sole ed al vento debole, anche se freddo (4-5 gradi di
temperatura in partenza),
- la gara si
portava dietro un pesante fardello di attesa ed aspettative di PB per i tre
fratelli,
- il coach aveva
fatto richiesta ed ottenuto per se’ e per il sottoscritto un numero di
pettorale basso per partire nella griglia dei primi 250 atleti, questo proprio
al fine di evitare la sopra menzionata calca del primo chilometro.
La premessa
inevitabile è che, malgrado le gare del 23 e del 31 dicembre (vedi post
precedente), il lungo periodo vacanziero non è stato (per fortuna) accompagnato
da una adeguata preparazione all’evento. Tutto questo a causa di uno stile di
vita di sano relax natalizio, tantissime e continue abbuffate, uscite,
allenamenti scarsi, a volte non mirati e non di qualità (eccezion fatta per il
progressivo insieme al coach ed ai mitici fratelli Fabio e Giampiero sulla
pista di atletica, tempio dei podisti, del Paolo Rosi il 2 gennaio mattina).
Detto questo, mi
presentavo alla Corsa per la Befana con una pesantissima responsabilità sulle
spalle dovuta al pronostico che da settimane il coach andava predicando in giro
per i luoghi del podismo romano: un mio tempo di gara fra 35’50 e 36’05. Sì,
avete letto bene: il coach immaginava, sognava, vaneggiava di un abbassamento
ulteriore del mio già miracoloso PB precedente (36’26) fino ad abbattare la
soglia dei 36’. Assurda fantascienza per me...
La cosa più inquietante
è che, storicamente, i pronostici del coach si sono sempre avverati, anche e
soprattutto quelli che al sottoscritto apparivano più folli, impossibili ed ottimisti.
All’arrivo in
zona gara, noto subito un nutritissimo manipolo di atleti della Lazio Runners
Team a presidio dell’inconfondibile, colorito e allegro gazebo sociale. La
temperatura dell’aria è fredda (2-3 gradi quando arrivo al parco di San
Policarpo) ma il fratello Luigi ed il sottoscritto siamo accolti dal solito
scanzonato affetto podistico dei compagni di squadra, con inevitabili battutacce
e sfottò per il coach, reo di avere saltato le ultime gare e di essere
soprattutto in clamoroso ritardo!
Quando poi si è presenta (per ultimo) al
gazebo, tutti notiamo che indossa un colbacco in pelliccia sulla cui origine e
ragione d’essere gli scienziati del mondo intero ancora si indagano...Mah?!
Ecco i gloriosi compagni di squadra |
Durante il blando
riscaldamento pre-gara, in compagnia dei miei fratelli, di Fabio, Giampiero e
Massimo “Caschetto”, noto subito di essere circondato dai mostri sacri del
podismo laziale: quante volte me li sono immaginati leggendone i nomi su TDS,
quante domeniche pomeriggio ad attendere la pubblicazione delle classifiche,
quante consultazioni del sito di riferimento di Mario Moretti per analizzarne
storico, evoluzione e stato di forma...
Decido di correre
in canottiera "a carne", malgrado il freddo pungente: sono ormai abituato al clima rigido
e mi rifiuto di vestirmi in Italia come farei in una qualsiasi gara inglese, è insomma
una questione di principio!
Il sole fa da
cornice allo splendido spettacolo di oltre 2000 atleti al via; il coach
consiglia una condotta di gara semplice: i primi 8 km insieme e gli ultimi due
a tutta birra e secondo le (eventuali) forze residue. Piano facile, lineare e
liscio, no? Beh, appena viene dato lo start, tutte le strategie di battaglia si dissolvono
in un secondo a causa della partenza a razzo del coach, che mi semina perentoriamente e che non
rivedrò fino a poco oltre la metà della corsa. Non mi scoraggio di certo, la gara per me
si fa sul tempo e non sull’uomo (figuriamoci poi se sul coach). D’altronde si conferma un dato di fatto, ovvero in
partenza tendo sempre ad essere molto cauto e, soprattutto, non mi faccio mai
largo con gomitate e spintoni per accaparrarmi le prime file.
Il primo
chilometro va meglio del previsto con un tempo di 3’36 (vs 4’25 dello scorso
anno), cerco di non cadere nell’errore di aumentare il ritmo e rallento
leggermente al secondo e terzo, rispettivamente chiusi in 3’42 e 3’44.
Accelero, complice anche un tratto di impercettibile discesa (di fatto un
falsopiano), chiudendo il quarto chilometro a 3’38. Lontano davanti a me, ad
una decina di secondi, vedo il coach in brillante forma che conduce una
gagliarda gara con un gruppetto di podisti a me sconosciuti. La semplice
apparizione mi fa incrementare il ritmo e chiudere il quinto a 3’31 (parziale sui 5 km: 18’11),
non controllo il Garmin, a dire il vero, ma corro a sensazione e a testa alta. Il
respiro è regolare, non sento particolare fatica ed il clima meteorologico è
perfetto. Bene così, si è a metà gara e tutto procede al meglio.
