Dopo oltre 850 km di onorato servizio, dal 10 febbraio ho mandato in pensione le Brooks Ghost 4 ed ho iniziato a macinare chilometri con le Mizuno Wave Rider 15 (UK 11), già sperimentate con soddisfazione lo scorso anno ma stavolta di colore bianco e arancione.
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Thursday, 28 February 2013
Sunday, 10 February 2013
Kenley 10k Fun Run - 10 febbraio 2013 ...Cuore d'aliante
Posa infreddolita pre gara, pozze sullo sfondo |
La Kenley 10 k
Run è stata la prima reazione, quasi automatica ed istintiva, alla tristezza
del rientro in Inghilterra dopo le lunghe ferie natalizie: bisognava prenotare
una gara in tempi rapidi, possibilmente di 10 km e pianeggiante. Questa faceva
il mio caso.
I selettivi
requisiti, molto rari peraltro da rispettare da queste parti, mi hanno fatto
cadere l’occhio su una corsa all’interno di un aeroporto glorioso per la storia
dell’aeronautica militare inglese (la RAF), il Kenley Aerodrome.
Da questa base della
RAF, operativa dal 1917 al 1959, nel corso della Seconda Guerra Mondiale sono
decollati gli aerei che hanno preso parte alla gloriosa Battaglia d’Inghilterra,
primo grande arresto subito dalla pur superiore Luftwaffe hitleriana nell’estate
del 1940. Un luogo la cui importanza, per il corso di quel conflitto e della
storia, è difficilmente descrivibile senza essere riduttivi.
Cancello di ingresso all'aeroporto |
Anche se gran
parte degli hangar di allora sono andati perduti o distrutti, la pista di
atterraggio e decollo mantiene ancora oggi la stessa configurazione originaria,
così come sono ancora visibili ed intatti i “blast pens” di allora, veri e
propri rifugi in muratura per i velivoli a terra che fungevano da gusci
protettivi contro i danni provocati dai violenti spostamenti d’aria dei bombardamenti.
Alcuni resti della struttura della base del tempo |
Dopo questa
introduzione storica, atterro immediatamente e ammetto di avere espletato un
bisogno pre-gara su uno di questi “blast pens”! D’altronde quando la pipì
scappa, il podista agisce.
Oggi la base è
centro attivo di addestramento civile e militare per velivoli alianti che, in
condizioni meteo favorevoli, volano anche mentre gli atleti disputano la corsa
di 10 km annuale.
Per concludere l’introduzione,
posso aggiungere che la gara, inizialmente prevista per fine gennaio, era stata
posticipata per neve e ghiaccio.
Affronto l’evento
dopo una settimana molto pesante fisicamente e psicologicamente, con
allenamenti spesso abortiti o mal portati a termine, i postumi del dolore al
fianco della gara di Eton e altri sintomi non piacevoli dovuti a nervosismo e
stress (parola abusata per molti, ma è così nel mio caso).
Il coach, da
parte sua, impietositosi forse constandando il mio stato o percependone la
scarsezza, mi aveva consigliato giorni prima di correre solo per divertirmi e
senza guardare l’orologio. Per una volta gli do retta e faccio bene, anche
perché non sarei stato nelle condizioni di arrivare in piedi se avessi tirato
alla morte.
Mi presento
puntuale presso l’ex base della RAF un’ora prima dello start e noto
immediatamente il banco per la registrazione incredibilmente esposto ai venti
ed alle piogge, senza una minima tenda di copertura o riparo per quei poveri
volontari, peraltro gentilissimi, addetti a tale incombenza. Ritiro il mio
pacco gara, ci sono 3 gradi, un vento da sud-est molto freddo, con raffiche a
45 km/h e tanta, tanta e tanta pioggia.
