Scrivo questo post
con un ritardo pazzesco rispetto alle date degli eventi narrati.
Sono state tre
settimane piuttosto intense: per lavoro ho viaggiato fra Lisbona, Francoforte,
Bruxelles e Roma.
Passata la Pasqua
e una volta tornato in Inghilterra, ho chiuso la trattativa per l’acquisto di
un’auto (con guida a destra...ora sì che sono pienamente integrato!), le
relative pratiche assicurative, la consegna, etc.etc.
Dal punto di
vista podistico, dopo il successo della Roma-Ostia, riponevo le mie aspettative
sulla Maidehead Easter 10, corsa di 10 miglia (16.2 km da gps) che si disputa sempre il
giorno di Venerdì Santo (festivo in Inghilterra) e che lo scorso anno ho
corso in una fase di forma piuttosto brillante, chiudendola dieci secondi
sopra l’ora.
Appia Run – 13 aprile 2014: la mia prima e forse
ultima volta.
Prima di dedicarmi
al racconto della gara inglese, una inspettata trasferta lavorativa a Roma mi
ha quasi “costretto” ad iscrivermi alla famosa Roma Appia Run, corsa capitolina
di 13 km (teorici) molto partecipata che parte dallo stadio di Caracalla e,
dopo svariati chilometri sui sampietrini dell’Appia Antica e sterrato ondulato
all’interno del Parco della Caffarella, ritorna
e arriva proprio all’interno dello stadio di partenza.
Era la mia prima volta
all’Appia Run, ne ero incuriosito e per una volta tanto non avevo obiettivi
cronometrici da realizzare, anche perché meno di 48h prima avevo fatto un duro
allenamento in pista e le gambe erano inevitabilmente ancora provate. Il coach
mi aveva suggerito di fare un buon medio fra i 3’50 ed i 4’/km...povero illuso!
Giunto a
Caracalla la mattina della gara, a parte il clima umidissimo ed i 13 gradi,
constato subito una serie di pecche da parte di un’organizzazione
dilettantistica, rivedibile e confusionaria: gli spogliatoi dell’impianto sono
chiusi a chiave e sorvegliati da inspiegabili scimmioni vestiti da buttafuori;
i bagni sono pochissimi e nascosti; la partenza (dis)organizzata senza criterio,
senza griglie e senza la minima decenza da parte di atleti che, pur andando a 6’/km,
si piazzano testardamente nelle prime file; l’intera manifestazione viene
sovrastata e caratterizzata da una volgare “violenza commerciale” da parte
dello sponsor Samsung, che compare in ogni dove; i pettorali non hanno numero. Dulcis in fundo –e da qui capisco che
non è aria - a poche centinaia di metri dalla partenza della massa di oltre
3000 atleti da viale di Terme di Caracalla, scopro che quei fenomeni dell’organizzazione
hanno avuto la brillante idea di cambiare tracciato quest’anno e di far
confluire il serpentone su un tratto di strada strettissimo, creando ingorghi
indicibili e diffusi smadonnamenti .
Già ero
contrariato per la partenza a metà gruppo, ma una volta giunto nei pressi di
questo imbuto, inizio seriamente a pentirmi di essermi svegliato alle 6 di
mattina per prendere parte a simile tonnara. Primi 5 km all’insegna dello
slalom, alternato a bruschi rallentamenti e mancati tamponamenti umani. Per
fortuna al mio fianco c’è il compagno di squadra Filippo, con il quale scambio
due chiacchiere e che la prende con maggiore filosofia, senza crucciarsi
troppo. Viaggio sui 4’25 di media, mi guardo intorno, cerco di godermi lo
spettacolo dell’Appia Antica.
Intorno al sesto
chilometro, all’interno del Parco della Caffarella, vedo davanti a me un
cinquantenne in forma smagliante, tiratissimo: io quello lì lo conosco bene...ma
certo, è lui, l’unico ed inimitabile RB!!!! Da lì in poi la mia Appia Run cambia
volto e si trasforma in una bella
occasione di scambiare due chiacchiere e di correre accanto ad uno dei miei
idoli podistici, ironman pazzesco, triatleta incredibile, grande sportivo anche
se inspiegabilmente interista.
Così, senza
neanche rendermi conto del tempo né della
distanza percorsa, come un fido scudiero, seguo e mi affianco ad RB, giungendo
al traguardo di questa gara di 12.68 km alla balneare media di 4’22/km.
A parte il
piacevolissimo incontro con RB, il lato positivo di questa “gara” è che mi sono
risparmiato in vista del tentativo di PB sulle 10 miglia, dopo cinque giorni in
Inghilterra.
Maidehead Easter Ten - 18 aprile 2014: si fa sul serio
Con la Roma-Ostia,
la Maratona di Berlino (settembre) e la Staines 10k (maggio), questa corsa è stata “designata” come una delle tappe
fondamentali del mio 2014 podistico, una gara del mio personalissimo grande
slam, insomma, da preparare bene per tentare magari di migliorare il personale
sulla distanza, tutta inglese, delle 10 miglia.
