Posa infreddolita pre gara, pozze sullo sfondo |
La Kenley 10 k
Run è stata la prima reazione, quasi automatica ed istintiva, alla tristezza
del rientro in Inghilterra dopo le lunghe ferie natalizie: bisognava prenotare
una gara in tempi rapidi, possibilmente di 10 km e pianeggiante. Questa faceva
il mio caso.
I selettivi
requisiti, molto rari peraltro da rispettare da queste parti, mi hanno fatto
cadere l’occhio su una corsa all’interno di un aeroporto glorioso per la storia
dell’aeronautica militare inglese (la RAF), il Kenley Aerodrome.
Da questa base della
RAF, operativa dal 1917 al 1959, nel corso della Seconda Guerra Mondiale sono
decollati gli aerei che hanno preso parte alla gloriosa Battaglia d’Inghilterra,
primo grande arresto subito dalla pur superiore Luftwaffe hitleriana nell’estate
del 1940. Un luogo la cui importanza, per il corso di quel conflitto e della
storia, è difficilmente descrivibile senza essere riduttivi.
Cancello di ingresso all'aeroporto |
Anche se gran
parte degli hangar di allora sono andati perduti o distrutti, la pista di
atterraggio e decollo mantiene ancora oggi la stessa configurazione originaria,
così come sono ancora visibili ed intatti i “blast pens” di allora, veri e
propri rifugi in muratura per i velivoli a terra che fungevano da gusci
protettivi contro i danni provocati dai violenti spostamenti d’aria dei bombardamenti.
Alcuni resti della struttura della base del tempo |
Dopo questa
introduzione storica, atterro immediatamente e ammetto di avere espletato un
bisogno pre-gara su uno di questi “blast pens”! D’altronde quando la pipì
scappa, il podista agisce.
Oggi la base è
centro attivo di addestramento civile e militare per velivoli alianti che, in
condizioni meteo favorevoli, volano anche mentre gli atleti disputano la corsa
di 10 km annuale.
Per concludere l’introduzione,
posso aggiungere che la gara, inizialmente prevista per fine gennaio, era stata
posticipata per neve e ghiaccio.
Affronto l’evento
dopo una settimana molto pesante fisicamente e psicologicamente, con
allenamenti spesso abortiti o mal portati a termine, i postumi del dolore al
fianco della gara di Eton e altri sintomi non piacevoli dovuti a nervosismo e
stress (parola abusata per molti, ma è così nel mio caso).
Il coach, da
parte sua, impietositosi forse constandando il mio stato o percependone la
scarsezza, mi aveva consigliato giorni prima di correre solo per divertirmi e
senza guardare l’orologio. Per una volta gli do retta e faccio bene, anche
perché non sarei stato nelle condizioni di arrivare in piedi se avessi tirato
alla morte.
Mi presento
puntuale presso l’ex base della RAF un’ora prima dello start e noto
immediatamente il banco per la registrazione incredibilmente esposto ai venti
ed alle piogge, senza una minima tenda di copertura o riparo per quei poveri
volontari, peraltro gentilissimi, addetti a tale incombenza. Ritiro il mio
pacco gara, ci sono 3 gradi, un vento da sud-est molto freddo, con raffiche a
45 km/h e tanta, tanta e tanta pioggia.
Noto anche che il
tracciato di gara, in sostanza la strada perimetrale rispetto alla pista dell’aeroporto
da percorrere in senso orario, è completamente asfaltato e pianeggiante anche
se si fanno sentire gli anni dell’intera infrastruttura con molte pozze e buche
a fare da corollario alla strada sconnessa.
Impietose previsioni meteo di Met Office |
Il circuito è di
3 chilometri da ripetere 3 volte, con l’aggiunta di un chilometro e arrivo
davanti al War Memorial a bordo pista. Oggi, date le condizioni climatiche,
nessun aliante delizierà ed intratterrà lo sparuto gruppo di 200 podisti che si
presentano alla partenza. Peccato, mi sarebbe piaciuto e magari sarei stato più
incentivato a fare foto nel pre-gara.