Noto anche che il
tracciato di gara, in sostanza la strada perimetrale rispetto alla pista dell’aeroporto
da percorrere in senso orario, è completamente asfaltato e pianeggiante anche
se si fanno sentire gli anni dell’intera infrastruttura con molte pozze e buche
a fare da corollario alla strada sconnessa.
![]() |
Impietose previsioni meteo di Met Office |
Il circuito è di
3 chilometri da ripetere 3 volte, con l’aggiunta di un chilometro e arrivo
davanti al War Memorial a bordo pista. Oggi, date le condizioni climatiche,
nessun aliante delizierà ed intratterrà lo sparuto gruppo di 200 podisti che si
presentano alla partenza. Peccato, mi sarebbe piaciuto e magari sarei stato più
incentivato a fare foto nel pre-gara.
Zona gara, manica a vento in lontananza |
Dopo un breve,
infreddolito e tremante riscaldamento, la partenza è data con puntualità alle
dieci e vedo subito 2 “bestie” muscolose prendere il largo e la testa del
gruppo: uno, in canottiera “a carne”, si scoprirà essere un duatleta, l’altro
un forte mezzofondista. Io, ovviamente, in debito di forma, di salute e di
condizione, mi attesto ad un cauto ritmo di 3’42-3’43 e vengo superato anche da
un terzo podista dai tratti somatici nordafricani.
Mappa di gara, bel tracciato |
Dopo il primo
chilometro metto il pilota automatico e sfrutto, come un aliante, il vento
prevalentemente favorevole che mi accompagna in direzione sud/ovest-nord-est. I
primi due podisti sfuggono via velocemente, soprattutto il primo sembra non avere
rivali. Il terzo, detto il magrebino ma dal nome inglesissimo, ha uno stile di
corsa molto particolare, caratterizzato da piccoli e frequentissimi passi che
sembrano dare efficacia alla sua azione. Io mi metto a 2 o 3 metri da lui e
aspetto di giungere al terzo chilometro prima di affiancarlo, scambiarci due
chiacchiere, salvo poi superarlo per sempre.
Da lì inizia una
gara in solitudine, con il tandem di testa troppo lontano per essere raggiunto,
il magrebino ormai lasciato alle spalle ma da controllare e altri due giri di
aeroporto da fare senza uno straccio di compagno di corsa!
Questa volta il
vento sarà prevalentemente contrario per circa 3.5 km, favorevole per 3 e
laterale per 3.5 dei chilometri totali. Decisamente meglio che a Eton la
settimana precedente.
Visto che ho
scordato di regolare l’auto-lap sul mio GPS, l’unico punto di riferimento che
mi resta guardare con interesse è il parziale al quinto km, che chiudo in un
onorevole 18’40. Molto bene, sono andato piano, ho contenuto tentazioni di PB
(peraltro velleitarie ed impossibili), mi sono limitato alla sufficienza abbondante
e posso iniziare una leggera progressione che, nella sostanza, mi vedrà
chiudere i secondi 5 km in “split negativo” (18’21) con un bello spunto nel
finale che fa sempre morale.
Chiudo terzo
assoluto in 37’01 per 10 km precisissimi al mio GPS, un minuto dopo il
vincitore, 25’’ dopo il secondo, sul quale ho colmato parecchio del distacco
iniziale, e un minuto prima del magrebino.
A fine gara, i
due di testa mi aspettano per applaudirmi a bordo rettilineo del traguardi,
complimentarsi e stringermi la mano. Una bella prova di sportività che nel
podismo si riscontra con piacevole frequenza.
Il dolore al
fianco destro si è affacciato intorno al km 9.2, ma in forma meno acuta della
settimana precedente e senza precludere una buona accelerazione finale che fa
morale e dà speranza.
