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Monday 17 March 2014

Tempest 10 miglia - 16 marzo 2014... oggi croce, ieri delizia


One lap route
Tempest, Tempest, Tempest, croce e delizia podistica di questi miei primi 3 anni e 2 mesi di permanenza in suolo inglese, gara cui partecipo per la quarta edizione consecutiva, appuntamento fisso ed ormai imprescindibile sul mio calendario tapascionesco britannico.

Arrivo all’evento abbastanza sereno e molto carico, due settimane esatte dopo il glorioso PB della Roma-Ostia, con la consapevolezza di poter abbassare il tempo fatto registrare lo scorso anno sullo stesso tracciato -per la cronaca molto collinare e caratterizzato da numerosi saliscendi- di 10 miglia (16.09 km). 
 
Zona partenza
 
velivoli in lontananza
 
Sparuto gruppetto di podisti curiosi
 
 
 
Lo scorso marzo, in una giornata grigia, senza vento e con 3 gradi di temperatura, avevo fatto registrare un ottimo 1h00’27’’ in totale scioltezza, tutto quindi lasciava presagire e pensare ad una grande prova anche nell’edizione 2014.

Purtroppo non sempre tutto procede come da previsioni e per me si è trattato di una giornata inaspettatamente deludente dal punto di vista della condotta di gara e delle sensazioni in generale.

Dopo un paio di chilometri di riscaldamento ed allunghi, malgrado il sole ed una temperatura primaverile di 13-14 gradi (all’ombra), decido stupidamente di indossare una maglia tecnica Odlo a maniche lunghe per neutralizzare le insidie di un vento in aumento che tira fastidiosamente in direzione ovest/est. Sarà una scelta sbagliata e soffrirò il caldo per buona parte di gara.

Al mio arrivo, come sempre noto un’ottima organizzazione, parcheggio immenso ed illimitato a bordo pista aeroporto, tanti bagni chimici, stand Mizuno, zona massaggi, il tutto all’interno di un ex aeroporto militare della RAF, oggi utilizzato come test track automobilistico e, dalla BBC, come set di riprese per un noto programma di prove di stuntman e di altri acrobati-piloti di bolidi a due e a quattro ruote.
 
Stand mobile Mizuno
Il culto inglese delle file
2 km di riscaldamento, dicevo, qualche allungo e sono pronto. Allo start, dato puntualmente alle 9.30 di questa domenica post-idi marzo, mi piazzo nelle primissime file di un serpentone di circa 1000 atleti (200 iscritti alla “mia” gara da 10 miglia, 800 atleti a quella da 20 miglia. Come sempre, quest’ultima gara consiste semplicemente nel ripetere due volte il tracciato della prima).

Ventosa zona start/finish un'ora prima della partenza

La partenza è ordinata, i primi 4 chilometri scivolano a ritmo regolare (3’42, 3’45, 3’41, 3’42) e si snodano all’interno dell’aeroporto, sul tarmac della pista stessa di decollo e atterraggio: ai lati alcuni velivoli in esposizione, spazi aperti, praterie immense di verde, molto vento, tracciato essenzialmente pianeggiante.

Imposto un passo regolare e vedo subito scappare un tizio non giovanissimo con canotteria verde con la faccia da extraterreste di una famosa pubblicità Kodak del passato (“ciribiribi kodak”) ma completamente pelato. Scoprirò, ex post, essere un “giovane” classe 1966, oggi vincitore indiscusso della mia gara. Davanti a me scappano altre 3-4 persone, ma già dopo neanche un quarto d’ora li recupero tutti tranne l’extraterrestre ed un altro: mi attesto al terzo posto ed inizio una gara di totale e desolante solitudine.

Dopo quattro chilometri si esce dall’area aeroportuale ed inizia un’altra corsa, fatta di saliscendi continui, di salite oggi per me spezzafiato, alcune molto ripide, altre solo lunghe. Fatico a tenere un buon ritmo ma fino al decimo mi difendo con poche perdite e con sostanziale onore (3’52, 3’51, 3’55, 3’57, 3’49, 3’42). So che il tracciato spiana fra il tredicesimo ed il traguardo, quindi scaccio i brutti pensieri e stringo i denti.

Sole accecante...ma sono davvero in Inghilterra?
Primi dieci chiusi in 37’56, più che accettabile considerato il percorso assai collinare, muscolare e soprattutto mai favorevole ad un noto “regolarista del passo” come me.

Meno accettabile, anzi direi traumatico, quello che succede dal decimo in poi: il respiro si fa affannoso, le gambe non rispondono, ho caldo, fatico a tenere un ritmo accettabile, vengo additittura superato da un paio di atleti della gara da 20 miglia.

