Rieccomi alle
prese con la narrazione di un’altra gara, sull’esito della quale esprimo fin da
subito la mia più totale soddisfazione.
Decido di ri-cimentarmi
in una corsa già fatta lo scorso anno, a pochissime settimane dal mio arrivo in
Inghilterra: visto che era stata organizzata impeccabilmente 12 mesi fa e data
la voglia di mettermi alla prova per verificare lo stato della mia forma post
allenamenti del fratello coach, mi sono iscritto senza neanche il minimo dubbio!
Lo scenario di
questo bell’evento podistico, chiamato “Tempest 10”, è l’aeroporto di Dunsfold,
costruito in piena Seconda Guerra Mondiale dai canadesi, poi Centro
Sperimentale per i jet Hunter e Sea Hawks, fino a quando è stato
ceduto a privati ed è diventato il set di uno dei programmi odierni più seguiti
della BBC (Top Gear), in particolare utilizzato come
test track per prove spericolate con automezzi di ogni genere.
La gara inizia in
realtà molti giorni prima della partenza, con un controllo maniacale, almeno
tre volte al giorno, delle previsioni meteo del glorioso MetOffice inglese che,
in ordine fortunatamente cronologico, ha parlato di: vento forte, pioggia,
temporale, vento moderato, parzialmente nuvoloso e, da ultimo ieri sera, cielo
sereno e vento moderato da ovest...come è stato poi nella realtà.
Il coach da
Viterbo, dove era impegnato in una gara di cross, guardava con sospetto questa
mia stravagante idea dei 16 km (“Tempest 10” sta infatti per Tempest 10 miglia),
forse perché andava ad alterare i suoi piani di allenamento e forse perché non
vedeva la grande utilità di forzare, a pochi giorni da un allenamento su pista
di Circuit Training che ha affaticato non poco i muscoli del suo “giovane”
fratello.
Arrivati alla
domenica, la sveglia suona inesorabilmente alle 6.30, dopo un sonno leggero ed
interrotto tre volte nella notte. Quanto alla sveglia all’alba, sono fatto così:
devo prendermi almeno 3 ore per digerire le laute colazioni pre-sport cui non
rinuncerò mai in vita mia.
Senza neanche
pensare a coinvolgere il malefico Peter Crouch, esco di casa intorno alle 7.45
e ad accogliermi vedo un sole splendente e una temperatura di 3 gradi, come testimonia la mia macchina!
Non male
come inizio, la giornata prevede bene. Scopro anche che in Inghilterra esiste
ancora un cielo azzurro...ma da quant’è che non lo vedevo?
Arrivo all’aeroporto
di Dunsfold seguendo le scrupolose indicazioni del Tom Tom e mi faccio
indirizzare verso un mega parcheggio dai volontari,che qui chiamano Marshalls.
Fermo la macchina a bordo pista, mentre in lontananza vedo simulacri di velivoli
storici che sembrano dare il loro beneplacito alla manifestazione!
Ritirato il
pettorale, infilato il chip nei lacci della scarpa destra, procedo a un paio di
km di riscaldamento isolandomi dalla massa, anche per ripararmi dietro ad un
container per espletare le solite esigenze fisiologiche del podista pre-gara.
La Tempest 10 si
corre in contemporanea e sullo stess circuito della Spitfire 20, con la sola
differenza che i pazzi che hanno optato per questa seconda corsa percorrono due
giri da 16 km, pur partendo tutti insieme felici e appassionatamente. Di seguito la mappa del percorso, segnata in miglia:
Quello che mi
sconvolge è sapere che gli iscritti alla mia gara “corta” sono 260 (ne
arriveranno 219), mentre i kamikaze della 20 miglia sono oltre 1100: va bene che molto stanno preparando varie
maratone, ma il divario è tale da farmi sentire anche un po’ in colpa...Chissà
se il prossimo anno sarò ancora in UK e chissà se non deciderò di correre la
lunga perché in piena preparazione della mia prima maratona...Va beh, basta,
sono stanco al solo pensiero...
Start
puntualissimo alle 9.30: spavaldamente e seguendo i dettami del coach, parto dalle
primissime file per evitare fastidiose incongruenze fra il tempo da “tabellone”
e quello ufficiale del chip (smanie del podista).
La gara inizia
con 4.5 km di pianura all’interno dell’aeroporto, sulle piste di decollo/atterraggio/rullaggio:
il primissimo tratto, di circa un km, direzione sud-ovest, si completa senza fatica
e con il consueto entusiasmo che solo il clima di gara può dare. Si vira sulla
destra, verso ovest, e si sente un fastidioso vento contrario, che cerco di neutralizzare
con la “tattica del parassita”, incollandomi alle calcagna di qualcuno. Il
malcapitato di turno, tuttavia, sembra andare troppo piano e decido di
fregarmene e lasciare la scia, esponendomi ai venti inglesi: chissene frega se
perdo qualche secondo, tanto il coach neanche voleva farmi gareggiare!!
Lasciato il
sedime aeroportuale, ci si addentra nel paesaggio di campagna tipico dell’Inghilterra:
tanti campi, molti cavalli, ville pazzesche senza recinzioni e tante, tante,
tante COLLINE!!!! Oltre al piacere di poter imprecare ad alta voce ad ogni
salita senza urtare la suscettibilità di altri podisti, mi ritorna il pensiero
ricorrente di scegliere come prossima destinazione del mio lavoro l’Olanda:
quelle infinite pianure, quei luoghi ideali per battere i propri PB
podistici...che sogno!!