Per questa
settimana, per il periodo, per tutte le difficoltà dell’inverno inglese, mi
ritengo discretamente soddisfatto. Inutile ed autolesionista sarebbe guardare a
un mese prima e constatare che nel giorno dell’Epifania avevo corso la stessa
distanza mettendoci 75 secondi in meno, su tracciato peraltro non completamente
pianeggiante ed asfaltato...Ragionare così sarebbe solamente stupido ed in
questo periodo prendo gare quali la
Kenley Run come una benedizione per mantenere la fiducia e andare avanti in
qualche modo. Ogni gara fa storia a se’, sinceramente mi sembra già tanto
essere arrivato sotto ai 38’ o, meglio ancora, essere arrivato al traguardo. E
poi, come dice il coach, “mica si può essere sempre in forma”...
A proposito del
coach, mi sta spronando a gareggiare una 5 km fra due settimane: se da un lato
sono restìo, dall’altro penso che finora mi ha sempre dato consigli
azzeccatissimi e bene mi farebbe sfidare l’inverno inglese ignorandone la
rigidità e le tentazioni di rimanere al calduccio del letto nel fine settimana
per indossare calzoncini, scarpe arancioni ed armarmi di tanta buona volontà.
Viva i podisti di
Sua Maestà, viva l’Aeronautica Militare Italiana e viva la RAF!
Sunday, 3 February 2013
Run Eton 10 km - 2 febbraio 2013 ...VITTORIA!!!!
Finalmente si
ritorna a gareggiare in suolo britannico, dopo il rinvio della Kenley 10 km Run,
prevista per il 27 gennaio scorso ma rimandata a domenica 10 febbraio a causa
della neve e del ghiaccio delle scorse settimane.
Ripartirei
proprio dalle condizioni meteorologiche che hanno caratterizzato il mio rientro
in Inghilterra: se appena dopo l’Epifania il clima sembrava accettabile e
addirittura temperato rispetto agli standard del posto, le ultime 2-3 settimane
di allenamenti sono state martoriate e disturbate da neve, ghiaccio, vento
fortissimo e, ovviamente, freddo, freddo e ancora freddo.
Consueto scatto ricordo pre-gara |
Sono rientrato
dall’Italia con una latente sensazione di appesantimento post-vacanziero; forse
mi sbaglio e forse è solo un’impressione, ma ho constatato che in queste tre
settimane ho faticato molto di più a portare a termine allenamenti a volte
anche modesti. Altri segnali sembrerebbero far pensare ad un periodo non
eccelso, fisicamente parlando, ma voglio sperare che si tratti semplicemente di
tanta stanchezza, poche ore dormite, clima che scoraggia la pratica della
corsa, parecchio stress e soliti viaggi di lavoro.
Appresa con delusione
la notizia del rinvio della gara dello scorso fine settimana, d’accordo con il
coach, ho optato per l’iscrizione last-minute alla Run Eton 10 km, una corsa
pianeggiante sulle sponde del bacino di canottaggio olimpico di Dorney Lake, un
vero e proprio tempio dello sport inglese. Il luogo, peraltro, mi è particolarmente
caro perché teatro, nella primavera dello scorso anno, della prima corsa del
coach in suolo inglese (vedere post “All Nations 10 km”). Bei ricordi risalenti
a quasi 15 mesi fa.
Il coach, che è
molto meno romantico di me, mi aveva ammonito, con la consueta diffidenza, in
merito ai pericoli di una gara del genere, ricordando bene che il tracciato di
Dorney Lake ha una caratteristica potenzialmente insidiosissima per ogni
podista: è del tutto sprovvisto di barriere naturali protettive ed è
drammaticamente esposto ai venti ed alle folate, che tanto spesso soffiano a
queste latitudini. Per il tapascione, a parte il ghiaccio per terra, il vero
nemico è il vento, non tanto il freddo, il caldo o la pioggia.
Non curandomi dei
suoi consigli, peraltro molto saggi, decido di iscrivermi e a iniziare il
consueto controllo del sito Met Office UK per capire ogni giorno di più che
cosa mi avrebbe riservato il clima per questa giornata. Purtroppo apprenderò
molto presto di temperature poco sopra allo zero ma soprattutto di un
fortissimo e gelido vento da nord-ovest, esattamente contrario per metà gara (e
soprattutto per gli ultimi 2.5 km!).