Fra l’undicesimo ed il quindicesimo il tracciato si fa più pianeggiante, fatta eccezione per una salita molto ripida di 400-500 metri al km dodicesimo, eppure fatico, fatico, fatico e mi fa male il solito fianco destro (che poi sarebbe più lo sterno, appena sotto alla parte alta della cassa toracica), torna in tutta la sua crudeltà lo spettro di questo dolore, podisticamente invalidante, che lo scorso anno tante gare ha funestato, soprattutto la mezza di Oslo, e che speravo di essermi lasciato alle spalle...

Dall’undicesimo al quindicesimo, laddove avrei dovuto impostare una buona progressione e l’attacco decisivo, arranco, non ho forze, il fiato sembra mancare, rallento vistosamente (4’05, 3’51, 4’08, 4’06, 4’03), corro a tratti piegato in avanti per questo maledetto dolore.
Mi rendo conto immediatamente che in questa fase getto in fumo l’intera gara e le speranze di migliorare il tempo dello scorso anno. Quello che tuttavia mi fa infuriare è il riacutizzarsi di questo fastidioso ed infausto problema: al dodicesimo voglio fermarmi e tornare a piedi, poi penso che dovrei comunque percorrere lo stesso tracciato di gara, senza poter prendere scorciatoie per la macchina, quindi non ha senso gettare la spugna e continuo a correre.
Per quanto mi rigurda, la gioiosa giornata podistica si è interrotta al decimo chilometro, oltre il quale solo agonia e sconforto mi accompagnano all’arrivo.

Al termine del quattordicesimo chilometro sento alle spalle un incalzante incedere di passi e, dopo poco, mi supera un tizio in tenuta da triathlon: mi incoraggia e, vedendomi scurissimo in volto ed in pieno sconforto, mi incita a non mollare con nobile fair play inglese. Santo podista!

Dopo cinque chilometri di agonizzante corsa e ritmo da fondo medio (scarso), do una frustata di orgoglio a questo straccio di podista che sono oggi e, per paura (rivelatasi poi infondata) che il triatleta fosse iscritto alla mia stessa gara e potesse beffarmi una posizione al traguardo, lancio una progressione rabbiosa, approfittando del tracciato finalmente pianeggiante degli ultimi mille metri, lo supero e chiudo il sedicesimo in un inspiegabilmente veloce chilometro a 3’25!!

Tempo finale 1h01’38 per una media di 3’51/km ed una gara di 71 secondi più lenta rispetto a quella completata nel 2013 sul medesimo tracciato.

Non ha molto senso ovviamente il raffronto cronometrico da un anno all’altro, in condizioni di preparazione, climatiche ed ambientali diverse, ma a farmi rabbia è piuttosto il modo in cui dodici mesi fa ho concluso la gara, in totale scioltezza e brillantezza, rispetto alla sofferenza inspiegabile di oggi.

Ironia della sorte, nel 2013 ero giunto quarto e felicissimo senza il minimo affanno; oggi, malgrado la bruttissima prova, mi piazzo secondo assoluto!

Siccome c’è il sole, voglio tornare a casa e andare a leggere un bel libro al parco, decido di abbandonare il luogo dell’evento senza neanche attendere la premiazione e con un dolore bastardo al fianco/sterno che ancora adesso, a parecchie ore dalla gara, si fa sentire seppur con intensità del tutto lieve.

Brutte sensazioni, si volta pagina e si ricomincia, come la corsa insegna e come ormai dovrei aver bene imparato sulla mia stessa pelle. A volte si vince, a volte si perde. Oggi teoricamente ho vinto, visto che una seconda piazza fa sempre grande piacere, ma la latente e strisciante delusione somiglia tanto a quello che si prova dopo una cocente sconfitta.

Prossima “tappa” in calendario: venerdì di Pasqua, 18 aprile (Good Friday, qui giorno di festa), per un’altra corsa di dieci miglia, stavolta su tracciato più pianeggiante, prima del rientro a casa per qualche giorno in occasione delle vacanze pasquali.

Successivamente ho in calendario una veloce gara da 10 km (18 maggio), distanza che ho snobbato da parecchio, perdendo inevitabilmente allenamenti e qualità aerobiche.

Evviva le giornate lunghe, evviva l’imminente primavera, evviva la tradizione della Tempest nel bene e nel male!

2 comments:

  1. Ho provato a unirmi al tuo blog tramite google friends ma continua a dirmi che non è possibile! Qualcun'altro ti ha detto la stessa cosa? Good night Mr Bronto! :-)))

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  2. Ciao Fausto,
    devo confessare che non ho ancora capito come funziona il collegamento ad altri bloggers: con alcuni sono riuscito ad unirmi, con altri mi dice la stessa cosa che dice a te...

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