Superate le varie
salite e discesce, per altri 3 km il vento risulta contrario, ma il ritmo è
ormai preso e si arriva al 9° km con uno sparuto gruppetto di podisti incalliti
che fanno ritmo, mentre io faccio il cretino con i fotografi ufficiali lungo il
percorso e addirittura, per una volta tanto, mi abbevero al rifornimento poco
oltre metà gara, rifornendomi anche di un Power Gel, sponsor ufficiale della corsa,
che però riporterò sigillato in macchina, visto che non ne sentivo bisogno e
non volevo perdere tempo ad aprirlo a morsi!
Al 12° km, il
solito soggetto disturbatore di ogni mia gara si fa avanti: un tale dall’altezza
di Tom Cruise ma dalle sembianze di Ricky Cunningham (per chi ama i telefilm Anni
’80) o di Jim Courier (per gli amanti del tennis), super accessoriato, con un
cappelletto che non riusciva a contenere degli unti riccioli rosci!! Il soggetto
in questione, fra vari sorpassi e contro-sorpassi, a un certo punto si affianca
e inizia a chiedermi se venissi dall’Italia, se la Lazio Runners (di cui
portavo come sempre la casacca) fosse legata alla squadra di calcio, se
abitassi a Londra e se lavorassi nella City. Malgrado la tentazione di porre la
domanda più logica e spontanea (“ma i cazzetti tuoi no?”), mi impongo
gentilezza e rispondo come posso alle varie domande, finché scopro la vera
ragione dell’interrogatorio del perfido roscio: senza giri di parole, al mio
tentativo di allungare il passo per liberarmene, mi domanda a quale gara io sia
iscritto( “are doing the ten or the twenty?)!AAHAHHAHAHAHAHAHAHA, come sempre
il podista si dimostra per quello che è: virtuosamente, nobilmente,
ammirevolemente COMPETITIVO!! Lo scorfano, che evidentemente era in debito di
ossigeno, voleva solamente sapere se fossi o meno un suo rivale nella gara da
32 km. Questo posso affermare con certezza visto che, una volta appresa la
lunghezza della mia gara, mi ha lasciato perdere e si è dileguato dietro di me
per non farsi più vedere.
Al 14° km
affianco il solito mio incubo: il tipico podista che turba la serenità delle
mie gare, colui che lancia la volata a 2 km dall’arrivo, per giunta palesando quell’impercettibile
affanno che mi impone di stargli affiancato e di batterlo. Respira pesantemente
quando arriviamo al cartello delle 9 miglia (14.4 km), eppure ha un fisico da
sprinter (a fine gara mi dirà di essere un triatleta) che mi lascia ben poche
speranze per la volata finale. Fatto sta che all’ultimo km parte il suo allungo
ma io, stavolta, non me lo faccio scappare, come feci alla Bushy Park. Penso
agli allenamenti massacranti cui mi ha sottoposto quel dittatore di fratello
nel corso del rigido inverno inglese (sto esagerando forse?) e, alla sbarra
sollevata dell’ingresso nord dell’aeroporto, lo affianco e sparo gli ultimi 400
metri a tutta birra, lasciandolo alle spalle e giungendo al traguardo 7 secondi
prima di lui. Mi vergogno anche ad ammettere che mi sono permesso una specie di
posa e di fare un sorriso di soddisfazione all’obiettivo del fotografo di gara
a pochi metri dall’arrivo.
Il cronometro
ufficiale parla di 16 km esatti in 1h05’13’’, il che significa un’ottima media
di 4’05 al km e cinque minuti secchi in meno rispetto al tempo dello scorso
anno sullo stesso percorso. Il triatleta mi viene a stringere la mano e mi dice
che questa è la sua gara preferita, oltre a chiedermi se mi sono divertito o
meno! Certo che sì, soprattutto nella volata finale (questa non gliel’ho
detta!).
Arrivo 11°
assoluto, a 16 secondi dal 10°, che è un tale che ha corso qualche settimana fa
una mezza in 1h23’ e le ultime gare di 10 km abbondantemente sotto i 37’! Non
che questo voglia dire che arriverò mai a quei livelli, ma la gara odierna fa
ben sperare soprattutto perché condotta dall’inizio alla fine senza affanno,
senza fatica ed in buona scioltezza, malgrado l’irregolarità del percorso!
Il coach, che nel
frattempo arrivava secondo di categoria nel cross di Viterbo, esprimeva via sms
la sua soddisfazione (ovviamente per la qualità dell’allenatore!!!) e si lanciava
in un’entusiastica quanto inquietante previsione di performance temporale che,
a sua delirante detta, potrei ottenere in una prossima mezzamaratona piatta fra
un mesetto.
In realtà la sola
gara in programma è ormai il 29 aprile, con la mezzamaratona di Bracknell, non certo
una gara da PB, visto che si corre in mezzo a una foresta ed è caratterizzata per quasi 5 km da pura salita. L’iscrizione è nata da uno slancio di euforia e dall’impossibilità
di trovare mezze piatte da queste parti, almeno non prima di settembre!
W la corsa, W i
podisti e, perché no, W il coach!
guarda...mi verrebbe voglia di ritoccare al ribasso le mie previsioni per la tua prossima mezza......ma non vorrei caricarti di troppe pressioni!!! Cmq bene così.....gli avversari in gara siano essi rosci malefici o triathleti dai PB inquietanti aiutano e tirano fuori l'agonista che è in te!!!! buon sangue non mente....
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