Fango in zona parcheggio |
La Run Eton 10 km
fa parte di un fittissimo programma di gare di corsa, triathlon e duathlon che
si disputeranno in serie nei prossimi mesi. La corsa cui partecipo io vede la
partenza contemporanea degli atleti della 5 km (1 giro del circuito lungolago),
della 10 km (2 giri) e della 20 km (4 giri). La stessa gara si correrà a inizio
marzo e domenica 7 aprile, quando ad onorarla sarà la presenza del coach e dei
gagliardi fratelli Fabio e Giampiero, insostituibili compagni di squadra Lazio
Runners Team e di trasferte internazionali.
Scorcio zona partenza |
Primo tratto di gara, con vento a favore |
Trattandosi della
prima delle tre tappe, ho affrontato questa corsa nella totale ignoranza dello
storico dei risultati delle precedenti edizioni. Se questo da un lato mi ha
impedito di lanciarmi in ricerche forsennate sugli atleti passati, dall’altro
ha dato totale licenza al coach di avventurarsi in pronostici per me
impossibili ed in predizioni da guru dei tapascioni. Di seguito riporto le sue
frasi (ipse dixit) pre-gara:
-Correrai sempre da solo e per la vittoria,
-In partenza mettiti in scia del battistrada,
-Se il battistrada è troppo lento per te, staccati un paio di metri e fai
la tattica del gatto morto, ti riposi e a ¾ di gara te ne vai in progressione,
-Se si crea un gruppetto, datevi cambi regolari e nessuno si mette davanti
a tirare controvento. Rallenta o staccali,
-Non pensare al tempo, viste le condizioni climatiche, ma solo a fare gara
sull’uomo.
Il buon senso di
gran parte di questi consigli sarà da me constatato in gara, anche se purtroppo
sotto forma di rimpianto per non averli seguiti! Quanto alla metafora del gatto
morto, ho seguito più la componente del morto che quella felina...
La gara, la cui
partenza è fissata a un comodissimo orario (13h30), inizia per me con un
sopralluogo un’ora prima dello start. Enorme parcheggio su erba (e fango),
bacino di canottaggio con un paio di equipaggi in azione, acqua increspatissima
dal vento, bandiere dello sponsor (Gatorade) come vele spiegate, insomma ciò
che mi appare subito evidente è che ci sarà da soffrire, visto che i km 2.5-5 e
7.5-10 (quelli segnati dalle frecce gialle nella mappa) saranno clamorosamente controvento.
Ventosa zona partenza/arrivo |
Completata la
procedura di registrazione e ritirato il pettorale, scopro con somma sorpresa
che il chip ha la forma di una pennetta USB legata ad un velcro a strappo da indossare
intorno a una delle dita delle mani. Ciò che più mi lascia sbalordito è che a fine
gara, a quanto capisco, bisognerà infilare la testa di questo chip all’interno
di una macchina obliteratrice, che solo in quel momento rileva il tempo
ufficiale. Mi domando come sia possibile, in caso di sprint e arrivo in volata,
stabilire che chi abbia avuto la meglio. Quando me lo spiegano, penso di avere
capito male e non presto la dovuta attenzione alla vicenda. Altra prassi sbalorditiva
per certi versi è la cara e vecchia punzonatura pre-gara, con ogni podista
chiamato, appena ritirato il chip, ad inserirne una sezione all’interno di una
macchinetta simile a quella che poi si troverà al traguardo. La punzonatura
post-moderna...fantastica...
Il chip anulare (anche se io lo porto al medio). Mano ghiacciata |
Dato il vento
fortissimo, malgrado la giornata soleggiata, la temperatura di 5 gradi sembra
ben al di sotto dello zero ed io mi rifugio in auto tremante ed infreddolito.