Lo scorso anno, come raccontato in un precedente post,
l’avevo corsa in una giornata di fine marzo soleggiata ma piuttosto fredda e
ventosa. Allora avevo fatto registrare un eccellente tempo 1h00’10 che,
peraltro, rappresentava anche il mio PB.
Quest’anno ci arrivo carico di entusiasmo dopo il personale
della Roma-Ostia sulla mezzamaratona, ma anche al termine di tre settimane in
cui non ho mai dormito per tre notti di fila nello stesso letto, sempre in giro
per l’Europa, sempre in aereo, sempre in trasferta e sempre a fare gli
straordinari per allenarmi in ogni dove e malgrado gli scombussolamenti logistici
e le scarse ore di sonno.
La mattina della gara, il Venerdì Santo, il tempo
sembra la fotocopia di quello della precedente edizione, anche se allora c’erano
3 gradi e oggi “ben” 8: sole, cielo blu, forte vento di tramontata e
temperatura non proprio primaverile.
Al
contrario di quanto avvenuto all’Appia Run, constato alcuni apprezzabili accorgimenti
da parte degli organizzatori: gara limitata a 1000 atleti, partenza in zona
industriale non bellissima ma davvero funzionale per i parcheggi, bagni in
abbondanza e, soprattutto, griglie di partenza “ad alto tasso di civiltà”, nel
senso che ogni singolo atleta si posiziona diligentemente e spontaneamente all’altezza
del gruppo corrispondente, in modo realistico, al proprio livello.
Questo significa che, a 3 minuti dallo start,
senza spintonare e senza dover dare di gomito, riesco a posizionarmi in quinta-sesta fila, nel gruppetto dei primi
60-70 atleti. Penso di valere quello e nessuno ha da ridire, come io di certo non
contesto chi è davanti a me perché sono sicuro che vale più del sottoscritto.
Il senso civico, anche nel podismo, è qualcosa che questi inglesi hanno da
vendere.
Il coach mi aveva detto di non partire troppo
piano e anzi, di impostare i primi chilometri a un ritmo più vicino a quello di
una gara di 10 km. Detto...fatto...beh, quasi.
Dopo un paio di (paesaggisticamente parlando) brutti
ma scorrevoli anelli all’interno della zona industriale, imposto un buon ritmo
nei primi 5 km (3’38, 3’44, 3’43, 3’39, 3’39) anche se risento di un paio di
frazioni con la tramontana esattamente contraria al senso di marcia.
Dal sesto all’undicesimo si riesce ad impostare un
bel passo, grazie ad un tracciato in aperta campagna ancora pianeggiante ma con
vento essenzialmente laterale e non di grande disturbo. Faccio registrare buoni
parziali, lavoro molto con le braccia e non sento eccessiva fatica (3’45, 3’40,
3’39, 3’38, 3’38, 3’38). Non riesco mai a trovare un gruppetto cui aggregarmi
e, come sempre, finisco per fare gara in solitudine.
I chilometri 12, 13 e 14 sono i più duri: la
strada alterna sterrati, passaggi su suggestivi ponticelli con strettoie e, soprattutto, impegnative salite (particolarmente fastidiosa e lunga -circa 600 metri- quella al km 13.5).
Insomma,
imposto questo settore di gara in modalità difensiva (3’45, 3’45, 3’53) e pago
ancora un po’ di stanchezza al quindicesimo (3’44), prima di lanciare una
discreta progressione al sedicesimo (3’31) e di sparare una volatona per
battere con successo a un metro dal traguardo un lungagnone podista inglese che
non si aspettava di essere infilzato (ultimi 200 metri in 38’’).
Giusto il tempo di tagliare il traguardo e mi
accorgo di avere fatto registrare il mio personale sulla distanza: 16.2 km esatti chiusi in un ottimo tempo di 59’35 (media 3’41
km).
La Maidenhead Easter 10 ormai sembra essere diventata un appuntamento fisso nelle mie primavere inglesi e questo PB fa ben sperare in vista della seconda metà dell’anno, quando dovrò provare il grande exploit alla maratona di Berlino, senza trascurare il doveroso tentativo di scendere sotto ai 36’ sui 10 km.
La Maidenhead Easter 10 ormai sembra essere diventata un appuntamento fisso nelle mie primavere inglesi e questo PB fa ben sperare in vista della seconda metà dell’anno, quando dovrò provare il grande exploit alla maratona di Berlino, senza trascurare il doveroso tentativo di scendere sotto ai 36’ sui 10 km.
Mi classifico 25mo su 867 atleti arrivati (lo
scorso anno ero arrivato cinquantesimo), un ottimo risultato per un PB che mi
soddisfa enormemente.
Torno a casa, mi faccio la doccia e scappo con
grande piacere in aeroporto, destinazione Roma, destinazione casa, destinazione
festività pasquali.
Un’altra valigia, un altro viaggio...il copione della mia vita in fondo.
Un’altra valigia, un altro viaggio...il copione della mia vita in fondo.
Viva i PB, viva i podisti stressati e viaggiatori!
sei il nostro orgoglio in terra straniera!
ReplyDeletegrande Leo!
Ahahaha, esistono i cervelli in fuga, le braccia strappate all'agricoltura in fuga e le gambe strappate al podismo in fuga...Indovina a quale categoria appartengo?
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