Zona gara, manica a vento in lontananza |
Dopo un breve,
infreddolito e tremante riscaldamento, la partenza è data con puntualità alle
dieci e vedo subito 2 “bestie” muscolose prendere il largo e la testa del
gruppo: uno, in canottiera “a carne”, si scoprirà essere un duatleta, l’altro
un forte mezzofondista. Io, ovviamente, in debito di forma, di salute e di
condizione, mi attesto ad un cauto ritmo di 3’42-3’43 e vengo superato anche da
un terzo podista dai tratti somatici nordafricani.
Mappa di gara, bel tracciato |
Dopo il primo
chilometro metto il pilota automatico e sfrutto, come un aliante, il vento
prevalentemente favorevole che mi accompagna in direzione sud/ovest-nord-est. I
primi due podisti sfuggono via velocemente, soprattutto il primo sembra non avere
rivali. Il terzo, detto il magrebino ma dal nome inglesissimo, ha uno stile di
corsa molto particolare, caratterizzato da piccoli e frequentissimi passi che
sembrano dare efficacia alla sua azione. Io mi metto a 2 o 3 metri da lui e
aspetto di giungere al terzo chilometro prima di affiancarlo, scambiarci due
chiacchiere, salvo poi superarlo per sempre.
Da lì inizia una
gara in solitudine, con il tandem di testa troppo lontano per essere raggiunto,
il magrebino ormai lasciato alle spalle ma da controllare e altri due giri di
aeroporto da fare senza uno straccio di compagno di corsa!
Questa volta il
vento sarà prevalentemente contrario per circa 3.5 km, favorevole per 3 e
laterale per 3.5 dei chilometri totali. Decisamente meglio che a Eton la
settimana precedente.
Visto che ho
scordato di regolare l’auto-lap sul mio GPS, l’unico punto di riferimento che
mi resta guardare con interesse è il parziale al quinto km, che chiudo in un
onorevole 18’40. Molto bene, sono andato piano, ho contenuto tentazioni di PB
(peraltro velleitarie ed impossibili), mi sono limitato alla sufficienza abbondante
e posso iniziare una leggera progressione che, nella sostanza, mi vedrà
chiudere i secondi 5 km in “split negativo” (18’21) con un bello spunto nel
finale che fa sempre morale.
Chiudo terzo
assoluto in 37’01 per 10 km precisissimi al mio GPS, un minuto dopo il
vincitore, 25’’ dopo il secondo, sul quale ho colmato parecchio del distacco
iniziale, e un minuto prima del magrebino.
A fine gara, i
due di testa mi aspettano per applaudirmi a bordo rettilineo del traguardi,
complimentarsi e stringermi la mano. Una bella prova di sportività che nel
podismo si riscontra con piacevole frequenza.
Il dolore al
fianco destro si è affacciato intorno al km 9.2, ma in forma meno acuta della
settimana precedente e senza precludere una buona accelerazione finale che fa
morale e dà speranza.
Per questa
settimana, per il periodo, per tutte le difficoltà dell’inverno inglese, mi
ritengo discretamente soddisfatto. Inutile ed autolesionista sarebbe guardare a
un mese prima e constatare che nel giorno dell’Epifania avevo corso la stessa
distanza mettendoci 75 secondi in meno, su tracciato peraltro non completamente
pianeggiante ed asfaltato...Ragionare così sarebbe solamente stupido ed in
questo periodo prendo gare quali la
Kenley Run come una benedizione per mantenere la fiducia e andare avanti in
qualche modo. Ogni gara fa storia a se’, sinceramente mi sembra già tanto
essere arrivato sotto ai 38’ o, meglio ancora, essere arrivato al traguardo. E
poi, come dice il coach, “mica si può essere sempre in forma”...
A proposito del
coach, mi sta spronando a gareggiare una 5 km fra due settimane: se da un lato
sono restìo, dall’altro penso che finora mi ha sempre dato consigli
azzeccatissimi e bene mi farebbe sfidare l’inverno inglese ignorandone la
rigidità e le tentazioni di rimanere al calduccio del letto nel fine settimana
per indossare calzoncini, scarpe arancioni ed armarmi di tanta buona volontà.
Viva i podisti di
Sua Maestà, viva l’Aeronautica Militare Italiana e viva la RAF!
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