Esco alle 13.10 per un quarto d’ora di riscaldamento lungo il tracciato di
gara, con i soliti ed immancabili allunghi, salvo dispormi a due minuti dalla
partenza in prossimità delle prime posizioni.
3,2, 1 si
parte...Come previsto, i primi 2.5 km sono con il vento a favore, io sbaglio
subito la tattica di gara e imposto un ritmo elevato per tenere la testa del
gruppetto di partenza (escluso un pazzo che ha staccato tutti e che, per
fortuna, gareggiava la corsa da 5 km). Davanti a me due ragazzi ed una donna
piuttosto forte. Li tengo sotto controllo e supero la donna poco dopo il cartello
del primo km (3’29). Ai bordi del bacino si vede una squadra di canottaggio
fare esercizi di atletica e guardarci incuriosita. Il secondo km passa liscio
in 3’32, colpevoli anche un paio di mini-cavalcavia/ponti e la mia intenzione
di non strafare. Si giunge al termine della “vasca” del circuito di canottaggio
e, con sommo dispiacere, scopro che non si ritorna dalla sponda opposta, il
parallelo lato lungo del rettangolo, ma si fa un’inversione a “u” intorno al
solito birillo prima di risalire per lo stesso lato del lago ma su un vialetto
ancora più esterno rispetto a quello da cui siamo giunti.
Invertito il
senso di marcia, vengo travolto da una barriera di vento che riesco a
neutralizzare alla meno peggio nel terzo km (3’38), ma che mi presenta
inevitabilmente il conto al quarto (3’48) e al quinto (3’50). Da sottolineare
l’azzeccatissima previsione del coach circa una mia condotta di gara in totale
solitudine, eccezion fatta per un forte atleta della corsa dei 20 km che,
paraculissimo, si appiccica alle mie spalle per 2 dei 2.5 km di vento
contrario, salvo poi superarmi e dirmi di accodarmi a lui (grazie al cavolo, mi
fai fare da locomotiva con il vento contrario e mi dai il cambio a 500 metri
dal giro di boa e dal vento in poppa?). Gli dico di andare e lo vedrò sempre
davanti a me di un centinaio di metri.
Al km 4.6 mi
viene un fortissimo dolore al solito fianco destro (o fegato): lo sconforto è
alle stelle e penso seriamente di ritirarmi al termine dei 5 km (18’17). Cerco
di non pensare che quello è lo stesso maledetto dolore che mi ha colpito a
Nottingham (ultimo dei 21,097 km) e ad Amersfoort (ultimo dei 21,097 km), solo
che questa volta si presenta addirittura prima di metà gara. Il resto della
storia mi vedrà affrontare i 2.5 km di vento a favore in una sorta di stato di
agonia senza soluzione di continuità. Per fortuna ho nel frattempo affiancato e
superato i due ragazzi con cui ero partito, che sembrano soffrire quanto me, ma
so di non poterli staccare di tanto.
Decido di
sfruttare il vento in poppa rallentando sensibilmente rispetto ai primi due km
e gestendo il dolore al fianco destro, che inevitabilmente fa scomporre la mia
postura e deforma la linearità della mia corsa, con inevitabili dolori a catena
alla schiena ed alla colonna vertebrale. Il sesto si chiude in 3’42 ed il
settimo in 3’40 (ricordo che sono i due km con vento a favore).
Al momento di
girare la boa, davanti ho ancora il tizio che mi voleva dare il cambio ed un
altro tizio che era partito fortissimo ma che è in vistoso calo: entrambi
indossano il pettorale della corsa da 20 km, il che significa che, al km 7.5 ed
in pieno stato di sofferenza, sono virtualmente il primo della gara sui 10
km...la mia gara! Il secondo è un ragazzo fisicatissimo, sicuramente un
triathleta, che in partenza mi aveva squadrato e che a due chilometri e mezzo
dall’arrivo è a soli 5-6 secondi di distanza da me.