Al sesto
chilometro (3’28) mi avvicino al coach ma solo poco prima del settimo (3’35)
riuscirò ad affiancarlo e a correre insieme a lui 500-600 metri. Con noi, salvo poi perdersi nelle retrovie, corre per qualche minuto anche un noto tapascione ultra quarantacinquenne che ha come caratteristica quella di fare rumori strazianti di sofferenza, affanno,
quasi fosse sull’orlo di un violento infarto cardiaco. Mi ha fatto impressione
e sinceramente ho temuto per la sua vita, ma evidentemente lo fa per abitudine
e difatti nessuno ha battuto ciglio.
Chiudo l’ottavo
chilometro insieme al coach in 3’41 e decido di affrontare il temutissimo Parco
degli Acquedotti, molto impegnativo e duro a causa del fondo sterrato ed
irregolare e dei tratti stretti con curve, sparando le ultime cartucce rimaste.
Al nono sto ancora bene, lo chiudo a 3’34, il decimo invece si fa sentire in tutta la sua durezza e le gambe sembrano imballate e stanchissime. Stringo i denti, non ho fatto i
conti né ho guardato l’orologio negli ultimi chilometri, potrei chiudere a
36’50 come a 36’05. Riesco a mantenere una buona corsa, anche se sicuramente
meno efficace ed incisiva che in partenza. Il coach è da qualche parte alle mie
spalle, lui sì che ha un finale straripante...Lo aspetto da un momento all'altro e spero che possa dare libero sfogo al suo rinomatissimo ed imbattibile sprint negli ultimi 500-600 metri! Sogno un arrivo affiancati...
Nel rettilineo degli ultimi 150 metri |
La svolta: guardo il Garmin e capisco che la barriera dei 36' è abbattuta! |
Non il più agile dei finali, ma efficace al punto giusto |
All’ultima
curvona, in prossimità della quale è posizionato il nostro gazebo sociale, il
tracciato passa dallo sterrato all’asfalto, prima del rettilineo di 150 metri
che porta al traguardo finale. A questo punto guardo con curiosità l’orologio e
leggo un tempo CLAMOROSO: 35’25...mancano poco più di cento metri e l’impresa
di tagliare il traguardo con un PB fantastico è assolutamente compiuta. Mi
viene da ridere e lo faccio ben prima di terminare la gara: non so se ho addirittura
alzato le braccia al cielo in segno di trionfo o se me lo sono immaginato a occhi aperti, ma per me si è trattato di un
risultato storico: 35’45!!!!
Il coach arriva dopo
pochissimo, imprecando per avere sfiorato di una manciata di secondi l’impresa
di abbattere anche lui il muro dei 36’, ma felice per il suo e per il mio nuovo
PB sui 10 km. Certo, il suo rammarico è comprensibile perché aveva ancora tanta
forza nelle gambe e, forse per eccesso di cautela (ora che è un M40, si sa, la
saggezza prende il sopravvento molto spesso), non ha fatto partire il suo potentissimo
sprint finale 300-400 metri prima. Se l’avesse fatto, mi
avrebbe ripreso e superato a mani basse.
A completare il
trionfo il fratello Luigi, giunto al traguardo ben al sotto dei 53’, stanco ma
contentissimo del suo nuovo PB sulla distanza. Eroico anche lui, peraltro
convalescente ed ancora colpito da una forte e fastidiosissima tosse.
Per
riepilogare, direi una domenica di sole splendida e perfetta a poche ore dal
mio rientro in Inghilterra. Un modo bellissimo di concludere le mie vacanze,
sempre troppo brevi e troppo veloci, proprio nel giorno dell’Epifania, che
tutte le Feste porta via ma che di certo non potrà scalfire l’entusiasmo, il
piacere e la voglia di affrontare le nuove sfide podistiche che questo 2013
inevitabilmente presenterà e che il grande coach saprà incanalare nella maniera
giusta per ottenere il meglio da questo semplice e modesto aspirante
brontorunner.
Viva l’Italia dei
tapascioni, viva i fratelli podisti e a presto, per il racconto di altre mirabolanti
avventure in suolo inglese e/o italico.
Prossima fermata:
Kenley Airfield 10k Run, domenica 27 gennaio, gara su un circuito da ripetere 3 volte (con l'aggiunta di un km)
all’interno di uno storico aeroporto militare inglese, tanto per rimanere in tema aeronautico. In Inghilterra è in questi giorni arrivato il gelo ed è caduta anche la prima neve. Speriamo bene per il 27...Stay tuned!