Si gira la boa,
anzi il birillo, il vento sembra ancora più intenso. Non ci sono raffiche a 50
km/h come previsto, ma tira vento regolare a 50 km/h. La sofferenza non arriva
a ondate, ma è costante, permanente. Il fianco fa leggermente meno male ma il
dolore è salito in forma acuta alla bocca alta dello stomaco. Penso che prima o
poi andrà capito che cosa diavolo sia e penso anche al coach ed al suo monito a
proposito dei tracciati tanto esposti ai capricci di Eolo, per di più in terra
inglese...
L’ottavo km,
ormai in agonizzante solitudine, lo chiudo trascinandomi a 3’48, ma sento davvero
di non averne più. Cerco di capire quanto disti il triatleta, ma non riesco a
sentirne né passi né respiro: sarà ormai battuto oppure è il rumore del vento
che copre tutto? Non lo so e non me ne curo, fatico, fatico tantissimo ed il
nono arriva come una liberazione (3’53). Vedo bandiere e l’arco della zona
traguardo, al km 9.5 decido di cedere a quanto fino ad allora avevo rifiutato
categoricamente di fare: mi volto e controllo la situazione degli inseguitori
alle mie spalle. Il triatleta è staccato, sono solo al traguardo, i due della
20 km hanno preso la direzione destra, io giro a sinistra e taglio il traguardo
con un tempo onorevole (36’31), date le condizioni climatiche e soprattutto
fisiche, ma non certo eccelso.
A onor del vero, come aggravante, va sottolineato che il mio gps segna una distanza totale di 9.82 km, quindi il mio tempo vale almeno 37’00. Per carità, non mi lamento, ma di certo si può e si deve fare di meglio.
A onor del vero, come aggravante, va sottolineato che il mio gps segna una distanza totale di 9.82 km, quindi il mio tempo vale almeno 37’00. Per carità, non mi lamento, ma di certo si può e si deve fare di meglio.
Ovviamente
all’arrivo mi dimentico di obliterare il chip e vengo richiamato ed invitato in
tutta fretta a provvedere prima che giunga il triatleta, privandomi della prima
vittoria della mia vita podistica.
Sobria premiazione del vincitore |
Vittoria che fa
morale sicuramente, ma che mi lascia sconcertato per il livello di sofferenza
e per la ricorrenza del dolore al fianco che hanno caratterizzato la seconda
metà di gara.
Sono certo che, se avessi
adottato una tattica più guardinga e controllata nei primi 3-4 km, non avrei
sofferto così. Devo imparare ad ascoltare il coach e a non lasciarmi prendere dall’entusiasmo,
anche perché le mie caratteristiche mi portano a preferire la lunga e lenta
progressione alla partenza lanciata e a razzo.
Poi devo anche
capire per quale motivo una persona che si allena regolarmente debba essere colpito
da questi lancinanti dolori in zona fegato, ormai troppo ricorrenti per essere
imputati a semplice ed incidentale casualità. Certo è che non mi sono mai
capitati durante le gare corse in Italia, il che potrebbe farmi sospettare che
si tratti di qualcosa legato al regime alimentare o al mio stile di vita. Cosa
però?
Detto questo,
attendo con impazienza di rimettermi alla prova fin da domenica prossima, con
la viva speranza di concludere la gara più degnamente e con la convinzione che
le corse si vincono contro l’orologio e non contro gli avversari. Almeno per me
così è.
Il premio (mela esclusa!) |
Prossima gara la Kenley Airfield 10 km domenica 10 febbraio e, poi, forse (ma solo forse) un'altra gara sul circuito di Dorney Lake ma stavolta di 5 km (il 23 febbraio).
Viva i podisti di tutte le latitudini, viva il canottaggio e viva la Regina.
Viva i podisti di tutte le latitudini, viva il canottaggio e viva la Regina.
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